Anemia infettiva equina: il virus di cavalli, asini, muli e bardotti

La condanna a un isolamento perpetuo dei soggetti positivi al test.

Francesca Faraoni

Laurea Magistrale in Giurisprudenza, Università di Pisa. Abilitata alla professione forense. Impiegata in un’azienda di servizi bancari, mi occupo di antiriciclaggio e credito.

Newsletter

Iscriviti per ricevere ogni settimana i nostri aggiornamenti via email.

Abilita JavaScript nel browser per completare questo modulo.
Consenso privacy
Potrai cancellarti in qualsiasi momento. Leggi l'informativa.

Numerosi casi di Anemia Infettiva Equina nel 2006: l’intervento del Ministero della Salute.

Come molti altri animali, i cavalli scontano il triste svantaggio della polivalenza. Per alcuni costituiscono uno strumento di lavoro, per altri sono atleti da sfinire sotto lo schiocco di un frustino, per altri ancora rappresentano uno status symbol, da accudire e condurre al trotto.

Eppure queste creature, ad onta della loro maestosità, sono esseri fragili, dotati di un’intelligenza emotiva sconosciuta ai più e strettamente connessa all’equilibrio della vita nel branco. Ebbene nel 2006, proprio la considerazione ibrida e multifunzionale dei cavalli, legata al valore economico del loro sfruttamento, ha assunto connotazioni salvifiche in una circostanza funesta, frizionando scelte legislative potenzialmente draconiane.

In quegli anni si è infatti tornati a parlare diffusamente di Anemia Infettiva Equina (AIE), una malattia virale caratterizzata da febbri alte, edemi, dimagrimento, che può causare la morte dei soggetti sintomatici gravi. I casi di positività erano stati da sempre molto bassi in Italia, sinché – da aprile a settembre 2006 – non si sono registrati 17 focolai che hanno coinvolto 604 soggetti, di cui 5 clinicamente infetti, 6 deceduti per malattia e altri positivi sierologicamente.

Per fronteggiare l’emergenza, il Ministero della Salute ha pertanto emanato una prima Ordinanza, introducendo l’obbligatorietà di sottoporre tutti gli equidi di età superiore a tre mesi (esclusi i capi allevati a soli fini di macellazione) al test di Coggins. Su questa scia, è andato progressivamente innescandosi un clima di convulsione e preoccupazione che ben avrebbe potuto generare contromisure abnormi.

Recentemente abbiamo assistito al diffondersi della Peste Suina Africana (PSA), a causa della quale i maiali detenuti negli allevamenti del nord Italia sono stati abbattuti con modalità epurative non immuni da critiche, anche da parte delle Autorità dell’Unione Europea, come abbiamo raccontato in questo articolo.

Sebbene le due fattispecie non siano facilmente comparabili, avendo la PSA, al contrario dell’AIE, una carica virulenta e sintomatica molto alta, è interessante osservare come l’atteggiamento dell’uomo nei confronti di un pericolo che coinvolge la salute degli animali non umani tenda all’eliminazione dei soggetti malati, talvolta sottraendosi al vaglio soluzioni contenitive alternative all’abbattimento.

I cavalli, come osservato in apertura, sono animali peculiari, sovente coinvolti in logiche di mercato complesse e onerose. Considerando che un cavallo perfettamente in salute ben può risultare positivo all’AIE, ad onta del clima allarmistico iniziale, il Piano di sorveglianza nazionale per l’Anemia infettiva degli equidi del 2008 ha previsto, come misura ostativa alla diffusione del virus, l’isolamento dei cavalli trovati positivi al test di Coggins.

Il Ministero della Salute ha dunque ripercorso il sentiero già battuto dal D.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320 e del D.P.R. 11 febbraio 1994, n. 243. In particolare, è interessante osservare come l’articolo 4 di questo DPR, attuativo della Direttiva 90/426/CEE, accenni all’AIE in termini più blandi rispetto alla fonte comunitaria, non facendo espliciti rimandi all’abbattimento, bensì utilizzando il termine “eliminati”.

Infine, richiamando l’art. 99 del Regolamento di Polizia veterinaria del 1954, l’Ordinanza ministeriale ha definitivamente cristallizzato l’esclusione di procedure soppressive degli equini positivi all’AIE a favore del
solo isolamento.

Isolamento: prevenzione o condanna?

Sebbene la normativa nazionale abbia introdotto misure preventive e contenitive del virus meno cruente rispetto alla Direttiva comunitaria, occorre osservare come anche l’isolamento costituisca una condizione assai dolorosa per gli animali.

Nel corso degli ultimi dieci anni, gli etologi hanno dimostrato come la vita trascorsa in solitudine, all’interno di box o recinti, sia causa di enorme disagio per il cavallo, reso incapace di intessere relazioni sociali e di compiere esperienze esplorative sensoriali. In assenza di stimoli, gli equini tendono ad assumere posture che denotano un’evidente tristezza, riconducibile a stati depressivi di varia intensità.

L’emarginazione dal branco, al pari della sottoposizione a un lavoro eccessivamente gravoso o dell’inserimento in contesti caotici non in linea con il proprio habitat, può provocare nei cavalli manifestazioni di stress cronico non trascurabili, come evidenziato anche dalla letteratura scientifica.

La paura del contagio e i suoi possibili effetti: la storia di Spirit e Ginevra, salvati da Italian Horse Protection

La pericolosità comunemente percepita intorno all’AIE ha continuato a radicarsi negli anni, ingenerando conseguenze sgradevoli e di difficile gestione, che spesso hanno avuto come precipitato l’abbattimento di cavalli perfettamente sani ma risultati positivi al test di Coggins (vedasi i casi di Foxy e Quercia gestiti da Italian Horse Protection).

A questa triste sorte è per poco scampato Spirit, cavallo trovato vagante e senza microchip in provincia di Salerno nel 2017 che, sottoposto dalle autorità sanitarie agli esami di routine, è risultato positivo all’AIE. Non essendo rintracciabile il proprietario dell’animale, il Comune ne ha inizialmente sostenuto il mantenimento in una stazione autorizzata e isolata ai sensi di legge.

Dopo un primo trimestre, tuttavia, i costi di questa soluzione sono stati ritenuti insostenibili per le risorse comunali e il destino del cavallo sembrava destinato a un triste epilogo.

Grazie alle segnalazioni e all’intervento dei volontari, la storia di Spirit ha raggiunto l’associazione Italian Horse Protection Onlus, che dal 2007 ospita nel suo centro di San Miniato, in provincia di Pisa, cavalli positivi all’AIE provenienti da tutta Italia.

In questo luogo, i cavalli vivono in un contesto di libertà, grazie alle grandi dimensioni del paddock loro dedicato, e in compagnia di altri individui, anch’essi positivi, attuando dinamiche sociali conformi alla propria natura. In altri casi, il timore per la salute dei propri cavalli ha ingenerato reazioni sproporzionate rispetto alla realtà. La storia di Ginevra, scoperta positiva al test dell’AIE in occasione di alcuni esami preliminari alla concessione del nullaosta al suo trasferimento in Inghilterra, è proprio riconducibile al sentimento della paura per quello che viene percepito come negativo, malato, o contagioso.

Appresa la notizia, i proprietari degli altri cavalli del maneggio – peraltro anch’essi successivamente sottoposti al test e risultati negativi – hanno iniziato a esprimere la loro preoccupazione.

Ginevra doveva essere necessariamente allontanata e Anne, la sua proprietaria dell’epoca, si è trovata ad affrontare una dura prova: il suo trasferimento in Inghilterra era imminente e lo spostamento della cavalla in un altro Paese avrebbe potuto incorrere in ostacoli proprio a causa della positività (cfr. Art. 4, comma 5, lettera a) della Direttiva 90/426/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990); a ciò si aggiungeva l’irragionevole pressione dei clienti del maneggio, intimoriti per la salute dei propri cavalli.

Fortunatamente, la sua storia ha avuto un lieto fine: grazie alla tenacia della sua proprietaria Anne e all’impegno profuso dalle associazioni, anche Ginevra, come Spirit, ha trovato rifugio nel centro di Italian Horse Protection (IHP) tra le verdi colline della Toscana.

L’Anemia Infettiva Equina oggi: la speranza di un nuovo approccio

Sebbene i casi citati abbiano avuto un epilogo positivo, molti sono gli equidi ancora oggi soggetti a un isolamento perpetuo e radicale, fino all’abbattimento in extrema ratio. Le associazioni chiedono per questo una riconsiderazione delle misure attualmente previste per il contenimento e la prevenzione del virus, insieme al costante monitoraggio del reale stato di diffusione dell’AIE nel nostro Pese e in Europa.

Recentemente il Ministero della Salute ha emanato nuove linee guida per la gestione dell’AIE, assumendo una prospettiva risk based fortemente settorizzata. Le nuove note tecnico-operative, riprendendo gli ultimi aggiornamenti al Piano nazionale per la sorveglianza ed il controllo dell’AIE, individuano specifici settori a rischio elevato e introducono un sensibile aggiornamento del sistema diagnostico.

Risulta evidente come sia ancora del tutto assente una rivalutazione sostanziale delle strategie di approccio ai casi di positività. Le storie di Spirit, Ginevra e degli altri ospiti del rifugio IHP dimostrano che la mera positività al test di Coggins non impedisce ai cavalli di condurre una vita ordinaria e conforme alla propria biologia comportamentale. Ciò che ci auspichiamo è dunque l’instaurarsi di un rinnovato dialogo tra il Legislatore e le associazioni, funzionale all’assorbimento di orientamenti scientifici, sanitari ed etologici oramai consolidati, per favorire un trattamento migliorativo dei soggetti coinvolti e incentivarne l’inserimento in contesti sociali appropriati.

Non perdiamoci di vista!

Iscriviti alla newsletter per ricevere aggiornamenti direttamente via email: comodo, no?

Abilita JavaScript nel browser per completare questo modulo.
Consenso privacy
Potrai cancellarti in qualsiasi momento. Leggi l'informativa.

Dona il tuo 5x1000 ad ALI

Insieme possiamo cambiare il futuro degli animali