Definizione ed analisi del fenomeno
Il maltrattamento di animali che secondo la definizione data da Frank R. Ascione, professore presso il Dipartimento di Psicologia della Utah State University e fra i massimi esperti in materia, è da intendersi come «un comportamento socialmente inaccettabile che intenzionalmente provochi dolore, sofferenza, angoscia e/o morte non necessarie ad un animale».
Rappresenterebbe quindi non solo sintomo di una situazione esistenziale patologica, soprattutto laddove la condotta sia posta in essere dal minore, ma anche un potente indice predittivo di pericolosità sociale, così come evidenziato dalla copiosa letteratura scientifica in materia.
In particolare, le ricerche condotte da Ascione hanno rilevato che le violenze sulle persone sono precedute nella quasi totalità dei casi da violenze sugli animali. Dalle statistiche americane emerge infatti che nei casi estremi di omicidio seriale, le stragi di persone sono quasi sempre precedute da stragi animali. La “pet cruelty” fu annoverata per la prima volta fra gli indicatori predittivi, che si manifestano durante l’età evolutiva, di una futura condotta violenta nella “Teoria della triade omicida” o “Triade di Macdonald” dal nome dello psichiatra statunitense che la elaborò; la ricerca, condotta su un gruppo di soggetti che si erano macchiati di crimini violenti e pubblicata per la prima volta con il titolo “The Threat to Kill” sull’American Journal of Psychiatry nel 1963, portò Macdonald ad individuare i seguenti indici:
• Piromania: impulso ossessivo a provocare incendi, mania incendiaria che si manifesta anche nei confronti degli animali, espressione di una volontà distruttiva;
• Zoosadismo: crudeltà esercitata nei confronti degli animali, piacere sadico che il soggetto trae nell’infliggere sofferenze o nell’uccidere animali;
• Enuresi notturna: “bagnare il letto” oltre l’età in cui normalmente si manifesta tale fenomeno, quindi oltre i 14/15 anni.
Nel tempo la teoria ha perso progressivamente validità, a causa soprattutto di riscontri inadeguati rispetto all’enuresi; per quanto riguarda invece piromania e zoosadismo essi permangono fra le cosiddette “red flags”, indicate dai profilers Robert Ressler e Jhon Douglas, fra gli elementi predittivi di una futura scelta omicidiaria.
In particolare è la crudeltà sugli animali la condotta che si è mantenuta più affidabile come indicatore di sviluppo di una personalità abnorme e di pericolosità sociale; tale circostanza è del resto facilmente ravvisabile analizzando le biografie dei più efferati serial killers della storia a proposito dei quali Ressler scriveva: «I serial killers sono bambini a cui non è mai stato insegnato che cavare gli occhi ad un animale è sbagliato. Gli assassini cominciano quasi sempre torturando o uccidendo animali da bambini».
Fra coloro che hanno iniziato la propria “carriera criminale” perpetrando sevizie e maltrattamenti sugli animali possiamo citare ad esempio: Albert De Salvo, noto come “lo strangolatore di Boston” per aver ucciso 13 donne, che da ragazzo si divertiva a lanciare dardi contro cani e gatti dopo averli catturati e rinchiusi in piccole gabbie; Edmund Kemper responsabile dell’uccisione di sei giovani donne, della madre, dell’amica della madre e dei nonni, questi ultimi uccisi quando aveva solo 15 anni, da sempre affascinato dalla morte catturava, squartava e sezionava con morboso interesse i gatti del vicinato; Jeffrey Dahmer, noto anche con l’appellativo di il cannibale di Milwaukee o mostro di Milwaukee per aver ucciso 17 giovani, amava trascorrere le sue giornate da ragazzino solitario andando in cerca di carcasse di animali, dopo averli portati a casa li sezionava, li fotografava nelle varie fasi della dissezione e compiva esperimenti mostrando uno spiccato interesse per i meccanismi di decomposizione.