I santuari per animali sono luoghi di accoglienza per animali fuggiti da morte o maltrattamenti. In queste strutture possono coltivare un’esistenza quanto più possibile priva di sofferenza e in cui soddisfare i propri bisogni. E se si riuscisse a studiare il comportamento degli ospiti dei rifugi proprio in questa condizione, non forzandoli e osservandone le risposte a differenti stimoli? È quello che sta cercando di fare Farm Sanctuary negli Stati Uniti. Lo ha raccontato il New York Times in un recente articolo pubblicato nella sezione Salute.
Perché parlare del Farm Sanctuary?
L’organizzazione no-profit Farm Sanctuary è stata fondata nel 1986 per combattere gli abusi dell’allevamento intensivo e diffondere una maggiore conoscenza e consapevolezza sugli animali d’allevamento. L’associazione attualmente gestisce due rifugi — uno a Los Angeles e l’altro a Watkins Glen (New York) — che ospitano quasi 800 animali.
L’attenzione del New York Times è stata catturata dalla presenza di un programma di ricerca all’interno di queste strutture, esperimenti che però seguono delle rigorose linee guida per rispettare la libertà e l’individualità dei soggetti osservati. Partecipa ai test solo chi ha mostrato interesse e si ricorre a manipolazioni e misure invasive (ad esempio, il prelievo del sangue) solo quando strettamente necessario dal punto di vista medico.
I progetti di ricerca, tra la gioia di imparare e il disturbo da stress post-traumatico
Cosa si sta cercando di osservare negli animali accolti da Farm Sanctuary? I progetti di ricerca portati avanti sono due: il primo si occupa di capire se le galline sperimentano esperienze positive durante l’apprendimento, il secondo cerca di comprendere se gli animali salvati dagli allevamenti presentino sintomi di PTSD (post-traumatic stress disorder), disordine da stress post-traumatico. Quest’ultimo, negli animali umani, è causato dall’esposizione a eventi traumatici, in particolare quelli che provocano sensazioni di paura, impotenza o terrore, ed è caratterizzato da sintomi quali l’evitamento di stimoli associati all’evento traumatico, incubi, e allucinazioni, e cambiamenti fisiologici scaturiti dall’esposizione a segnali che assomigliano a un aspetto dell’evento traumatico stesso. Gli animali degli allevamenti intensivi sono sottoposti a esperienze di questo tipo e la ricerca di Farm Sanctuary si pone sulla scia degli studi già esistenti sull’esistenza del PTSD negli animali non umani.
Limiti e prospettive degli studi etologici nei santuari
Nonostante il programma di ricerca di Farm Sanctuary abbia un comitato consultivo, un gruppo di 6 esperti esterni incaricati di garantire la validità etica e scientifica degli studi, ci sono ancora delle criticità che andranno superate. Ad esempio, nell’esperimento che ha come protagoniste le galline, i risultati potrebbero essere stati influenzati proprio dalla scelta degli individui più “propositivi”. Inoltre la ricerca non è stata condotta “in cieco”, in quanto gli sperimentatori sapevano quali uccelli erano nel gruppo di controllo e quali no, di conseguenza potrebbero aver inconsciamente influenzato il comportamento degli animali, soprattutto se speravano in un risultato specifico.
Ci sono, però, anche prospettive allettanti. Studiare in ambienti come quelli dei santuari può essere un aspetto positivo: i laboratori sono contesti in cui lo stress o la paura potrebbero influenzare il comportamento degli animali o compromettere le loro prestazioni cognitive. Un’ultima riflessione, ma non per importanza, riguarda le ricadute che possono avere i dati raccolti: una maggiore comprensione degli animali allevati e un miglioramento del loro ben-essere (ossia “well being”, concetto diverso dal più citato “welfare”, tradotto in italiano come “benessere”), in vista di un futuro in cui non saranno più sfruttati dal sistema industriale.