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L’evoluzione dei diritti animali in Occidente

L'evoluzione dei diritti animali in Occidente dalle posizioni di Jeremy Bentham e Peter Singer a quelle di Tom Regan.

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Jeremy Bentham, noto filosofo e giurista dell’Inghilterra sette-ottocentesca, è oggi considerato uno dei fondatori dei diritti animali.

Nella sua opera “Introduzione ai Principi della Morale e della Legislazione” egli spiega che non importa se gli animali parlano e ragionano oppure no, è sufficiente riconoscere che anche loro, proprio come noi umani, sono esseri senzienti, ovvero soggetti capaci di provare emozioni. Dal momento in cui gli animali possono provare piacere e dolore (sia esso fisico o psicologico) Bentham afferma che è doveroso conferire loro equa considerazione: la considerazione degli interessi indipendentemente da razza, genere, specie, livello d’intelligenza o qualsivoglia abilità.Questo non implica che gli animali non possano essere uccisi o sfruttati, ma che la loro sofferenza debba essere minimizzata o, nella migliore delle ipotesi, eliminata.

Infatti, bisogna ricordare che quale esponente dell’Utilitarismo, Bentham riconduce la moralità di un’azione alla sua capacità di produrre felicità e quindi conclude che sacrificare animali per scopi umani è ammissibile perché questo aumenterebbe la quantità generale di felicità per il maggior numero di esseri senzienti.

Per molto tempo si è creduto che gli animali, privi della capacità di parlare, di ragionare e di pensare al futuro, fossero solamente esseri inferiori guidati dall’istinto. A partire dall’epoca dell’Illuminismo, però, questo concetto venne messo in discussione e gradualmente accantonato.

Peter Singer, filosofo australiano dei giorni nostri, è considerato l’erede di Bentham. Tuttavia, a differenza del suo maestro che focalizzava l’attenzione sui risultati ottimali, Singer presta attenzione alle emozioni dei diretti interessati. La teoria di Bentham viene quindi portata ad uno stadio successivo per cui gli interessi di umani e animali devono essere considerati in modo imparziale poiché il dolore è dolore, non importa di chi.

Anche in questo caso, Singer specifica che non per questo umani e animali devono godere degli stessi diritti. Per esempio, secondo lui gli animali non se ne farebbero niente del diritto di voto. Gli unici interessi in questione sono quelli legati al dolore e quindi un’equa considerazione si traduce per Singer nel dovere diretto degli umani di non essere crudeli nei confronti degli animali.

Al contrario, se le persone compiono atti di crudeltà nei confronti degli animali, è a causa di ciò che lui conia con il termine “specismo” e cioè, una discriminazione ingiustificata basata sull’appartenenza ad una specie e in particolare, sulla convinzione che gli esseri umani siano superiori agli altri animali. Singer ha sempre sostenuto che non è mai accettabile l’uccisione di animali. Eventuali teorie sul benessere animale che invece ammettono l’uccisione non possono ricondursi direttamente al pensiero di Singer.

Tom Regan (1938-2017) ritiene che noi umani dovremmo cambiare la percezione che abbiamo degli animali non identificandoli più come oggetti, bensì come delle creature che, proprio come noi, hanno una vita tutta loro a cui tengono e che vogliono preservare, una vita che è unica e speciale per ciascuno di loro come lo è per noi.

Gli animali non sono solo esseri senzienti che provano emozioni come si riteneva in passato, ma hanno desideri, memoria, un senso del futuro, abilità matematiche anche, se vogliamo. Per Regan, la vita di ogni animale ha un valore intrinseco e ciò significa che ogni animale dovrebbe avere il diritto morale di non essere ucciso.

Prendendo spunto dalle diverse teorie formulate negli ultimi secoli da Bentham, Singer e Regan si sono sviluppate due definizioni diverse, e anche abbastanza contrastanti, di diritti animali.

Da un lato, abbiamo una concezione legata al pensiero di Bentham che si può chiamare “benessere animale” la quale punta a ridurre o ad eliminare la sofferenza degli animali senza vietarne l’impiego in pratiche umane e che prevede l’abolizione di ogni forma di crudeltà.

Dall’altro lato, invece, abbiamo i “diritti animali” veri e propri, una teoria che rimanda a Regan e che, di conseguenza, rinnega completamente qualsiasi forma di sfruttamento e uccisione animale esigendo il conferimento di diritti anche agli animali.

In pratica, i due approcci sono molto diversi e non vanno confusi tra loro.

I sostenitori del benessere animale lottano per gabbie più grandi, meno antibiotici nei mangimi e sperimentazione sugli animali solo se strettamente necessario; mentre chi si batte per i diritti animali afferma che gli animali non dovrebbero essere allevati e mangiati affatto e che anche gli esperimenti su di essi non dovrebbero mai essere condotti.

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