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Animali da compagnia e separazione dei coniugi: facciamo il punto

Spesso alla fine di una convivenza o di un matrimonio ci si trova a discutere anche sull’affido degli animali domestici. Che cosa dice la legge in merito?

Avv. Cristiana Cesarato

Avvocata civilista in Torino e addestratrice cinofila di 1° livello ENCI. Blogger per passione e per difendere un grande sogno: il riconoscimento del diritto degli animali come un diritto costituzionalmente garantito.

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Chissà quanti di voi si saranno domandati: che fine farà il nostro amico a 4 zampe se mai dovessimo separarci o lasciarci con il nostro fidanzato o marito?

Si sa che quando un rapporto d’amore finisce di amorevole rimane poco e le occasioni per litigare si moltiplicano.

All’inizio della mia professione non avrei mai pensato che due coniugi potessero litigare per i piatti o per le tazzine, ma tantomeno avrei mai pensato che potessero litigare per il loro amico a 4 zampe! Ma si sa, tutto può succedere.


Si può chiedere l’affido del cane o del gatto? E se sì, come e dove?

Un giorno una signora entra nel mio studio e mi racconta la sua ormai finita storia matrimoniale. Dopo aver parlato delle solite problematiche, figli, casa, macchina, conto corrente, orari di visita, assegno di mantenimento, butto giù una bozza di accordo che scambio varie volte con la collega avversaria. Dopo varie stesure, quando finalmente penso di essere giunta alla definizione dell’accordo, viene improvvisamente fuori la questione CANE! Insomma, per farla breve, anche il cane è diventato merce di scambio e abbiamo dovuto discutere sulla sua gestione, su chi doveva tenerlo e quanto l’altro coniuge poteva vederlo, sulle spese ordinarie e straordinarie.

Trovare un accordo per il cane è stato più difficile che trovare una soluzione al diritto di visita dei figli e al loro mantenimento, ma, con molta fatica si è giunti ad un accordo poi omologato dal Tribunale. Si potrebbero scrivere fiumi di parole sulla pretestuosità di alcune richieste, su quali sono realmente le esigenze dell’animale e quali invece sono le esigenze dell’uomo, su quanto realmente conta il benessere dell’animale e quanto pesa l’egoismo umano.

Dalla mai esperienza posso con certezza dire che la collega ed io avremmo potuto gestire più facilmente le richieste dei coniugi ove ci fosse stata una norma tutelante l’affidamento del cane e i suoi diritti in caso di separazione dei coniugi.

Incuriosita dal vuoto normativo ho approfondito e fatto ricerche sull’argomento e questi sono i risultati


Sull’affidamento degli animali da compagnia i tribunali muovono i primi passi

Nel nostro ordinamento non esiste una norma specifica che disciplini l’affidamento di un animale domestico in caso di separazione e o divorzio dei coniugi o separazione dei conviventi. I giudici molte volte, nel corso di una causa tra coniugi, si sono trovati a dovere decidere a chi va l’animale domestico dopo la separazione.

Il Tribunale di Sciacca, Sez. Unica, Decr., 19.02.2019, in un caso di separazione giudiziale tra coniugi ha disposto l’affidamento dei due animali della coppia, nella specie un gatto e un cane. La sentenza ha suscitato clamore non solo per la decisione del magistrato di disporre, non diversamente da quello che si verifica avviene per i figli, un affidamento dei suddetti animali domestici (esclusivo per quanto riguarda il gatto, e condiviso invece per quanto riguarda il cane), e l’imposizione di ripartire le spese veterinarie e straordinarie per essi.

Il vero aspetto innovativo della sentenza è nel riconoscimento esplicito che il sentimento per gli animali costituisce un valore  meritevole di tutela. Per il Giudice di Sciacca, nel decidere sull’affidamento dell’animale domestico e sul suo mantenimento si dovrà tenere conto:

  1. Che il sentimento per gli animali costituisce un valore meritevole di tutela;
  2. Del benessere dell’animale stesso;
  3. Del miglior sviluppo possibile dell’identità dell’animale;
  4. Che l’affidamento può prescindere dall’intestazione risultante dal microchip;
  5. Delle spese veterinarie e straordinarie, da dividersi al 50%.

Il legislatore italiano è in notevole ritardo rispetto alle problematiche sociali e all’evoluzione dei costumi atteso che sempre più persone, che in regime di coniugio hanno posseduto un animale domestico, al momento di separarsi si rivolgono al giudice che si trova a dover sviluppare un principio giuridico per il suo affidamento.

Tra i vari accordi omologati in sede di separazione consensuale si rinvengono alcuni provvedimenti in cui si dà estrema importanza al ruolo svolto oggi dagli animali di affezione, mentre in altri si procede all’omologazione dell’accordo in ragione della sua non contrarietà con norme di carattere cogente o con principi di ordine pubblico.

In quest’ultima direzione si muove il Tribunale di Como — provvedimento del 03/02/2016 — quando distingue le clausole dirette a regolare la suddivisione delle spese di mantenimento e di cura del cane, che avendo «un indubbio contenuto economico al pari di qualunque altra spesa relativa a beni e servizi di interesse familiare». Nel decreto si critica la scelta di modellare le clausole relative agli altri aspetti del rapporto con l’animale sulla falsariga di quelle che regolano l’affidamento, la collocazione e il protocollo di visita dei figli minori e si invitano i coniugi per il futuro (in caso di divorzio, ad esempio) a prevedere in altri atti le sorti del loro animale domestico.

In direzione opposta si muove nello stesso anno il Tribunale di Roma quando nel decidere l’affidamento dell’animale domestico nel caso di separazione di due conviventi sposa l’ottica dell’interesse materiale-spirituale-affettivo del cane, l’unico a dovere essere privilegiato nel contemperamento con l’interesse affettivo degli ex conviventi.

La casistica è, invece, davvero esigua con riguardo alle ipotesi di separazione giudiziale, giacché — a quanto consta — fatta eccezione per una decisione del Tribunale di Milano e da ultimo per quella del Tribunale di Sciacca, nei repertori non si rinvengono provvedimenti contenenti disposizioni in ordine alla regolazione dei rapporti dei coniugi con i loro animali da compagnia.

Diversamente da quanto avviene nei procedimenti di separazione consensuale, secondo il Tribunale di Milano — provvedimento del 17/07/2013 — in sede giudiziale il giudice non può regolare l’affidamento dell’animale domestico posto che ciò non è consentito dagli artt. 155 e 156 cod. civ. che non contemplano, fra i provvedimenti accessori, statuizioni relative agli animali di proprietà del nucleo familiare e al loro mantenimento, non venendo, quindi, in aiuto in tal senso i provvedimenti emessi dallo stesso tribunale in sede di recepimento degli accordi di separazione. 

Al contrario, il Tribunale di Sciacca sul presupposto che ‘«il sentimento per gli animali costituisce un valore meritevole di tutela, anche in relazione al benessere dell’animale stesso’», ritiene che, in mancanza di accordi condivisi, il giudice possa procedere alla sua assegnazione, indipendentemente dall’eventuale intestazione del microchip e, dunque, dall’appartenenza formale dell’animale all’uno o all’altro coniuge. 


Considerazioni conclusive

Alla luce della breve disamina effettuata emerge la crescente attenzione che anche in ambito giuridico viene dedicata alla questione animale. I giudici hanno dimostrato di avere, a volte, un diverso approccio nell’affrontare la decisione riguardante l’affidamento di animali nelle separazioni di coppia.

Dalla giurisprudenza emerge però un orientamento evidente a tenere in considerazione il valore della relazione che si instaura con l’animale familiare e l’interesse di quest’ultimo a non soffrire.

È comunque necessario che le regole siano rese più stringenti, con una disposizione normativa specifica in merito all’affido degli animali familiari in caso di separazione di coppia. È ormai indispensabile che si investa in politiche di sensibilizzazione culturale volte all’educazione e al loro rispetto, alla presa di coscienza dell’esistenza di interessi propri degli animali e di doveri e responsabilità nei loro confronti da parte degli uomini, e che si attivino momenti diffusi di controllo del modo in cui questi ultimi si rapportano con gli animali, qualunque sia l’ambito di riferimento in cui essi sono inseriti, senza distinzioni fondate sull’essere l’animale comune o raro, d’affezione, da reddito o ancora da sperimentazione, per limitarsi a qualche esempio. 

Altrettanto indispensabile è che la nuova sensibilità nei confronti degli animali si traduca nella ricerca di soluzioni che siano effettivamente idonee a garantire un livello di cura, attenzione e responsabilità, individuale e collettiva, massimamente elevato in attuazione della piena affermazione degli animali quali esseri senzienti, dotati di intelligenza, capacità percettive e bisogni affettivi, vitali ed essenziali nel nostro ecosistema e nella relazione con gli esseri umani. 

Non perdiamoci di vista!

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