Killer dei gati”. Questo è l’appellativo che si è guadagnato un uomo quarantatreenne di Trescore Balneario, Bergamo, chiamato a rispondere del reato di cui agli artt. 81, 2° comma, 544 bis c.p., perché con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in tempi diversi, per crudeltà e senza necessità, soffocandoli, cucinandoli, e comunque sottoponendoli a sevizie, cagionava la morte di svariati gatti.
Il reo, come vedremo meglio esposto in seguito, operava come un vero e proprio serial killer andando a caccia delle sue vittime su Internet.
L’uomo era solito consultare siti di annunci riguardanti cucciolate da adottare, entrava in relazione con i proprietari dei micetti e, una volta conquistatane la fiducia, se li faceva affidare. I poveri animali prima di essere uccisi venivano sottoposti a terribili sevizie. L’uccisore contattava poi gli originari proprietari dei gatti tramite WhatsApp, inviando loro immagini delle torture a cui erano stati sottoposti accompagnate da frasi agghiaccianti. Il caso risulta particolarmente significativo in primis perché, seppur in primo grado, si tratta di una delle condanne più severe mai inflitte in Italia per il reato di maltrattamento e uccisione di animali ed inoltre perché ben rappresenta quel ciclo di violenza di cui spesso il maltrattamento di animali è anello integrante.
Il soggetto ha infatti un cospicuo certificato penale che registra ben otto condotte per delitto. Fra di esse merita particolare menzione quella in danno di S.P. una delle proprietarie dei gatti che aveva sporto denuncia contro l’uomo per il reato di atti persecutori ex art. 612 bis c.p., denuncia esitata, a dicembre 2016, nella sentenza di condanna a due anni di reclusione e un anno di libertà vigilata. Per quanto attiene invece al procedimento penale per il delitto ex art. 544bis, il pubblico ministero aveva chiesto una pena di un anno e quattro mesi, ma il giudice ha riconosciuto all’imputato la recidiva specifica e lo ha condannato a tre anni e sei mesi di carcere, a due anni di libertà vigilata, al pagamento delle spese processuali e a versare un risarcimento di euro 5.000 per ognuna delle parti civili (E.N.P.A., UGDA Onlus e Comitato Diritti Animali Bergamo).
Prima di procedere alla disamina dei fatti si rende necessario premettere che ai fini della ricostruzione della vicenda mi sono servita della sentenza di primo grado pronunciata dalla Dr.ssa Antonella Bertoja presso il Tribunale di Bergamo in data 1 marzo 2017 e della preziosa testimonianza fornitami personalmente dalla stessa S.P.