Il patentino per le razze pericolose

All’articolo 8 comma 2 si legge che «Chiunque acquisisce la proprietà di un cane appartenente alle razze di cui all’Allegato 2 o ne è il conduttore è tenuto a conseguire il Patentino Cane Speciale rilasciato dall’ATS. Per le nuove acquisizioni la disposizione si applica a decorrere da sei mesi dopo l’entrata in vigore di questo Regolamento, trascorsi i quali, gli interessati dovranno ottemperare prima dell’acquisizione stessa. Nel caso di adozioni/affidi dal Parco Canile del Comune di Milano di un cane appartenente alle razze di cui all’allegato 2, il patentino potrà essere conseguito entro e non oltre 6 mesi dall’acquisizione stessa. Per le acquisizioni antecedenti l’entrata in vigore di questo Regolamento, il Patentino Cane Speciale deve essere acquisito entro 24 mesi dall’entrata in vigore di questo Regolamento».
Il trasgressore è punito con sanzione amministrativa ai sensi dell’art. 40 e con la sanzione accessoria dell’obbligo di museruola per il cane, fino al conseguimento del patentino.

Questa norma non mi convince. La prima aporia è nella sua formulazione. Il patentino è legato alla proprietà del cane o alla sua conduzione. Si tenga presente che nella stesura presentata al Consiglio non si prevedeva come soggetto obbligato il conduttore e di tanto chi scrive ebbe a formalizzare personale dissenso in sede di commissione, quando venne reso pubblica la bozza del regolamento. Ebbi ad eccepire che legare il conseguimento del patentino alla proprietà del cane quale risultante dall’anagrafe canina (unico parametro legale, peraltro contestabile e inveritiero) era una follia.

In ipotesi, non rara né remota, colui che è proprietario potrebbe trovarsi nella condizione di mai condurre il cane (si pensi l’ipotesi di un cane la cui proprietà è riferita ad una persona che per motivi di lavoro trascorre la più parte del su tempo all’estero, lontano dalla famiglia). Che senso avrebbe avuto il patentino? La correzione però, a mio personalissimo parere, crea più danni della formulazione originaria. Avere introdotto anche l’obbligo in capo al conduttore crea solo confusione e incertezza. Chi è il conduttore? Chiunque in un certo momento della giornata porta a passeggio il cane? Quindi anche un amico del proprietario? Un dog sitter? Un parente o come oggi si dice oggi un congiunto? Ma l’obbligo è alternativo? Rimane comunque sempre un obbligo di conseguimento in capo al proprietario?

Non vedo coerenza con quanto dispone l’art. 2052 del codice civile che disciplina quello che, a mio avviso, rimane la questione più importante di tutte e cioè la responsabilità per danni cagionati da animali.

Ciò premesso, è oggettivamente difficile affermare, sostenere e dimostrare che esiste una razza di cane più pericolosa di un’altra o che comunque possa definirsi pericolosa. Condivido quello che è stato il pensiero del consigliere Monguzzi più volte manifestato nel periodo di lavorazione e approvazione del regolamento per cui non esistono cani buoni e cani cattivi. Ci sono invece cani male condotti che hanno però, rispetto ad altri,una dimensione della mandibola che può fare la differenza e dunque è inevitabile partire da alcuni cani per poi magari pensare di estendere a tutti i possessori questo obbligo.

Non vi è dubbio che chi abbia una certa frequentazione di questo mondo ha consapevolezzache alcuni cani (non ho volutamente utilizzato l’espressione razza perché ci sono anche gli incroci) manifestino una aggressività (che è peraltro caratteristica di ogni animale) più marcata di altri.Mala motivazione di tale più spiccata aggressività non è oggetto della mia riflessione quanto lo è la conseguenza di essa.

Diamo uno sguardo alle cronache locali e nazionali. Ci rendiamo immediatamente conto di quanta ignoranza e maleducazione sia pervasa l’aria delle nostre città. Tutti amanti degli animali. Così tanto che sono bellamente indifferenti al dolore che possono provocare ad altri animali e ad altre persone per il solo fatto di essere ignoranti. Troppe volte accade e non è tollerabile. Lo sanno bene i miei amici medici veterinari che devono intervenire, quando è ancora possibile, per scongiurare conseguenze irreversibili in danno dell’animale aggredito. Lo sa bene chi fa il mio mestiere.

Condividere un tratto della nostra vita con un cane è un’esperienza meravigliosa, se vissuta con consapevolezza e senso di responsabilità.Sempre, anche quando si tratta di fare una semplice passeggiata o quando si è all’interno delle c.d. aree di sgambatura che, ancora troppe volte, vengono vissute come “terra di nessuno”, quandonon trasformate in ring per combattimenti tra cani.

Troppo spesso persone pur accompagnandosi a cani c.d. impegnativi (solo per la loro mole) sono assolutamente incapaci di gestirne le reazioni.Le cui conseguenze non sono dissimili da quelle che potrebbero scaturire dalla mal gestione di cani riconosciuti come non impegnativi. Anche un cane di piccola taglia può scatenare l’inferno, se a contatto con altri cani (o provocare seri danni se non correttamente vigilato). 

Impariamo a conoscere i nostri cani, a prevenirne reazioni potenzialmente pericolose. Magari, se necessario, affidandoci a persone esperte e qualificate e non facciamolo unicamenteper la paura di una multa.Altrimenti, vi assicuro, i guai sono dietro l’angolo.

Concludo questo breve commento all’articolo 8 comma secondo riconoscendo certo la necessità di trasferire sull’essere umano quelle necessarie conoscenze di etologia e benessere animale unite a corrette modalità di conduzione di un cane. Non credo però che la soluzione individuata sia quella più giusta. A dire il vero la vedo come una norma imposta, difficilmente metabolizzabile dalla collettività (e questo per mille motivi), probabilmente eludibile, e dunque con effetto potenzialmente “criminogeno”, tipico di ogni norma che non viene applicata.

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