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Sindaco fa uccidere un bovino privo di marca auricolare: è reato

È stato condannato il sindaco di un comune laziale che ha fatto abbattere un bovino, facendogli esplodere un colpo di carabina da un tiratore.
Avv. Annalisa Gasparre

Avv. Annalisa Gasparre

Avvocato, dottore di ricerca, vanta una decennale esperienza nel settore della tutela degli animali e dei soggetti deboli. <a href="https://www.avvocatoannalisagasparre.it/">Sito internet</a>

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È stato condannato il sindaco di un comune laziale che per crudeltà, o comunque senza necessità, e al solo fine di ricavarne carne da vendita e rimpinguare con i proventi le casse comunali, senza attivare la prevista procedura amministrativa, ha fatto abbattere un bovino, facendogli esplodere un colpo di carabina alla testa da un tiratore scelto appartenente alla Guardia di finanza, cui aveva fatto credere che l’animale, inselvatichito e vagante, fosse pericoloso per la popolazione.

Dopo l’uccisione, l’animale è stato trasportato presso un mattatoio e la carne venduta: il ricavato è stato versato nelle casse comunali.

La sentenza (Cass. pen. n. 3758 del 2022) si segnala in particolare per due aspetti.

Il primo aspetto è quello relativo al dolo. Il sindaco aveva provato a difendersi allegando il programma elettorale in cui si era impegnato a risolvere il problema degli animali vaganti. Lungi da costituire una scriminante, per i giudici, ciò rafforza la sussistenza del dolo.

Il secondo aspetto richiama, invece, il concetto di necessità ai fini dell’incriminazione in commento.

Secondo la consolidata giurisprudenza sul tema, la nozione di necessità che esclude la configurabilità del reato di uccisione di animali non è limitata allo stato di necessità ex art. 54 c.p., ma contempla anche ogni altra situazione che induca all’uccisione dell’animale per evitare un pericolo imminente o per impedire l’aggravamento di un danno alla persona propria o altrui o ai propri beni, quando tale danno l’agente ritenga altrimenti evitabile.

Tuttavia, nel caso di specie, «non era configurabile una situazione di pericolo effettivo, circoscritto e imminente che giustificasse l’abbattimento a freddo dell’animale».

Infatti la sola presenza di animali vaganti nel territorio non può ritenersi idonea a giustificarne l’uccisione «nei casi in cui non risulti adeguatamente provata l’esistenza di un pericolo serio, concreto e imminente per l’incolumità delle persone o della prosecuzione di un danno grave ai loro beni, tale da non consentire l’attivazione delle procedure amministrative che, attraverso il coinvolgimento degli organi tecnici a ciò preposti, consentano sia di verificare la reale entità del pericolo, sia di individuare eventualmente soluzioni alternative all’abbattimento dell’animale».

Nella pagina seguente il testo integrale della sentenza rinvenibile, altresì, sul sito della Corte di Cassazione.

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