Chiunque si sia esposto per difendere i diritti degli animali si sarà sentito ribattere che in un mondo tanto insensibile, addirittura ostile, nei confronti dei nostri conspecifici non dovrebbe esserci tempo per preoccupazioni che trascendono il confine dell’umanità. Questo atteggiamento, che si potrebbe definire “benaltrismo specista”, tende a sminuire fino a eludere del tutto la questione animale in nome di problemi non ben delineati ma sicuramente più pressanti di un vezzo sentimentale, quasi un capriccio infantile. Tuttavia uno sguardo sulla nostra cultura, lungi dal mostrare distacco o mutua esclusione con la dimensione umana, documenta la presenza e l’immersione del discorso animalista nell’eterogenea cornice di concetti e pratiche tramite cui rappresentiamo e perseguiamo la giustizia.
Gli animali non umani nella morale occidentale
La storia del pensiero occidentale è costellata di riflessioni etiche riguardanti il trattamento a cui sottoponiamo gli altri animali, sebbene siano spesso implicite o relegate a note marginali di estese, pretenziose sistematizzazioni: dal vegetarianismo di Pitagora atto a onorare le anime dei nostri simili reincarnatesi in corpi zoomorfi; a Kant che promulga il “dovere indiretto” di non vessare gli animali affinché non si trasponga un atteggiamento maligno nei confronti dell’umanità; fino alla progressiva dilatazione della sfera morale descritta da Darwin, promotore di un’inclusione in grado di valicare i confini della famiglia, della nazione, della razza e della specie1Cfr. Ovidio, Metamorfosi, l. XV, Einaudi, Torino, 2015, p.613, p.627; cfr. I. Kant, Dei Doveri Verso gli Animali e gli Spiriti, in Lezioni di Etica, Laterza, Bari, 1971, pp.273-274; cfr. C. Darwin, L’Origine dell’Uomo e la Selezione Sessuale, Newton Compton, Roma, 2011, p.108, p.463.. Attualmente un ambito di ricerca specialistico denominato “zooantropologia”, o “human-animal studies”, si avvale di un approccio interdisciplinare per esplorare la labile, mutevole frontiera tra regno umano e animale. Un risultato rilevante è l’impatto internazionale conseguito dagli studi sul LINK, ovvero sul “legame” tra crudeltà nei confronti degli animali e pericolosità sociale2Riporto il primo articolo in cui venne definito esplicitamente questo fenomeno: S. Fucini, The Abuser: First a Dog Then a Child?, in American Humane Magazine, Vol. 66, American Humane, Washington, 1978, pp.13-15..
Ad ogni modo non bisogna cadere nel tranello di postulare una comoda, frettolosa identità tra la predisposizione alla violenza nei confronti degli animali non umani e umani. Lo dimostra la più tetra tappa della nostra storia recente: il nazionalsocialismo. Hermann Göring si erse a paladino della lotta antivivisezionista, Heinrich Himmler fu uno strenuo oppositore dell’attività venatoria e Adolf Hitler promise un futuro vegetariano per l’intero mondo nazificato a suon di cannonate3Cfr. B. Sax, Gli Animali e il Nazismo, Le Monnier, Firenze, 2019, p.126, p.139, p.29.. Le convinzioni dei sommi gerarchi del Terzo Reich permearono nella ristrutturazione totalitaria, radicale e capillare, sia della legislazione che dei costumi del popolo tedesco, sensibilizzato alla zoofilia ma al contempo assuefatto allo sterminio di varie categorie di cosiddetti “subumani”.
Dunque, seppure irriducibile a facilonerie teoriche, la questione animale si inserisce in un percorso filosofico e politico di ampio respiro, palesandosi in diverse, complesse declinazioni contestuali che smentiscono esplicitamente il succitato “benaltrismo specista”. Patrocinare i diritti degli animali non sottrae automaticamente dignità all’uomo, al contrario, l’antispecismo può aggiungere una proficua prospettiva sull’estensione e sulla stratificazione della disuguaglianza, candidandosi inoltre a valido alleato nella campagna universalistica volta a debellarla.
Rosa Luxemburg: il volto della rivoluzione
Una figura paradigmatica può aiutare a sciogliere ogni dubbio in merito. Rosa Luxemburg fu una intellettuale militante nella Germania a cavallo del XIX e del XX secolo, una patrona degli ultimi per antonomasia: da femminista si schierò contro il patriarcato che da sempre esonerava le donne dalla politica; da ebrea si schierò contro l’antisemitismo pretestuoso, tuttavia virulento e contagioso in tutto il Vecchio Continente; da socialista si schierò contro l’egemonia di una manciata di plutocrati incoronati durante la seconda rivoluzione industriale; infine da pacifista si schierò contro la frenesia bellicista da cui scaturì l’ecatombe mondiale. Luxemburg incarnava l’impresa mirata all’eguaglianza universale, all’abolizione di ogni privilegio, una meta che pare ancora oggi come un roseo miraggio, un’utopia. La sua rivoluzione è una lenta, perseverante patrimonializzazione di riforme strutturali il cui successo dipende sostanzialmente dalla sua portata inclusiva: finché qualcuno sarà legittimato a opprimere l’esistenza altrui la lotta non dovrà cessare.
Durante il soggiorno nel carcere di Breslavia nel 1917, dove scontava la pena dovuta alle sue opinioni eversive, la filosofa assistette a un episodio di brutalità che la scosse nel profondo. Un soldato aveva martoriato di bastonate un bufalo, esausto dopo aver trainato un ingente carico. Mentre l’aguzzino replicava compiaciuto al rimprovero di una guardiana ricordandole che «neanche per noi uomini c’è compassione», Luxemburg raccontò così l’intollerabile ingiustizia a cui assistette:
«gli stavo davanti e l’animale mi guardava, mi scesero le lacrime – erano le sue lacrime; per il fratello più amato non si potrebbe fremere più dolorosamente di quanto non fremessi io, inerme davanti a quella silenziosa sofferenza. (…) Oh mio povero bufalo, mio povero, amato fratello, ce ne stiamo qui entrambi così impotenti e torpidi e siamo tutt’uno nel dolore, nella debolezza, nella nostalgia»4Cit. R. Luxembourg, Un po’ di Compassione, Adelphi, Milano, 2007, pp.20-21..
“Siamo tutt’uno nel dolore”
In queste parole commoventi brilla il vivido retaggio di una pensatrice eccezionale, di un’integerrima attivista che pure a un passo dalla morte seppe empatizzare con un’anonima bestia, coinvolgendola nella sua grandiosa visione di libertà e nel proprio martirio. Il 15 gennaio del 1919 la donna, l’ebrea, la lavoratrice, la pacifista Rosa Luxemburg venne giustiziata come un cane, o meglio, come un bufalo da chi, obbligato a sopportare il gravoso fardello del potere, continua a illuderci di poter disporre a proprio piacimento non soltanto degli animali, ma anche degli uomini.
Bibliografia / Letture Consigliate
R. Braidotti, In Metamorfosi, Feltrinelli, Milano, 2003.
L. Caffo, M. Ferraris, Dialogo tra l’Antispecismo Debole e Quello Politico, in L. Caffo, Il Maiale non fa la Rivoluzione, Sonda, Alessandria, 2013.
C. Darwin, L’Origine dell’Uomo e la Selezione Sessuale, Newton Compton, Roma, 2011.
S. Fucini, The Abuser: First a Dog Then a Child?, in American Humane Magazine, Vol. 66, American Humane, Washington, 1978.
I. Kant, Dei Doveri Verso gli Animali e gli Spiriti, in Lezioni di Etica, Laterza, Bari, 1971.
C. Korsgaard, I Nostri Simili: l’Etica Kantiana e i Nostri Doveri verso gli Animali, in Contro i Diritti degli Animali? Ambientalisti ma non Animalisti, a cura di R. Peverelli, Medusa, Milano, 2012.
R. Luxembourg, Un po’ di Compassione, Adelphi, Milano, 2007.
R. Marchesini, Etologia Filosofica, Mimesis, Milano, 2016.
Ovidio, Metamorfosi, l. XV, Einaudi, Torino, 2015.
B. Sax, Gli Animali e il Nazismo, Le Monnier, Firenze, 2019.
Note
- 1Cfr. Ovidio, Metamorfosi, l. XV, Einaudi, Torino, 2015, p.613, p.627; cfr. I. Kant, Dei Doveri Verso gli Animali e gli Spiriti, in Lezioni di Etica, Laterza, Bari, 1971, pp.273-274; cfr. C. Darwin, L’Origine dell’Uomo e la Selezione Sessuale, Newton Compton, Roma, 2011, p.108, p.463.
- 2Riporto il primo articolo in cui venne definito esplicitamente questo fenomeno: S. Fucini, The Abuser: First a Dog Then a Child?, in American Humane Magazine, Vol. 66, American Humane, Washington, 1978, pp.13-15.
- 3Cfr. B. Sax, Gli Animali e il Nazismo, Le Monnier, Firenze, 2019, p.126, p.139, p.29.
- 4Cit. R. Luxembourg, Un po’ di Compassione, Adelphi, Milano, 2007, pp.20-21.