Art. 14: Accattonaggio con utilizzo di animali
1. È vietato esercitare la pratica dell’accattonaggio esibendo animali. Il detentore è sottoposto a sanzione amministrativa prevista dall’art. 40, e gli animali sono sottoposti a sequestro amministrativo ed eventualmente a confisca.
2. Sono esclusi dal divieto gli animali della specie cane qualora si accerti che si tratta di “compagni di vita” del mendicante che li detiene, ai quali sono garantite condizioni di vita e tutela in accordo al Regolamento. In assenza di documenti e microchip, il cane viene ricoverato presso il canile sanitario ed il detentore dovrà produrre i documenti di proprietà. Alla mancata esibizione dei documenti può conseguire la confisca dell’animale, nel rispetto della normativa vigente in materia, con l’intestazione dello stesso al Comune di Milano.

La norma definisce pratica quella dell’accattonaggio, riferendosi però segnatamente a quella i cui esibiscono animali. Invero si tratta di un reato, al quale se ne aggiunge un altro proprio perché vi è un ritenuto maltrattamento dell’animale. Dunque, una ulteriore appesantimento sanzionatorio. Nulla di più.

Con una ricercata difficoltà, quella di cui al comma secondo. Quella di dovere riconoscere e quindi distinguere — da parte degli agenti accentratori — il mendicante “cattivo “(quello di cui al primo comma) da quello “buono”. In che modo, in base a quali criteri, in base a quali conoscenze? La norma non lo dice. Si legge che si dovrebbe accertare che si tratti di compagni di vita del mendicante che li detiene.

Una norma buonista, la cui applicazione pratica è davvero di difficile realizzazione anche perché costituisce una negazione di tutti i principi in premessa e delle condizioni di cui agli arti. 7 e 8. Un buonismo mitigato secondo il principio dura lex sed lex dal prosieguo della disposizione per cui «In assenza di documenti e microchip, il cane viene ricoverato presso il canile sanitario ed il detentore dovrà produrre i documenti di proprietà. Alla mancata esibizione dei documenti può conseguire la confisca dell’animale, nel rispetto della normativa vigente in materia, con l’intestazione dello stesso al Comune di Milano».

A mio parere avrei dedicato una non trascurabile attenzione ad un fenomeno noto con il termine di animal hoarding. L’accumulo di animali, di questo si tratta, è un fenomeno da non sottovalutare le cui origini sono antiche, quando ancora ci si approcciava alle sue manifestazioni qualificandole come “inconvenienti igienici”.

Colui che viene colpito da tale disturbo non poche volte evidenzia una apparente empatia verso gli animali, empatia che progressivamente devia verso il loro maltrattamento facendo emergere un sorta di crudeltà passiva. Quando si varca la porta del soggetto accumulatore (solitamente ben disposto all’inizio per poi chiudersi sempre più con il passare del tempo così da rendere impenetrabile il proprio fortino) ci si trova davanti a scenari inimmaginabili. Numerosi animali di specie diverse in pochi metri quadrati ai quali è stato di fatto impedito loro di conoscere il mondo esterno, volutamente e ostinatamente chiuso fuori.

I reati che vengono contestati sono solitamente quelli della detenzione incompatibile di animale, maltrattamento e a volte di uccisione di animale. Le segnalazioni di animal hoarding provengono nella più parte dei casi dagli amministratori di condominio.

Solitamente chi interviene (polizia locale) opta per attuare un sequestro degli animali rinvenuti direttamente presso l’accumulatore nominandolo custode. Questo contribuisce da una parte a rendere più efficace il percorso riabilitativo e rieducativo, dall’altra di evitare di incorrere in quelle lungaggini procedurali note a chi frequenta gli ambienti della giustizia e che potrebbero condurre, maturando una non voluta prescrizione dei reati contestati, a riconsegnare gli animali al legittimo proprietario (il soggetto che li ha accumulati).

Nulla di questo si rinviene nel nuovo Regolamento.

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