La prima domanda che mi sento sempre porre quando dico che abito, per parte dell’anno, in Cina è sempre la stessa: «È vero che mangiano i cani?»
Difficile dare una risposta obiettiva ed esauriente a questa domanda perché, se è vero che i cinesi sono un popolo particolare, è anche vero che questa nazione è talmente grande da vivere realtà molto diverse da provincia a provincia e, addirittura, da paese a paese all’interno della stessa provincia.
Accanto a città come Pechino, Shanghai e Hangzhou (dove abito io) che sono megalopoli simili a New York ci sono città come Yulin, Harbin e molte altre che non solo si trovano in mezzo al nulla ma il tasso di povertà e analfabetismo è altissimo.
La popolazione in queste città spesso vive di agricoltura e di una sorta di allevamento animale che il più delle volte si realizza con la stretta convivenza degli animali con le persone. Difficile, in queste condizioni aspettarsi la benché minima regolamentazione di benessere animale ma anche di norme igieniche base.
La fame e la povertà spinge queste popolazioni a cibarsi di qualsiasi animale esista nel loro territorio, è facile infatti, imbattersi nei famosi mercati di carne all’aperto dove le specie esposte alla vendita sono le più disparate.
Famoso per la sua crudeltà è il “festival della carne di cane“ di Yulin, dove sono visibili a tutti le torture imposte ai cani. È da dire però che da anni la popolazione cinese si sta ribellando a questo tipo di cultura tanto che, anche l’esercito, è intervenuto in alcuni casi per far cessare questa ricorrenza.
Ma, al di là di questa usanza, quando ho pensato di trasferirmi in Cina mi sono dovuta scontrare contro una legislazione molto restrittiva riguardo non solo alla possibilità di introdurre i miei cani sul territorio cinese ma anche circa la detenzione di qualsiasi animale da affezione.
Va subito detto che in Cina non esiste una legge nazionale riguardo la detenzione e il possesso di animali da parte dei privati, ne consegue che: ”provincia che vai, legge che trovi”!
Di base è consentito possedere un cane solo per abitante mentre è possibile detenere più gatti, conigli o ricci (si, in Cina il riccio è un animale da affezione tenuto tranquillamente in appartamento!).
Questa reticenza verso i cani è dovuta essenzialmente ai possibili fastidi che possono arrecare abbaiando e/o sporcando le aree comuni tanto che, mentre è facile vedere cani aggirarsi per Pechino a tutte le ore del giorno non è così in altre città.
Ad Hangzhou, per esempio, i cani possono uscire solo dalle 19:00 alle 7:00 mentre è vietato portare a passeggio il proprio cane durante il giorno, soprattutto nella zona del centro città.
I cani non possono essere lasciati liberi (purtroppo la polizia è autorizzata alla percossa del cane qualora trovato senza guinzaglio oltre alla segnalazione del proprietario), non esistono aree cani e, ovviamente, è obbligatorio raccogliere le deiezioni.
Non tutti i condomini accettano cani e, spesso, quelli accettati devono sottostare a regole sulla taglia (non superare i 40 cm di altezza).
In alcune città, inoltre, è obbligatorio esporre all’esterno del condominio la foto del cane e il nome del proprietario qualora il cane dovesse scappare e/o causare danni.
Insomma, la Cina non è molto “pet friendly” anche se, devo dirlo, sono di più i Cinesi che si interessano al benessere animale.
Nelle grosse città è facile trovare meravigliosi “cat caffè” dove è possibile passare qualche ora in compagnia delle più svariate razze di gatti che vengono lasciati liberi di giocare, dormire sui tavoli e farsi coccolare.
Per entrare occorre disinfettarsi le mani, indossare dei calzari e farsi spruzzare con un prodotto che neutralizza l’odore umano!
Gli animali sono tenuti veramente bene; spazzolati, profumati, coccolati e, appena sporcano scattano le pulizie dei dipendenti che sono pronti anche nel sedare eventuali risse tra i felini.
Di fatto, la Cina è ben lontana da avere leggi precise e unificate riguardo la detenzione degli animali d’affezione ma qualcosa si sta muovendo soprattutto grazie ai giovani che iniziano a capire l’importanza non solo dell’animale in sé ma anche del suo benessere.