Il modello murrino continua a portarci fuori strada

I modelli animali possono imitare le condizioni umane ma un'analogia non è sufficiente per approvare o respingere una teoria scientifica.

Newsletter

Iscriviti per ricevere ogni settimana i nostri aggiornamenti via email.

Abilita JavaScript nel browser per completare questo modulo.
Consenso privacy
Potrai cancellarti in qualsiasi momento. Leggi l'informativa.

Continuiamo il nostro percorso nell’assurdo mondo della sperimentazione animale, analizzando l’idea, altrettanto infondata dal punto di vista scientifico, di utilizzare una variabile infinita di specie animali come modello per lo studio delle malattie tipiche dell’uomo. Come si procede? Si prende un animale perfettamente sano, si rende malato artificialmente, e su questo modello si studiano le malattie tipiche dell’uomo e se ne testano i farmaci. Viene da chiedersi allora se  questo metodo di fare ricerca abbia veramente portato a dei risultati realmente importanti e utili all’uomo.

La concezione meccanicista e riduzionista di assimilare l’uomo macchina all’animale macchina, non ha alcun valore scientifico. Lo studio della biologia umana e animale, ci dice l’esatto contrario. Animali e uomo sono sistemi complessi che reagiscono agli stimoli nocivi in maniera completamente diversa, mettendo in atto meccanismi molecolari tipici di ciascuna specie. Questa visione miope di voler risolvere il problema delle malattie umane trasferendole artificialmente su un modello animale, a tutt’oggi non ha portato a grandi risultati, vista l’impennata di malattie cronico-degenerative tipiche del nostro secolo e ben lontane dall’essere sconfitte. In un articolo pubblicato su “ Scientific American” del 1997, gli autori N.D. Barnard e S.R. Kaufman così si esprimevano :

«Gli animali vengono prevalentemente utilizzati in laboratorio come “modelli”: mediante manipolazione genetica, interventi chirurgici o iniezioni di sostanze estranee, i ricercatori producono in essi patologie che costituiscono un modello delle condizioni umane.Questo paradigma della ricerca è però irto di difficoltà. Le pressioni evolutive hanno prodotto sottili, ma significative, differenze tra le specie. Ogni specie ha molteplici sistemi di organi che hanno interazioni complesse. Uno stimolo applicato ad un particolare sistema di organi perturba l’insieme delle funzioni organiche secondo modalità spesso imprevedibili. Questa incertezza mina gravemente la possibilità di estrapolare i dati ottenuti con un animale ad altre specie animali, uomo compreso. […]  I “modelli” animali sono, nel migliore dei casi, una buona imitazione delle condizioni umane, ma nessuna teoria può essere approvata o respinta sulla base di una analogia … E,  utilizzando differenti tipi di animali in differenti protocolli, gli sperimentatori possono trovare prove a sostegno di qualunque teoria. Per esempio, si sono utilizzati esperimenti su animali sia per provare sia per negare il ruolo cancerogeno del fumo».

Consideriamo  una malattia come la Sclerosi multipla. Sono stati realizzati quasi 3000 studi negli ultimi decenni e sono oltre 150 i farmaci testati sugli animali. La conclusione è che il modello animale fino ad oggi utilizzato, si è dimostrato sbagliato ( “Experimental Allergic Encephalomyelitis: A MisleadingModel of Multiple Sclerosis” – Ann.Neurol. ; 58: 939-945) e che nulla ha a che fare con questa patologia! La malattia artificialmente indotta nell’animale non ha alcuna somiglianza con la malattia che spontaneamente insorge nell’uomo. Lo studio di Prineas e Barnell, dell’Università di Sidney (New Scientist 28/02/04) ha dimostrato che la Sclerosi Multipla  è dovuta alla morte delle cellule cerebrali che producono mielina, mentre gli studi su animali avevano fatto credere che fosse dovuta al cattivo funzionamento del sistema immunitario. Risultato? A tutt’oggi i malati di Sclerosi Multipla  non possono giovare di alcuna terapia! La beffa oltre al danno, sta nel fatto che quotidianamente si organizzano eventi e giornate per raccogliere ancora fondi per continuare una ricerca così inutile! Tutte le campagne a favore della ricerca, si limitano sempre e solo a raccogliere fondi, ma non rendono mai conto di come e dove vengono spesi questi fondi e soprattutto a quali risultati hanno portato. La richiesta è sempre la stessa : «Dateci ancora soldi perché senza questi la ricerca viene penalizzata. Non ci sono farmaci per la Sclerosi Multipla? La colpa?  Il fatto che non si raccolgono abbastanza soldi!» Nessuno si azzarda a dire all’opinione pubblica come stanno realmente le cose. Se fossero sinceri dovrebbero dire: «Guardate che per decenni abbiamo sperperato i vostri soldi per capire, in seguito, che usavamo un modello sbagliato .Scusate ci dispiace tantissimo,  abbiamo cestinato 150 farmaci, i malati non hanno alcuna terapia, ma se ci date altri soldi forse ci arriviamo!».

Il mondo scientifico, non asservito alle logiche di potere, ha incominciato  a mettere in dubbio e a criticare, oramai da tempo, il modello animale come metodo di ricerca. Queste parole tratte dall’articolo di Pandora Pound et al. da me più volte citato, pubblicato sul BMJ (British Medical Journal) del 2004, mi sembrano veramente significative:

È opinione diffusa, sia tra il pubblico che in ambiente medico, che la ricerca sugli animali contribuisca a curare le malattie nell’uomo, tuttavia, tale ipotesi non è suffragata da sufficienti prove … Prove non sostanziali e affermazioni infondate sono spesso adottate come giustificazione della ricerca sugli animali, come quando si dichiara che la sua necessità è “ovvia”, o che “la sperimentazione animale è un valido metodo di ricerca che si è dimostrato tale negli anni” Simili asserzioni sono inadeguate come prove in un ambito di ricerca tanto controverso.

Un commento particolare merita uno studio pubblicato su “Proceedings of National Academy of Sciences” (USA) nel 2013, dal titolo molto eloquente: “Crolla il valore scientifico del topo come modello per alcune malatti e letali nell’uomo”. Lo studio dimostra come in tre situazioni critiche, potenzialmente mortali, come la sepsi, le ustioni e i traumi, il modello murrino si sia dimostrato completamente fuorviante. Questo ha portato a”cestinare” ben 150 farmaci“efficaci”  nel topo, ma non nell’uomo. I ricercatori hanno studiato per ben 10 anni sia il topo che l’uomo per rendersi conto che i meccanismi epigenetici, messi in atto nel topo, sono completamente diversi nell’uomo. I geni che vengono “silenziati” nel topo sono invece “attivati” nell’uomo e viceversa. Va ricordato che la sepsi  nei soli USA colpisce ogni anno 750.000 persone e ne uccide da ¼ alla metà di essi, costando alla nazione ben 17 miliardi di dollari. Se si considera poi che i meccanismi infiammatori alla base di queste tre patologie, nell’uomo, sono simili a quelli che si verificano nel cancro e nei disturbi cardiaci, non ci vuole un acume particolare per rendersi conto che il modello murrino continua a portarci fuori strada nei confronti delle patologie più diffuse e più devastanti del nostro secolo. Quando la smetteremo con questo inutile e fuorviante modello murrino? Vogliamo curare i topi o gli esseri umani? Forse in certi ambienti, la cura dell’uomo e dell’ambiente non è il vero obbiettivo e vien da pensare che il modello murrino si presta benissimo ad altre logiche e ad altri fini molto meno nobili!

Non perdiamoci di vista!

Iscriviti alla newsletter per ricevere aggiornamenti direttamente via email: comodo, no?

Abilita JavaScript nel browser per completare questo modulo.
Consenso privacy
Potrai cancellarti in qualsiasi momento. Leggi l'informativa.

Dona il tuo 5x1000 ad ALI

Insieme possiamo cambiare il futuro degli animali