Divieto di accattonaggio con animali

Guerra alla povertà o strumento di tutela animale? Le polemiche si riaccendono dopo l’adozione ad Ancona del nuovo Regolamento per la tutela animali.

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Sarà capitato a tutti e più volte di incontrare un clochard o un mendicante che, ai bordi della strada, chiede l’elemosina accompagnato da un cane, cucciolo o anziano, o da altro animale d’affezione (a volte con conigli, pappagalli o furetti). In merito, si discute da tempo sull’opportunità o meno di vietare tale pratica prevedendo sanzioni per chi mendica in compagnia o per mezzo di un animale.

Le posizioni di dividono nettamente tra chi ritiene che tale sanzione andrebbe infatti a tutelare il benessere dell’animale e chi ritiene che il tutto sia solo una scusa per colpire le situazioni di povertà diffuse sul territorio attraverso metodi più o meno repressivi. Cercheremo in questo breve articolo di definire la questione alla luce delle più recenti disposizioni in materia.

In prima analisi, va chiarito fin da subito che l’accattonaggio, ossia il chiedere l’elemosina per motivi di disagio economico o sociale in luoghi pubblici, non è più considerato reato dal nostro Codice Penale a seguito dell’abrogazione dell’art. 670 (rubricato “mendicità”) ad opera della Legge n. 205 del 25 giugno 1999 (art. 18). La pratica dell’accattonaggio, lungi dall’essere solo il mezzo di sostentamento dei meno fortunati, costituisce però in molti casi un vero e proprio racket che frutta centinaia di migliaia di Euro l’anno alle organizzazioni criminali le quali non esitano ad esercitare violenze fisiche contro il postulante se questi non raggiunge la tristemente famosa soglia minima dei 40 euro giornalieri.

I cani, così come gli altri animali utilizzati, sono nella stragrande maggioranza dei cuccioli rimasti invenduti dal traffico illegale di animali che vengono dapprima acquistati in blocco dai responsabili del racket per essere poi messi in mano a tutte quelle persone a loro volta vittime delle organizzazioni criminali.

Anche se in merito non vi sono norme ad hoc a livello nazionale, il rischio per i mendicanti è  quello di essere condannati per il reato di  maltrattamento di animali a norma dell’articolo 544-ter c.p. che sanziona con la reclusione da tre a diciotto mesi (o con la multa da cinquemila a trentamila euro) chi «per crudeltà e senza alcuna necessità cagiona una lesione a un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche» nonché chi somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate e chi li sottopone a dei maltrattamenti che comunque possono provocare un danno alla loro salute.

Altre sanzioni per chi mendica utilizzando animali da compagnia arrivano inoltre dai Regolamenti con cui da tempo diversi Comuni hanno vietato più o meno espressamente l’accattonaggio con animali, a prescindere dalle condizioni in cui vengono tenuti gli stessi. In questo articolo si prenderà in considerazione, per motivi cronologici, il nuovo “Regolamento comunale per la tutela del benessere degli animali e la loro convivenza con i cittadini” approvato dal Consiglio Comunale di Ancona lo scorso 4 aprile.

Il nuovo Regolamento comunale tratta del divieto di accattonaggio con animali all’articolo 11 che recita: «Al fine di tutelare la salute e il benessere degli animali, è vietato esibire o utilizzare animali, di qualsiasi specie ed età per la pratica dell’accattonaggio. Oltre alla sanzione amministrativa prevista dal presente Regolamento, gli animali, su segnalazione degli organi di vigilanza competenti, sono sottoposti dal Servizio Veterinario dell’ Asur:

– all’osservazione sanitaria e profilassi veterinarie;

– a registrazione segnaletica, ove prevista;

– identificazione mediante applicazione di microchip, ove prevista;

e successivamente restituiti al legittimo proprietario».

Si prevede dunque un divieto assoluto di esibire o utilizzare un animale al fine di mendicare prevedendo una sanzione amministrativa che, a norma dell’art. 52 del Regolamento, varia dai 77 ai 500 Euro e, laddove l’organo di vigilanza (verosimilmente la Polizia Municipale) lo ritenga necessario, un controllo veterinario onde poter valutare lo stato di salute dell’animale. Si prevede infine che l’animale venga poi restituito al legittimo proprietario dopo l’espletamento dei controlli veterinari.

Contro la previsione del citato art. 11, applaudito insieme con tutto il Regolamento dalle associazioni animaliste cittadine (OIPA e LAV in prima fila), si sono accese numerose polemiche in particolare delle opposizioni che hanno ritenuto tale norma un mezzo per colpire le situazioni di povertà più che per tutelare il benessere dell’animale.

Il nuovo Regolamento non avrebbe, secondo le opposizioni, una sufficiente specificazione in merito alle modalità con cui l’utilizzo o l’esibizione dell’animale debba concretarsi al fine di integrare la previsione di cui all’art. 11 e la conseguenza concreta di tale mancanza sarebbe un possibile futuro intervento diretto dei Vigili Urbani contro i clochard che chiedono l’elemosina in strada in compagnia di un animale senza alcuna distinzione.

Come detto, la tutela dell’animale sarebbe quindi in definitiva utilizzata come scusa per colpire direttamente la povertà che l’Amministrazione comunale non vuole guardare in faccia e l’art. 11 del citato Regolamento comunale si profilerebbe come “l’espressione di un cultura politica che si oppone alla povertà con la repressione usando gli animali come grimaldello”.

Le resistenze si concentrano anche sull’efficacia della previsione: secondo alcuni consiglieri di opposizione non solo sarebbe assurdo immaginare sanzioni comminate a clochard, si porrebbe il problema di «cosa succederebbe dopo aver fatto il controllo al cane quando lo andiamo a riportare al suo padrone che, essendo un mendicante, potrebbe non trovarsi più nello steso posto» tanto che, concludono i consiglieri, questi «andrebbe a finire in canile dove andrà a stare molto peggio».

Le critiche alla norma comunale non appaiono del tutto prive di fondamento.

Provvedendo ad una breve panoramica su quelle che sono le previsioni regolamentari in materia di altri Comuni marchigiani e non si riscontra che nella maggior parte dei casi, questi fanno esplicito riferimento (tanto nei contenuti quanto nelle forme) alla Legge Regionale n. n. 10 del 20 gennaio 1997 (così come modificata dalla L.R. n. 18 del 20 aprile 2015) rubricata “Norme in materia di animali da affezione e prevenzione del randagismo”.

A titolo di esempio, l’art. 14 del Regolamento comunale di Osimo (AN) prevede un divieto perentorio di accattonaggio con animali la cui trasgressione comporta tanto una sanzione amministrativa quanto la confisca dell’animale stesso salva l’applicazione delle sanzioni penali previste in materia di maltrattamento degli animali.

Sempre a livello marchigiano, un altro divieto assoluto arriva dall’art. 11 del Regolamento comunale in materia di tutela animale di Senigallia (AN) il quale prevede che: «È fatto assoluto divieto di utilizzare animali per la pratica dell’accattonaggio». In questo caso, ad ogni modo, si prevede il sequestro dell’animale solo qualora vi siano evidenti segnali di maltrattamento o in particolari circostanze inerenti la salute o lo stato dell’animale.

Il Regolamento comunale di Rimini non è molto più morbido e prevede, all’art. 16, che:

1. Gli animali, sia cuccioli che adulti, non possono essere utilizzati od esposti per l’accattonaggio in ambienti o luoghi pubblici.

  1. Gli animali rinvenuti nelle suddette circostanze potranno essere sequestrati a cura degli organi di vigilanza e quelli d’affezione saranno ricoverati presso il Canile Comunale.
  2. Per le violazioni alle disposizioni, di cui al presente articolo, si applicano le sanzioni previste

all’articolo 46 di questo Regolamento.

Le obiezioni sollevate non sembrano trovare soluzione nelle citate norme comunali, rimane il fatto che la sanzione amministrativa comminata al clochard continua ad apparire generalmente ingiusta data la situazione socio economica in cui verte, anti-economica o, se non altro, aleatoria.

D’altra parte, la confisca, il sequestro o la presa in carico (come nel caso del Regolamento anconetano) dell’animale da parte degli organi di vigilanza non sempre possono apparire come un’ insopportabile violenza contro il padrone dello stesso che si trovi in una condizione di instabilità e precarietà socio economica: come visto, infatti, non sempre il detentore dell’animale può essere considerato come un soggetto che ripone nell’animale uno degli ultimi affetti rimasti.

Alla luce dell’innegabile esistenza di un racket dell’accattonaggio con animali nelle forme poc’anzi illustrate, infatti, l’animale può effettivamente vivere in uno stato di malessere o, peggio, di maltrattamento ed ha il diritto di essere tutelato e di non essere considerato alla stregua di un oggetto di cui il detentore può arbitrariamente disporre.

Dunque la soluzione va, come sovente accade, ricercata nel mezzo: tra la tutela della persona e dei suoi affetti e quella dell’animale e della sua salute.

Un pratico esempio di compromesso costruttivo arriva dal “Regolamento per la tutela ed il benessere degli animali in città “del Comune di Torino del 29 aprile 2006 che con il comma 22 dell’art 9 ha adottato in merito un’impostazione diversa da quelle illustrate finora prevedendo che: “E’ vietato, su tutto il territorio del Comune di Torino, nella pratica dell’accattonaggio, utilizzare animali in stato di incuria, denutrizione, precarie condizioni di salute, in evidente stato di maltrattamento, impossibilitati alla deambulazione o comunque sofferenti per le condizioni ambientali in cui vengono esposti. E’ altresì vietato l’accattonaggio con cuccioli di qualsiasi specie animale di età inferiore ai 180 giorni. Gli animali non possono comunque essere soggetti attivi dell’accattonaggio. I cuccioli e gli animali di cui sopra saranno sequestrati a cura degli Organi di Vigilanza e ricoverati presso il Canile Municipale”.

Dunque il riferimento va in primo luogo allo stato di salute dell’animale e alla sua età (divieto di mendicare in compagnia di cuccioli fino ai 180 giorni di età), poi al fatto che lo stesso non può essere il soggetto principale dell’attività di accattonaggio, ossia non può essere utilizzato come strumento di pietà.

In caso di violazione si prevede anche qui il sequestro ma la norma appare sicuramente più morbida rispetto a quelle citate in quanto non vieta di per sé l’accattonaggio in compagnia di un animale ma ne regola indirettamente le modalità.

Il riferimento allo stato di fatto dell’animale viene ripreso anche dall’art. 18 del Regolamento comunale di Milano in base al quale “E’ vietato esibire, durante la pratica dell’accattonaggio, cuccioli di età inferiore ai quattro mesi, animali sofferenti per le condizioni ambientali in cui sono esposti, o comunque animali tenuti in modo tale da suscitare l’altrui pietà”.

In questo caso non vi è nemmeno la previsione di un controllo da parte degli organi di vigilanza competenti, dunque tale prescrizione rimane ancorata alle disposizioni di cui al Titolo IX-bis del Codice Penale in materia di “delitti contro il sentimento per gli animali”.

Se la ratio delle norme, e degli interi regolamenti, è quella di tutelare il benessere animale in convivenza con l’uomo all’interno delle città, tale convivenza deve avvenire con riguardo al benessere di entrambi senza previsione di sanzioni di difficile attuazione e comminabili sulla base di una lettura rigida delle stesse.

Come visto, appaiono sicuramente più facilmente realizzabili, nonché più efficaci allo scopo, le disposizioni che prevedono espressamente i comportamenti vietati durante la pratica dell’accattonaggio fatte salve le disposizioni in materia del Codice Penale.

Ben vengano dunque i controlli e, in casi di conclamato maltrattamento o comunque di evidente sofferenza, i sequestri o le confische degli animali così come i controlli veterinari; ma il tutto, per essere veramente utile al benessere animale e alla lotta al racket dell’accattonaggio in generale, non potrà che avvenire avuto riguardo anche alla situazione in cui effettivamente verte il detentore per una vera parità di diritti e tutela tra uomo e animale.

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