MIND_AND_I/iStock
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L’introduzione del nuovo art. 9 della Costituzione per le generazioni future

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L’articolo 9 della Costituzione recita : “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”.

La modifica più interessante, e probabilmente anche più utile dell’articolo 9, è proprio la menzione alle generazioni future.

Nel diritto internazionale questa non è una novità. Infatti, le responsabilità nei confronti delle generazioni che verranno erano già state esplicitate nella Dichiarazione adottata dalla conferenza generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO) il 16 novembre 1972. In questa si affermava la responsabilità delle generazioni presenti di trasmettere alle generazioni future una Terra non danneggiata irrimediabilmente per via dell’attività umana, utilizzando in maniera ragionevole le risorse naturali. Si invitava, inoltre, la generazione presente ad agire per uno sviluppo sostenibile e preservare le condizioni di vita proteggendo la qualità e l’integrità dell’ambiente.

Qualche anno dopo, nel 1992, in occasione della conferenza di Rio de Janeiro, il concetto veniva ribadito fino ad essere messo nero su bianco, perdendo così il suo carattere di norma consuetudinaria, nel progetto di una Costituzione per l’Europa.

Progetto che purtroppo non è mai stato approvato.

Perché l’interesse delle future generazioni ricopre un ruolo giuridico così importante?

Quando si discute di responsabilità delle generazioni presenti nei confronti delle generazioni future si utilizzano le nozioni di responsabilità intra-generazionale (o infra) e di equità intergenerazionale.

Questi due concetti sono molto semplici nonostante la complessità nel pronunciarli. Fanno entrambi riferimento al principio secondo cui il pianeta debba essere consegnato alle generazioni future in condizioni non peggiori rispetto a quelle in cui lo abbiamo ereditato. Se partiamo dall’idea che noi, intesi come generazione presente, abbiamo la qualità giuridica di usufruttuari del pianeta, non possiamo consegnarlo al prossimo usufruttuario in condizioni peggiori di come lo abbiamo trovato. Questo perché le generazioni future dovranno avere gli stessi diritti e libertà delle generazioni presenti a godere di un ambiente sano.

Un pianeta depravato della sua flora e della sua fauna non permetterebbe la piena realizzazione di tutti quei diritti e di quelle libertà protette costituzionalmente, come ad esempio il diritto alla vita, alla salute, all’istruzione e così via. In assenza di salubri condizioni ambientali, nessuno potrebbe godere nemmeno di questi diritti fondamentali.

Sorge spontanea la domanda sul perché non si sia agito prima, avvendendosi che le risorse del pianeta stavano terminando. Un primo problema risiede nell’economia: imporre alle politiche statali e all’iniziativa privata il limite della tutela dell’ambiente si scontra con l’articolo 41 della Costituzione il quale sansisce la libera iniziativa economica.

Un secondo ostacolo risiede nella responsabilità e nella sua configurazione giuridica. Se le generazioni presenti hanno un dovere nei confronti delle generazioni future, come si regola questa responsabilità da un punto di vista tecnico?

Non si può essere responsabili verso chi ancora non c’è ed inoltre non si possono attribuire diritti soggettivi ad una non-identità perché si incorrerebbe in una finzione giuridica.

Ciò costituisce un tecnicismo giuridico a cui i giudici dovranno far fronte molto presto, poichè qualsiasi cittadino diligente, appellandosi alle generazioni future, potrebbe sollevare l’incostituzionalità di ogni iniziativa dannosa per l’ambiente: non rispetto dello stato dei limiti di emissioni di CO2, agricoltura non biologica, allevamenti intesivi etc. Ad oggi, molte attività vanno a nuocere il principio di equità intergenerazionale.

A questo proposito, più distanti da noi, davanti alla Corte Suprema delle Filippine, nel giugno del 1993, alcune persone hanno tentato di fermare le deforestazioni massicce appellandosi ai diritti delle generazioni presenti e a quelli delle generazioni future.

Come i giudici interpreteranno la nuova norma è tutto da vedere, quel che è sicuro è che il riferimento alle generazioni future è lo strumento più importante di questa riforma.

Pone in capo alle generazioni presenti una grande responsabilità. Si deve far riferimento al bene Terra come un bene comune che va protetto oggi per domani perché altrimenti non ci sarà un domani per le generazioni future.

A mio avviso deve essere interpretato come un nuovo limite: questa attività nuoce sul lungo termine allo sviluppo dell’ambiente? Di conseguenza, nuoce al diritto di chi verrà a godere di un ambiente salubre?

Non possiamo ancora dire se si configura un diritto soggettivo in capo alle generazioni future ma quel che è sicuro è che si è configurato un diritto soggettivo in capo alle generazioni presenti che possono ora godere di una tutela costituzionale e internazionale per la protezione dell’ambiente e degli animali.

Non perdiamoci di vista!

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