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Il lupo, una specie protetta che merita grande attenzione

Le norme nazionali e comunitarie che accordano particolare tutela e protezione a questo mammifero e l'individuazione del relativo quadro etologico.
Avv. Elisa Scarpino

Avv. Elisa Scarpino

Responsabile rivista online "Diritto degli animali. Profili etici, scientifici e giuridici".

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Il Lupo, “canis lupus”, appartiene ad una specie di particolare interesse comunitario e nazionale e, per tale ragione, è tutelato da diverse convenzioni, direttive e leggi come:


  • la Convenzione di Berna che inserisce il lupo nelle specie di fauna rigorosamente protetta (nell’ allegato II tra i mammiferi viene, infatti, annoverato il canis lupus) e ne prevede, conseguentemente, una speciale protezione proibendone la cattura, l’uccisione, la detenzione, il commercio e la molestia intenzionale (art. 6);
  • la Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione, più comunemente conosciuta come Cites, che prevede per il lupo grigio appenninico, italiano, unico ed avente un patrimonio genetico diverso da tutti gli altri esemplari presenti in Europa, l’inserimento nell’appendice II, tra le specie potenzialmente minacciate, contemplandone il divieto di acquisto, l’offerta di acquisto, l’acquisizione in qualunque forma a fini commerciali, l’esposizione in pubblico per fini commerciali, l’uso a scopo di lucro e l’alienazione, nonché la detenzione, l’offerta o il trasporto a fini di alienazione di esemplari della specie;
  • la Direttiva Habitat (92/43/CEE) che proibisce la cattura, l’uccisione, il disturbo, la detenzione, il trasporto, lo scambio e la commercializzazione dei lupi. La Direttiva, in particolare, non solo colloca il lupo all’interno delle specie di cui allegato II (specie prioritarie di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione), ma altresì nell’ambito di quelle dell’allegato IV (specie animali di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa). Proprio in relazione alle specie di cui all’allegato IV gli Stati membri, ai sensi dell’art. 12, “adottano i provvedimenti necessari atti ad istituire un regime di rigorosa tutela delle specie animali di cui all’allegato IV, lettera a), nella loro area di ripartizione naturale, con il divieto di: a) qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari di tali specie nell’ambiente naturale; b) perturbare deliberatamente tali specie, segnatamente durante il periodo di riproduzione, di allevamento, di ibernazione e di migrazione; c) distruggere o raccogliere deliberatamente le uova nell’ambiente naturale; d) deterioramento o distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo”. Gli Stati membri hanno, quindi, l’obbligo di adottare i provvedimenti necessari atti ad istituire un regime di “rigorosa tutela” nella loro area di ripartizione naturale che deve comprendere, tra l’altro, anche il divieto di “qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari nell’ambiente naturale”.  A tal fine “Gli Stati membri instaurano un sistema di sorveglianza continua delle catture o uccisioni accidentali delle specie faunistiche elencate nell’allegato IV, lettera a). In base alle informazioni raccolte, gli Stati membri intraprendono le ulteriori ricerche o misure di conservazione necessarie per assicurare che le catture o uccisioni accidentali non abbiano un impatto negativo significativo sulle specie in questione”. Può derogarsi a condizione che non esista un’altra soluzione valida e che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale e con le sole finalità di cui all’art. 16 della Direttiva;
  • Il D.P.R. n. 357 dell’8 settembre 1997 ha recepito la Direttiva Habitat stabilendo, altresì, all’art. 11, comma I, che il suddetto potere di “deroga” sia di competenza dello Stato, nel senso che esso spetta al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti, per quanto di competenza, il Ministero delle politiche agricole e forestali e l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). In questo contesto l’abbattimento “in deroga” alle norme di tutela, oltre a dover essere deciso a livello di amministrazione statale, va inteso come un’ipotesi del tutto eccezionale (una extrema ratio);
  • la Legge 11 febbraio 1992, n. 157 che pone il lupo tra le specie particolarmente protette, quindi non cacciabile. Secondo l’art. 2, “fanno parte della fauna selvatica oggetto della tutela della presente legge le specie di mammiferi e di uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale libertà nel territorio nazionale.  Sono particolarmente protette, anche sotto il profilo sanzionatorio…”. Le sanzioni sono individuate dagli art. 30 e ss. della medesima Legge.

Rimborsi totali

In quanto specie avente un particolare e rigoroso interesse di protezione, il quadro normativo italiano prevede un sistema di indennizzi a favore dei soggetti eventualmente danneggiati (art. 26 L. 11 febbraio 1997, n. 157).

La Commissione europea ha, inoltre, previsto un rimborso totale, fino al 100%, dei danni subiti per consentire pienamente a agricoltori ed allevatori di ricevere un risarcimento completo per i danni causati da animali protetti come i lupi. Sono rimborsati, anche, gli investimenti che gli agricoltori e gli allevatori predispongono per prevenire tali danni, ad esempio costruendo recinzioni elettriche o acquisendo cani da guardia, oltre ai costi indiretti quali quelli relativi alle spese mediche veterinarie per curare i capi feriti. Naturalmente, ciò non dovrebbe esonerare gli allevatori dal tutelare i propri animali, evitando, ad esempio, che i propri animali restino all’aperto la notte e prevedendone sempre il ricovero notturno.

Alla luce dello speciale sistema di protezione che l’ordinamento nazionale e comunitario accorda a tale specie, oltre al totale risarcimento di eventuali danni diretti e al rimborso previsto per l’adozione degli strumenti di tutela, non è in alcun modo giustificabile mancare di strumenti di protezione o ancorarsi ad una logica meramente assistenzialistica.

Purtroppo, tuttavia, assistiamo, quasi impotenti, alla diffusione di un allarme sociale totalmente ingiustificato con il solo obiettivo di diffondere una cultura di odio e disprezzo nei confronti degli animali selvatici ed in particolare di specie, come il lupo, che in quanto protette, come abbiamo visto, meriterebbero, invece, grande attenzione, soprattutto considerato il risarcimento integrale concesso agli allevatori per eventuali incidenti e, ancora, per il fatto che non si registrino, da almeno duecento anni, aggressioni da parte del lupo all’uomo.

Il lupo non rappresenta alcun pericolo per l’uomo. Quest’ultimo, semmai, come abbiamo osservato da video diffusi in rete nei quali degli esemplari sono stati inseguiti di notte lungo la strada, ad alta velocità, per essere poi filmati con il cellulare, rappresenta un pericolo per questi animali.


Il parere etologico

Secondo l’etologa Roberta Michelle Perla, questi episodi dimostrano il fatto che non è cambiato molto rispetto alla seconda metà del Settecento, quando il lupo è stato soggetto ad un drastico declino in Italia a causa della persecuzione da parte dell’uomo che ne ha provocato la scomparsa dalle Alpi, dalla maggior parte della penisola e dalla Sicilia. Grazie poi all’entrata in vigore delle prime leggi di tutela, si è osservato un recupero naturale della specie, a partire dall’Appennino centrale fino al ripopolamento negli anni ’90 dell’arco alpino occidentale.

Nonostante la lenta ripresa, il lupo è ancora oggi vittima della pressione antropica, a causa del conflitto con le attività legate all’allevamento di bestiame, ma anche a causa della paura nei confronti di questo selvatico, dovuta ad una cattiva informazione. I lupi sono animali sociali, che vivono in branchi familiari composti da un maschio e una femmina adulti e i loro piccoli. In media un branco è formato da 4-5 individui, ma dipende dal periodo dell’anno preso in considerazione. Per esempio a febbraio potremmo trovare branchi composti da soli due individui adulti, poiché i giovani dell’anno precedente hanno abbandonato il gruppo una volta giunti alla maturità. Mentre ad aprile/maggio, dopo l’accoppiamento e il parto, il branco è composto dai due adulti e i propri cuccioli, fino ad inizio inverno.

La paura nei confronti di questo animale è ad oggi infondata e dovuta prevalentemente a casi di aggressione verificatisi a partire dal Medioevo fino ad un secolo fa, in contesti rurali e alpini, in cui la presenza umana era maggiore e il numero di prede selvatiche a disposizione per il lupo molto inferiore. Inoltre in quel periodo storico molti attacchi erano attribuiti al lupo senza un reale fondamento in quanto non erano presenti le tecniche odierne come l’analisi genetica effettuata sulla saliva o il test per verificare se il soggetto fosse affetto da rabbia. Nel contesto odierno il lupo non rappresenta un pericolo per l’uomo, poiché lo riconosce come una minaccia da cui fuggire immediatamente a causa delle persecuzioni passate e ancora oggi presenti. Questo vale sia per lupi solitari sia per gli esemplari che costituiscono un gruppo familiare.

Quindi, prima di tutto, lasciatemi esprimere, come sosteneva Franklin Delano Roosevelt, la ferma convinzione che l’unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa.


Conclusioni

L’Italia, con il proprio patrimonio, dovrebbe divenire un un esempio virtuoso, informato, agli occhi dell’Europa.

Una popolazione civile si dovrebbe concentrare, piuttosto, a prevenire l’estinzione di questi esemplari, contrastando il fenomeno del bracconaggio che costituisce una vera e propria piaga per i lupi che vengono impiccati, scuoiati, soffocati con lacci al collo, avvelenati da sostanze tossiche per le quali subiscono lunghe e dolorose agonie, o sono vittime di trappole a causa delle quali, quando sopravvivono, riportano disabilità permanenti.

Non perdiamoci di vista!

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