Vi parliamo oggi di una problematica poco nota ai non addetti ai lavori ma purtroppo molto frequente. Ogni anno, infatti, sono centinaia gli animali abbandonati da coppie che si separano, dei quali le associazioni animaliste si prendono carico. Canili rifugio e i gattili sanitari per legge non si fanno carico di questi animali: oltre al caso in cui il proprietrio sia deceduto, i comuni intervengono con il ritiro degli animali domestici di privati soltanto in caso di indigenza, provvedendo al mantenimento presso le proprie strutture sanitarie. Il presupposto per poter legalmente affidare ai servizi sanitari i propri animali è quindi l’impossibilità materiale di provvedere al loro mantenimento e a quello di sé stessi. In tale sfortunata ipotesi, l’animale viene affidato mediante adozione a terze persone, che si dimostreranno idonee a potergli assicurare una vita dignitosa. Per fortuna, accanto a chi ha come unico obiettivo quello di liberarsi da un ‘impegno’, vi sono anche persone che richiedono al giudice l’affidamento del proprio cane o del proprio gatto.
Vediamo nel dettaglio cosa prevede la legge in merito, distinguendo tra cosa cambia se si è spostati o semplicemente conviventi.
Separazione tra coniugi
È importante tenere presente che, per legge, gli ex coniugi possono accordarsi sulla collocazione di qualsiasi animale domestico, che sia cane, gatto, coniglio, furetto ecc.
Soltanto se non c’è la buona volontà degli ex amanti di mettersi d’accordo, si può ricorrere per vie legali: l’animale domestico, infatti, pur essendo un essere senziente, può essere ‘oggetto’ di un accordo di separazione e risultare nella spartizione dei beni tra gli ex coniugi, non di rado con decisione del giudice che tiene conto anche dei ‘sentimenti’ dell’animale. Un caso famoso è la disposizione presa da un giudice del Tribunale civile di Milano, chiamato al controllo di un accordo di separazione mediante il quale il magistrato ha confermato la correttezza della decisione presa da una ex coppia, sull’affido e sulla gestione dei gatti di famiglia.
In particolare, il giudice ha confermato la correttezza della decisione presa dagli ex coniugi:gli animali sono stati affidati alla ex moglie, prevedendo per quest’ultima l’obbligo di provvedere al mantenimento e alla cura degli stessi e il con il concorso, da parte dell’ex marito, per le spese straordinarie (per esempio intervento del veterinario; cure particolari ecc.), garantendo in tal modo la continua convivenza dei gatti con la figlia minore presente in casa, senza spezzare il legale sentimentale tra quest’ultima e i felini. Come si legge nel decreto del giudice, l’animale da compagnia non è una cosa, ma un essere senziente, dotato di diritti, ed è giusto decidere la sua collocazione e relativo mantenimento nell’ambito familiare.
Ancora, sull’argomento, è possibile citare una sentenza del Tribunale civile di Como del 2016, mediante la quale si precisa che l’accordo preso dai coniugi in separazione consensuale, con il quale viene disposta l’assegnazione ed il mantenimento del proprio animale domestico, non è contrario all’ordine pubblico e, quindi, può essere omologato dal giudice.
In poche parole: ricorrendo alla separazione consensuale o alla nuova procedura di negoziazione assistita, è possibile stabilire di continuare la custodia congiunta dell’animale, anche dopo la separazione.
Per le coppie conviventi
Con la recentissima introduzione nel nostro ordinamento giuridico della ‘coppia di fatto’, si andranno a verificare delle situazioni relative anche all’affido e al mantenimento dell’animale domestico anche in queste coppie, andando a creare dei precedenti utili.
Il consiglio pratico che possiamo dare per evitare problemi futuri, è quello di stilare sempre per iscritto un accordo avente a oggetto la detenzione, la custodia e mantenimento dell’animale domestico, in caso di scioglimento della coppia. Per esempio, accordandosi su affido, spese, vacanze, visite ecc. Si tratta di un vero e proprio vincolo tra le parti che può essere effettuato autonomamente, con scrittura privata, sottoscritta da entrambe e utilizzato come ‘arma giudiziaria’ in caso di contestazioni o violazioni degli accordi presi.
Conta qualcosa l’intestazione in anagrafe?
Lo Sportello legale Oipa riceve di frequente segnalazioni e richieste di chiarimento riguardo a dispute sorte per il contendere del cane che, ben sappiamo, per legge deve essere microchippato a nome di un soggetto determinato che risulta in anagrafe canina regionale. Capita, quindi, in caso di scioglimento di una coppia che il titolare del microchip pretenda la ‘proprietà’ esclusiva del quattro zampe, a discapito del legame affettivo che l’ex compagno/a possa vantare sull’animale.
È bene sapere che l’intestazione del cane a un soggetto non significa necessariamente la ‘proprietà’ esclusiva ma, mediante delle prove e, meglio ancora, con un accordo sottoscritto tra le parti, è possibile tutelare i propri diritti per vedere e provvedere ancora al proprio animale domestico. Per mettersi al riparo da future eventuali ripicche da parte del proprio partner è sufficiente una semplice dichiarazione, sottoscritta da entrambi, con la quale si stabilisce che la responsabilità di accudire il quattrozampe è da intendersi condivisa. Non è necessaria l’assistenza di notai o avvocati anche se, in caso di dubbi, è bene chiedere consiglio a un legale per essere certi di procedere nel modo giusto.
Queste indicazioni valgono in attesa di una legge che renda l’iscrizione in anagrafe piena prova della proprietà e consenta anche l’intestazione condivisa, eliminando alla radice ogni possibile dubbio sulla proprietà degli animali di famiglia.