Noi di ALI crediamo che sia necessario e urgente vietare le pratiche che provocano inutile sofferenza a questi animali. Per questo, abbiamo commissionato la stesura del report scientifico La questione della senzienza nei crostacei decapodi all’Università degli Studi di Messina.
Lo studio, scritto dalla Prof.ssa Passantino e colleghe del Dipartimento di Medicina Veterinaria e pubblicato a maggio 2024, passa in rassegna le più recenti evidenze scientifiche disponibili sulla capacità di senzienza di questi animali e conclude che i crostacei decapodi sono esseri senzienti, capaci di sentire dolore e sofferenza e dunque meritevoli di protezione al pari di ogni altro animale senziente impiegato all’interno della filiera alimentare.
Questo studio è il primo del suo genere a essere pubblicato in Italia e rappresenta il primo posizionamento di un’università italiana su questo tema.
La tutela offerta ai crostacei decapodi all’interno degli ordinamenti analizzati nel report di ALI “Crostacei Decapodi: tra diritto e scienza” in Europa e Oceania.
Svizzera: Previsioni di principio e disposizioni di dettaglio per la minimizzazione della sofferenza dei crostacei decapodi a livello nazionale
Austria, Norvegia: Previsioni di principio per la minimizzazione della sofferenza dei crostacei decapodi a livello nazionale
Australia: Previsioni di principio per la minimizzazione della sofferenza dei crostacei decapodi a livello di stati e territori federati
Regno Unito: Riconoscimento esplicito dei crostacei decapodi come esseri senzienti. Assenza di previsioni di principio e disposizioni di dettaglio per la minimizzazione della loro sofferenza a livello nazionale
Italia: Previsioni di principio e disposizioni di dettaglio per la minimizzazione della sofferenza dei crostacei decapodi in alcuni territori comunali
*Livello Unione Europea: esclusione dal campo di applicazione della normativa a tutela degli animali impiegati nell’industria alimentare.
I paesi in cui si è intervenuti introducendo specifiche tutele a favore dei crostacei decapodi impiegati nell’industria alimentare sono: Italia, Svizzera, Regno Unito, Norvegia, Australia, Nuova Zelanda. Queste tutele sono a loro volta state implementate a fronte delle numerose pratiche alle quali i crostacei decapodi sono soggetti a livello globale, le quali caratterizzano tutte le fasi di produzione, quali cattura o allevamento, detenzione, trasporto e uccisione.
Svizzera e Nuova Zelanda si configurano come i paesi con le norme più stringenti a tutela dei crostacei decapodi; questi due paesi contengono norme precise per minimizzare la sofferenza di questi animali nelle differenti fasi di produzione. Per quanto riguarda l’Austria e la Norvegia, nonostante vi siano diversi regolamenti che menzionano i crostacei decapodi, questi si limitano a elencare regole per minimizzare la morte o il ferimento degli animali, nella maggior parte dei casi senza specifiche previsioni pratiche e precise per la loro tutela.
Nonostante il Regno Unito abbia effettivamente ed esplicitamente dichiarato la senzienza dei crostacei decapodi, gli stessi non godono di alcuna tutela a livello pratico nelle diverse fasi di produzione. In Italia la situazione a livello normativo risulta frammentaria e confusionaria. Si delinea, infatti, un impianto regolamentare totalmente inadeguato a garantire un uniforme grado di tutela per i crostacei decapodi e manca una disciplina normativa unitaria a tutela di questi animali.
L’analisi di norme riguardanti la tutela dei crostacei decapodi in diversi paesi ha permesso di evidenziare come, specialmente nel caso di Svizzera e Nuova Zelanda, norme che si applichino alla riduzione della sofferenza di questi animali nelle varie fasi di produzione siano formulabili e di possibile applicazione. Considerati tuttavia i recenti studi che dimostrano la senzienza e la capacità di sentire dolore di questi animali, è urgente e imprescindibile che la legge stabilisca linee guida vincolanti, basate su parametri scientifici aggiornati, introducendo norme minime a tutela di questi animali nelle diverse fasi di cattura, produzione e commercializzazione.
Nonostante la stessa Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) abbia riconosciuto i crostacei decapodi come esseri senzienti, ad oggi questi animali sono privi di alcuna tutela da parte del diritto europeo.
Il regolamento CE n. 1099/2009 stabilisce le norme da seguire durante le operazioni di uccisione degli animali, ponendosi come obiettivo la minimizzazione della loro sofferenza. Tuttavia, la definizione di ‘animali’ esclude del tutto gli animali acquatici diversi dai pesci, per i quali le tutele previste sono comunque inefficaci, insufficienti e inadeguate. Così non trovano applicazione norme come quelle che impongono lo stordimento preventivo all’uccisione, e mancano del tutto previsioni che spieghino nel dettaglio quali tecniche di abbattimento utilizzare per garantire che questi animali soffrano nella misura minore possibile.
Similmente, il Regolamento (CE) n. 1/2005 stabilisce le regole da seguire durante il trasporto di animali vivi; tuttavia, secondo la definizione offerta dal regolamento devono intendersi come ‘animali’ i soli vertebrati, escludendo così dal campo di applicazione e dalle tutele offerte dal regolamento i crostacei decapodi.
I crostacei decapodi soffrono quindi di una totale esclusione dal campo di applicazione della disciplina europea, restando di fatto privi di efficaci tutele anche in Italia. Questo significa che possono essere vittime di pratiche altamente lesive del loro benessere, come ferite e mutilazioni durante la cattura, detenzione in spazi ristretti e fuori dall’acqua e a temperature anche parecchio al di sotto o al di sopra di quelle tollerabili e, infine, uccisione in modi che causano enorme sofferenza, come essere smembrati o bolliti vivi.
In Italia, la detenzione di crostacei in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze è astrattamente configurabile come reato. Nonostante la legge non protegga questi animali, infatti, i giudici hanno da tempo riconosciuto la necessità di tutelarli da comportamenti che siano in aperto contrasto con la loro natura.
Il 17 gennaio 2017 la Corte di Cassazione (Cass. Pen., Sez. III, n. 27173/2016) ha rigettato il ricorso presentato contro una sentenza del Tribunale di Firenze che aveva condannato un direttore di ristorante all’ammenda di 5.000,00 €, oltre a 3.000,00 € di risarcimento in favore della parte civile, per aver detenuto alcuni crostacei vivi in cella frigorifera e con le chele legate, pertanto in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze. Questo caso costituisce un importante precedente per la tutela dei crostacei decapodi in Italia, in quanto ha stabilito che determinate condizioni di detenzione di questi animali non si allineano con la tutela del loro benessere, potendo configurare un’ipotesi di reato.
Il caso del 2017 non resta isolato. Il 13 maggio del 2019, su segnalazione di alcuni avventori, il Nucleo Guardie Eco-Zoofile Oipa si è recata in un ristorante nella periferia est di Milano, trovandovi un astice ancora in vita, con le chele legate, in una vaschetta di plastica posta su ghiaccio, all’interno di un frigorifero. Il PM Sara Arduini chiese la condanna a un’ammenda di 2.000,00 €, contro la quale il ristoratore fece opposizione, chiedendo l’applicazione della messa alla prova. Il giudice dispose quindi tre mesi di lavori socialmente utili presso una delle case di accoglienza dei City Angels, un gruppo di volontari di strada che aiutano i senzatetto e bisognosi.
Questi due casi giudiziari mostrano come, nonostante la Cassazione abbia già stabilito che la detenzione su ghiaccio costituisca reato, ad oggi manchi una legge a livello nazionale in Italia che effettivamente tuteli questi animali e li protegga da trattamenti incompatibili con la loro natura.
L’uso dei crostacei decapodi per il consumo umano è in continua crescita e la pesca di questi animali a livello globale sta crescendo più velocemente di quella di qualsiasi altro gruppo di animali.
Tuttavia, ad eccezione di alcuni paesi, i crostacei decapodi rimangono totalmente negletti dal punto di vista di tutela nei vari processi che portano alla loro produzione, nonostante la scienza abbia ad oggi dimostrato la loro senzienza, capacità cioè di provare sensazioni tra cui dolore e sofferenza.
Nessuno dei regolamenti e delle direttive europee per la tutela degli animali si applica ai crostacei decapodi, di cui fanno parte molti dei crostacei più conosciuti e usati in cucina, tra cui astici, aragoste e la maggior parte di gamberi e granchi.
Questo significa che le tutele offerte agli altri animali durante le fasi di trasporto, detenzione e uccisione non sono garantite ai crostacei decapodi.
In Italia non soltanto manca una disciplina nazionale unitaria, ma diversi Comuni hanno introdotto Regolamenti che hanno previsto norme di tutela applicabili alla fase di vendita e/o consumo nei ristoranti.
Purtroppo, si tratta di una tutela disomogenea, riferita a parametri scientifici differenziati, che resta inadeguata e di difficile applicazione.
Questo metodo ha un alto tasso di mortalità e ferite.
Gli arti dei crostacei decapodi catturati in questo modo possono rimanere impigliati e staccarsi dal corpo dell’animale.
Il maneggiamento improprio dei crostacei decapodi da parte di personale inesperto o non adeguatamente formato può provocare danni considerevoli ai corpi di questi animali, nonché la morte nei casi peggiori.
Questo procedimento comporta la rimozione di una o entrambe le chele prima di riportare in acqua l’animale, causando dolore e compromettendone lo stato di salute.
I contenitori generalmente utilizzati per il trasporto o lo stoccaggio dei decapodi possono non essere resistenti a urti e pressione e gli animali possono essere posizionati uno sopra l’altro a densità elevate, pratica in contrasto con le loro naturali esigenze di isolamento.
In natura, la quasi totalità delle specie di crostacei decapodi (ad accezione di alcune specie di gamberetti presenti in zone polari) vive in acque la cui temperatura non scende mai al di sotto dei 2°C. A questa temperatura e al di sotto di essa, infatti, quasi tutte le specie di crostacei decapodi diventano immobili.
Nel loro ambiente naturale, astici, aragoste e alcune specie di granchi trascorrono la maggior parte del tempo al buio, generalmente sotto rocce e al riparo dalla luce. Le vasche utilizzate per la detenzione di questi animali in negozi e ristoranti sono tuttavia generalmente spoglie e prive di ripari per gli animali, i quali sono a loro volta esposti anche a una forte illuminazione.
Molte specie di crostacei decapodi importanti dal punto di vista commerciale come aragoste, astici e granciporri, sono animali solitari altamente territoriali, ma vengono spesso collocati con altri individui a densità elevate.
Sono diverse le pratiche di uccisione inappropriate usate comunemente su questi animali, come ad esempio il dismembramento, l'immersione in acqua bollente e il congelamento da vivi.
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Liberare astici, aragoste o altri crostacei acquistati in supermercati o pescherie in mare aperto può sembrare un gesto di compassione, ma non è assolutamente una buona idea.
Innanzitutto, ogni acquisto di crostacei, anche con l’intento di liberarli, alimenta il mercato della cattura di questi animali. I pescatori vedranno aumentare la domanda, portando a una maggiore cattura e, quindi, a più animali sottratti al loro ambiente naturale per essere venduti. Questo perpetua un ciclo di sfruttamento che non risolve il problema, ma lo aggrava.
Vi sono poi motivazioni di ordineo ecologico:
Una volta ricevuta la tua segnalazione ti scriveremo per farti sapere quali possono essere i passi successivi da compiere.
A seconda della complessità della vicenda e di altri fattori, potremmo decidere di farci carico direttamente della segnalazione, oppure inviarti l’occorrente per procedere in autonomia. Abbiamo infatti preparato un modello di denuncia e un parere scientifico che se vorrai potrai utilizzare per denunciare i maltrattamenti a cui hai assistito.
La legge punisce chiunque «per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche» (Codice penale, art. 544 ter), così come la detenzione di animali in «condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze» (Codice Penale, art. 727, comma 2).
Chiediamo di prestare particolare attenzione ai casi di detenzione di crostacei vivi su un letto di ghiaccio. Vi sono poi anche altre modalità di detenzione che meritano attenzione:
I luoghi in cui è più comune imbattersi in situazioni di maltrattamento sono i banchi del pesce del mercato ittico, quelli del supermercato e i ristoranti specializzati nel cucinare prodotti della pesca. In questi casi è comune trovarsi di fronte a crostacei detenuti vivi su banchi di ghiaccio, in cassette di polistirolo, all’interno di vetrine collocate fuori dai ristoranti o in vasche e acquari.
Le riprese in luogo pubblico o aperto al pubblico possono essere effettuate anche in presenza di altre persone, al fine di essere allegate alla denuncia presentata presso un qualsiasi organo di Polizia Giudiziaria. Nel caso di diffusione sui social o con qualsiasi altro mezzo, occorre oscurare i volti delle persone e camuffare la loro voce.
Un filmato ottenuto con lo smartphone è anche pienamente utilizzabile nel processo come documento e sulla base dello stesso — meglio ancora se unito alle testimonianze dei presenti — il giudice potrà fondare un giudizio di responsabilità penale. La disciplina della privacy non costituisce alcuno sbarramento all’esercizio dell’azione penale.
Aggiungiamo che effettuare riprese del contesto e non soltanto degli animali è anche utile per dare maggiore certezza al luogo in cui è avvenuto il fatto, evitando che questo possa essere oggetto di contestazione in seguito.
Tutti i reati, quindi anche quelli perpetrati a danno degli animali, sono di competenza della polizia giudiziaria e cioè di tutti gli organi di polizia: Polizia Municipale, Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia di Stato, Guardia costiera ecc., sono infatti sempre chiamati ad operare in presenza di condotte illecite.
La Cassazione ha ribadito che tutti gli organi di Polizia Giudiziaria sono competenti e devono intervenire per tutti i reati in materia ambientale e di tutela degli animali.
L’art. 55, comma I, del c.p.p. sancisce infatti che: «la polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale».
La denuncia può essere presentata da chiunque assista a situazioni di maltrattamento di crostacei decapodi come ad esempio la detenzione su ghiaccio o comunque al di fuori dell’acqua, la legatura delle chele, l’esposizione a luce diretta o la presenza ravvicinata di animali vivi di diverse specie nello stesso spazio.
La denuncia può anche provenire da un minorenne, purché abbia compiuto almeno 14 anni.
Non è necessario avere la cittadinanza italiana per sporgere denuncia.
La denuncia può essere presentata oralmente o per iscritto, personalmente o a mezzo di procuratore speciale. Il pubblico ufficiale che la riceve accerta l’identità del denunciante.
Eventuali scritti anonimi ricevuti dalla Polizia Giudiziaria in altro modo (ad es. via posta) possono essere utilizzati per dare un primo avvio alle indagini preliminari. Tuttavia, l’invio di segnalazioni anonime non consentirebbe di monitorare l’avanzamento del procedimento ed è quindi sempre preferibile presentare una denuncia formale.
Non ci sono limiti di tempo per presentare una denuncia. Ovviamente, trattandosi di un reato grave e che lede la salute animale, prima viene riportata, prima si può intervenire.
Oltretutto, una denuncia riguardante un episodio lontano nel tempo potrebbe non corrispondere alla situazione attuale, rendendo più difficile la raccolta di elementi utili per le indagini. Per questo motivo, se abbiamo rilevato mesi fa a un ristorante che aveva delle aragoste su ghiaccio con le chele legate, è bene sporgere denuncia immediatamente, perché non possiamo avere la certezza che la stessa situazione si ripresenti immutata dopo settimane o mesi dalla nostra prima visita.
Va anche aggiunto che la prescrizione inizia a decorrere dal momento del fatto, il che è un ulteriore stimolo ad agire tempestivamente.
L’invio della segnalazione ad ALI è totalmente gratuito, così come l’esame della stessa da parte del nostro team composto da giuristi, biologi marini e veterinari. Nel caso in cui ALI decidesse di farsi carico diretto della segnalazione, il segnalante non sarà tenuto a sostenere nessun tipo di costo.
Nel caso in cui non potessimo farci carico direttamente della denuncia, potrete provvedere autonomamente a presentarla utilizzando il materiale che vi metteremo a disposizione, senza sostenere alcun costo.
È possibile, se le esigenze processuali lo richiedono, che in seguito a una denuncia si possa essere chiamati a testimoniare in qualità di persona che ha assistito al fatto o che, comunque, ha informazioni su di un fatto rilevante in un processo penale.
Se chiamati a testimoniare o a rendere dichiarazioni nel corso di un’indagine a seguito di una denuncia di maltrattamenti, si ha l’obbligo di presentarsi davanti all’autorità pubblica richiedente e di testimoniare il vero. Infatti, la mancata presentazione a testimoniare senza un legittimo impedimento può comportare l’accompagnamento coattivo a mezzo della Polizia Giudiziaria e l’applicazione di una sanzione pecuniaria.
Il testimone non residente nel Comune del Tribunale in cui è chiamato a testimoniare ha diritto al rimborso delle spese di viaggio, se autorizzato dal Giudice a seguito di apposita richiesta.
Chi intenda segnalare alle autorità ipotesi di maltrattamenti sugli animali o di detenzione degli stessi in condizioni incompatibili con la loro natura non è obbligato ad avvalersi dell’assistenza di un legale nella presentazione di una denuncia o di un esposto. Infatti, la denuncia non è altro che una dichiarazione resa in forma verbale o scritta davanti a un ufficiale di Polizia Giudiziaria.
Il progetto portato avanti da Animal Law Italia vuole fornire supporto giuridico e materiale a quanti ne avessero necessità, sia per facilitare l’attività di segnalazione e sia per assicurare che le informazioni e la documentazione fornite a supporto della denuncia siano complete e verificabili da parte delle autorità.
Una denuncia non veritiera può comportare un danno alla dignità, all’onore e al prestigio personale della persona segnalata alle autorità, nonché talvolta anche un danno economico. Questo significa che una denuncia poco circostanziata e priva di documenti (foto, video, audio) a supporto di quanto dichiarato può esporre colui che denuncia al rischio di conseguenze spiacevoli in sede civile (richiesta di risarcimento del danno) e penale (querela per calunnia).
Va precisato che l’eventuale archiviazione della denuncia presentata non costituisce, di per sé, fonte di responsabilità e risarcimento del danno, dovendo necessariamente ricorrere, al fine della qualificazione della denuncia in termini di calunnia, il dolo e non la semplice colpa del denunciante, determinata da leggerezza o avventatezza. Allo stesso modo, in caso di calunnia, la persona segnalata alle autorità e rinviata a giudizio, potrà richiedere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti (che sia in grado di dimostrare) e/o il rimborso delle spese legali sostenute.
Laddove il procedimento penale si concluda con l’assoluzione dell’imputato per non aver commesso il fatto (piena assoluzione), colui che abbia sporto denuncia con grave imprudenza, senza considerare l’eventualità della completa innocenza dell’incolpato (denuncia temeraria), potrà essere chiamato a sostenere le spese del procedimento, nonché, se espressamente richiesto, a risarcire il danno economico subito dal denunciato.
Per questi motivi, il nostro team legale vaglia scrupolosamente ogni segnalazione ricevuta. Nel caso in cui sorgano dubbi sull’accuratezza della ricostruzione dei fatti, sconsigliamo di procedere a denuncia e chiediamo di provvedere ad acquisire ulteriori elementi utili attraverso un nuovo sopralluogo.
Al fine di scongiurare ogni tipo di responsabilità a carico di chi segnala è quindi fondamentale procedere alle segnalazioni di cui si abbia conoscenza diretta, documentando l’accaduto con video, fotografie e particolari rilevanti. Meglio ancora se non siamo soli e possiamo quindi indicare amici o parenti come testimoni.
ALI prenderà in considerazione tutte le segnalazioni ricevute, effettuando una valutazione strategica preliminare che garantisca di avviare azioni legali di successo, impiegando le risorse a disposizione dell’associazione. Non saremo in grado di farci carico diretto di tutti i procedimenti, ma forniremo ad ognuno un supporto iniziale diretto attraverso l’invio di linee guida e indicazioni operative su come garantire che i crostacei oggetto della segnalazione ricevano protezione.
Il nostro obiettivo è quello di migliorare concretamente e nel più breve tempo possibile le condizioni in cui sono detenuti i crostacei decapodi all’interno della filiera alimentare; per questo sarà necessario valutare di volta in volta i margini di intervento a nostra disposizione.
Dalla compilazione del modulo di segnalazione non deriverà nessun obbligo di presentare una formale denuncia. Ci sono, ad ogni modo, diverse attività che potresti svolgere per aiutare gli animali in difficoltà qualora tu non volessi sporgere denuncia.
Innanzitutto, anche se all’interno dell’ordinamento italiano manca una disciplina normativa nazionale, numerosi comuni hanno adottato regolamenti per il benessere degli animali, al cui interno si trovano norme a tutela anche dei crostacei decapodi. Puoi, quindi, verificare se siano presenti all’interno del regolamento comunale di appartenenza eventuali divieti per le pratiche messe in essere nei confronti dei crostacei e farlo presente al responsabile dell’attività.
Se nonostante i tuoi tentativi il responsabile dell’attività mostrerà una certa reticenza e/o indisposizione, puoi telefonare alle forze dell’ordine per chiedere il loro intervento lasciando che siano loro ad accertare il fatto, in modo da non essere tu a dover denunciare.
A breve, inoltre, metteremo a disposizione un documento riepilogativo delle migliori pratiche da adottare all’interno dell’industria alimentare da poter consegnare ai ristoratori al fine di sensibilizzarli.
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Causale: “Dalla parte dei crostacei”
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Stiamo collaborando con Annamaria Passantino, Docente di Medicina Legale Veterinaria, Protezione Animale e Deontologia presso il Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università degli Studi di Messina, autrice di oltre 350 pubblicazioni relative anche al benessere e alla protezione degli animali, nonché coautore di articoli sui crostacei decapodi.
Associazione fondata a Genova nel 1993 e attualmente presente in diverse regioni Italiane. Da 30 anni l’Istituto promuove – in collaborazione con il Comitato Nazionale per la Bioetica della Presidenza del Consiglio – la riflessione sulla bioetica animale, occupandosi degli aspetti morali, sociali e giuridici delle relazioni dell’uomo con le altre specie. L’Istituto appoggia in pieno e sostiene la nostra iniziativa volta a sensibilizzare le Istituzioni e i cittadini sul tema della tutela dei crostacei decapodi in Italia.
L’Aquatic Life Institute (ALI) è un’organizzazione che ricerca e fornisce consulenza sul benessere degli animali acquatici, cercando di sostenere e accelerare le attività che hanno un impatto positivo e concentrandosi su interventi di benessere a più alto impatto su scala globale. ALI è anche responsabile della creazione dell’Aquatic Animal Alliance, una coalizione di organizzazioni che credono che gli animali acquatici debbano condurre vite libere dalla sofferenza. L’Aquatic Life Institute appoggia appieno il nostro progetto e ci supporterà nella sua divulgazione.
Stiamo attivamente collaborando con l’organizzazione britannica Crustacean Compassion, la cui missione è l’implementazione di norme giuridiche a tutela dei crostacei decapodi nel Regno Unito. Crustacean Compassion è stata l’organizzazione che ha messo in moto il processo che ha portato nel 2022 al riconoscimento esplicito dei crostacei decapodi e molluschi cefalopodi come esseri senzienti nel Regno Unito.
A seguito di una analisi di mercato della situazione in Italia sul trattamento dei crostacei decapodi nell’industria ittica, realizzata in collaborazione con l’organizzazione di analisi del mercato ittico Eurofishmarket, numerose domande sotto forma di sondaggi verranno avanzate a esponenti dell’industria ittica in Italia. Queste informazioni, una volta analizzate andranno a costituire un report dettagliato sul trattamento di questi animali nell’industria ittica in Italia.
Società di consulenza con sede a Bruxelles che si occupa di sostenere le organizzazioni non-profit nella definizione di strategie vincenti per ottenere il cambiamento, attraverso attività di coinvolgimento dei rappresentanti di interessi e networking.
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Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Al Presidente del Senato
Al Presidente della Camera dei deputati
La scienza e la normativa di diversi ordinamenti nazionali riconoscono da anni la senzienza dei crostacei decapodi e la loro capacità di sentire dolore e sofferenza, ma in Italia questi animali non ricevono protezione dalla legge.
L’articolo 9 della nostra Costituzione delega al legislatore di individuare i modi e le forme di tutela degli animali. È urgente attuare questa disposizione, adottando una legge a tutela dei crostacei decapodi, seguendo le più recenti e attendibili evidenze scientifiche. Considerato ciò, avanziamo le seguenti richieste.
Chiediamo che nella fase di cattura venga vietata la pratica del declawing, ossia la rimozione di una chela da un animale vivo.
Chiediamo che venga vietato mantenere i crostacei decapodi vivi a diretto contatto con ghiaccio o in acqua con ghiaccio.
Chiediamo che venga vietata la vendita di questi animali vivi direttamente ai consumatori, dato che in questi casi non può essere accertato che gli animali vengano conservati, maneggiati e uccisi secondo pratiche idonee a considerare le loro esigenze etologiche e minimizzarne le sofferenze.
Chiediamo che la pratica del nicking, ossia il taglio del tendine delle chele, sia vietata.
Chiediamo che venga reso obbligatorio ricorrere a tecniche di stordimento elettrico, parametrate sulle esigenze della specie coinvolta, che causino insensibilità istantanea (entro 1 secondo) al dolore prima di qualsiasi metodo di macellazione e che le pratiche debbano essere adottate da personale adeguatamente formato.
Chiediamo che nella fase dell’uccisione di astici e aragoste, il taglio longitudinale a metà lungo tutto il corpo (whole-body splitting) sia l’unico metodo di macellazione meccanica consentito, che tale metodo debba essere eseguito da personale adeguatamente formato e che non debba impiegare più di 10 secondi.
Chiediamo che per i granchi la distruzione dei due centri nervosi in rapida successione tramite oggetto appuntito (double spiking) sia l’unico metodo di macellazione meccanica consentito, che tale metodo debba essere eseguito da personale adeguatamente formato e che non debba impiegare più di 10 secondi.
Chiediamo che l’elettrocuzione con apparecchiature adeguate e parametri basati sulle caratteristiche della singola specie coinvolta, che portino alla morte dell’animale in meno di 10 secondi sia l’unico metodo non meccanico di macellazione consentito e obbligatoriamente praticato da personale adeguatamente formato.
Chiediamo che i seguenti metodi di stordimento e macellazione siano vietati: raffreddamento in acqua o aria, bollitura in acqua (compreso il lento innalzamento della temperatura dell’acqua), qualunque forma di dismembramento, immersione in acqua dolce (per specie di acque saline o salmastre), immersione in soluzione altamente salina, uso di anestetici, esposizione ad alta pressione, soffocamento con anidride carbonica.