Thomas Lipke / Unsplash

Maestri del cambio casa: alla scoperta del misterioso mondo dei paguri e delle loro abitazioni nomadi

I crostacei decapodi sono esseri complessi, con elaborate strutture sociali, dei quali conosciamo ancora pochissimo.
Arianna Di Bono

Arianna Di Bono

Laureata in <i>EU Trade and Climate Diplomacy</i>, è appassionata di sostenibilità e diritti degli animali. Attualmente collabora con L'Istituto Analisi Relazioni Internazionali in qualità di analista, occupandosi di temi connessi alla sostenibilità con un focus sulle attuali normative europee.

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Passeggiando sulla spiaggia o in riva al mare sarà capitato a tutti di imbattersi almeno una volta in un paguro. Sebbene comuni in numerosi paesi, questi piccoli crostacei decapodi (vale a dire caratterizzati dalla presenza di dieci zampe) sono ancora poco studiati e le nostre conoscenze sul loro comportamento, abitudini e abilità sono ancora estremamente scarse. Ad essere scarse, purtroppo, sono anche le tutele legali offerte ai crostacei decapodi, di cui fanno parte anche granchi, gamberi, astici e aragoste. Ciò li rende quindi spesso soggetti a condizioni e pratiche lesive e/o non compatibili con la loro natura, come mutilazioni, detenzione in spazi non idonei e uccisione per bollitura. 

Chi sono i paguri? 

Le numerose specie di paguri si dividono in paguri di mare e paguri terrestri, per un totale di più di 800 specie diverse diffuse in tutto il mondo. Indicati in inglese con il termine di “hermit crabs” (granchi eremiti), i paguri sono tuttavia creature estremamente socievoli. Sono infatti soliti vivere nelle vicinanze dei propri simili, formando gruppi che possono superare anche i cento esemplari, ed è comune osservarli condividere lo stesso pasto. L’alimentazione dei paguri è onnivora ed è composta principalmente da alghe, piccoli molluschi e carcasse. A queste sue abitudini alimentari ben poco schizzinose è dovuta la sua etichetta di “animale spazzino”. 

A essere peculiari sono senz’altro le sue caratteristiche fisiche. Il paguro è dotato di due chele spesso non simmetriche e si differenzia dagli altri crostacei decapodi per avere un addome molle, sprovvisto di un carapace a protezione degli organi interni. Ciò lascia i piccoli paguri oggetto di facili attacchi da parte dei predatori. Per far fronte a ciò, dopo pochi mesi di vita i piccoli vanno alla ricerca di un guscio esterno al quale si fisseranno usando la parte inferiore dell’addome.

Nella scelta del guscio i paguri non prendono in considerazione solo la propria grandezza, ma anche le caratteristiche dell’ambiente in cui vivono. Per questo motivo, i gusci possono avere forme diverse ed essere costituiti da oggetti diversi. Oltre alle conchiglie, i paguri possono scegliere anche gusci di anellidi o oggetti antropici (tappi, lampadine, barattoli). Per mimetizzarsi e ripararsi dai predatori, i paguri sono poi soliti far crescere dei poriferi (spugne) sul loro guscio o posizionarvici degli anemoni. Anche se i poriferi sono usati anche da alcuni granchi, l’impiego di anemoni è un comportamento riscontrato solo nei paguri. Tra i due si instaura inoltre un rapporto simbiotico: l’anemone garantisce infatti protezione al paguro tramite le sue appendici urticanti, mentre il paguro trasporta l’anemone permettendole di nutrirsi delle rimanenze del suo cibo.

Per adattare il guscio alle proprie esigenze, alcuni paguri arrivano anche a modificarne la struttura. Al fine di alleggerirne il peso e poter quindi spostarsi più rapidamente, i paguri di mare rimodellano il proprio guscio scavandone la parte interna. Oltre a facilitare gli spostamenti, questa tecnica consente ai paguri di avere maggiore spazio all’interno del guscio, permettendogli di aumentare le riserve d’acqua (necessarie per proteggere il crostaceo dalle ondate di calore) e riducendo i cambi di guscio. È interessante notare come i paguri di terra non condividano questa abitudine con quelli di mare. La spiegazione è da ricercare nei diversi habitat in cui vivono. In mare, i paguri devono far fronte a un numero maggiore di predatori, per cui alleggerire il guscio andrebbe a discapito della sua solidità e resistenza, rendendo i crostacei vulnerabili agli attacchi. 

La “coda d’attesa” dei paguri 

Nel 2010, i biologi Sara Lewis e Randi Rotjan della Tufts University hanno condotto uno studio finalizzato a far luce sui criteri presi in considerazione dai paguri nella scelta del guscio. Nel corso dello studio, i due ricercatori hanno collocato 20 conchiglie sul fondale. È stato osservato che nel momento in cui un paguro trovava le conchiglie e nessuna era adatta, anziché andare via, questo rimaneva immobile in attesa. Dopo un arco di tempo che poteva variare dai 15 minuti fino alle 8 ore, sul posto iniziavano ad arrivare altri paguri che si disponevano in una fila ordinata per dimensioni (dal più grande al più piccolo esemplare). Una volta che la “coda d’attesa” era completa, i paguri iniziavano uno scambio sequenziale delle conchiglie fino a che tutte avevano trovato un nuovo inquilino. Anche se il nascere di controversie per accaparrarsi le conchiglie migliori non accadeva solo di rado, questo studio ha dimostrato per la prima volta l’importanza delle abilità di relazioni sociali di questi animali. La creazione della “coda d’attesa” consente infatti ai paguri di incrementare le possibilità di trovare un guscio adatto.

Come i paguri riescano a chiamare i propri simili e ad avvisarli della presenza di conchiglie rimane ancora un mistero. Lewis ritiene che i paguri siano dotati di un’intelligenza al di sopra della media degli altri crostacei e potrebbero essere in grado di inviare dei segnali chimici agli altri paguri. Sebbene non comprovata, questa stessa ipotesi è stata formulata in caso di decesso di un paguro. Alla morte di un paguro, dopo un certo arco di tempo, ne arrivano altri che iniziano a provare il guscio del paguro deceduto. È stato dunque ipotizzato che alla morte i paguri inviino un segnale agli altri simili avvisandoli della disponibilità del proprio guscio. 

Paguri: esseri senzienti

Nel 2009, la rivista Animal Behaviour ha pubblicato uno studio condotto dai ricercatori Bob Elwood e Mirjam Appel della Queen’s University, incentrato sulla capacità dei paguri di provare dolore. Per scoprirlo, i ricercatori hanno sottoposto i paguri a delle scosse elettriche. Al seguito dello shock, i paguri uscivano dal guscio. Questo comportamento di per sé non è stato sufficiente per confermare la natura senziente dei paguri, dal momento che si sarebbe potuto trattare di un riflesso involontario. 

I ricercatori hanno quindi trasmesso scosse elettriche a paguri con gusci intatti e idonei alla loro taglia. È stato notato come questi, al seguito dello shock, fossero meno propensi a uscire dal guscio, rispetto a paguri con gusci danneggiati o poco adatti. La ricerca è proseguita poi aggiungendo allo shock elettrico anche l’odore di un predatore. In presenza di questa traccia olfattiva, i paguri si sono dimostrati molto meno inclini ad abbandonare il proprio guscio. 

Queste diverse reazioni dimostrano come il comportamento dei paguri non sia riflesso; bensì, come affermato nello studio, questo comportamento appare come frutto di un’attenta «valutazione e compromesso tra la necessità di una conchiglia di qualità e quella di evitare uno stimolo pericoloso», valutazione che, aggiungono gli autori, «si ritrova in forma più evoluta nei vertebrati, nei quali la risposta al dolore è controllata in funzione di altri parametri».

Conclusioni 

Da questo breve excursus è evidente come i crostacei decapodi siano esseri complessi con elaborate strutture sociali. Eppure, di queste creature così affascinanti conosciamo ancora pochissimo. Ad esempio, delle oltre mille specie di paguri, alcune, come i paguri degli abissi, non sono quasi per nulla state oggetto di ricerca. Tra l’altro, non è ancora stato appurato se i paguri in origine presentassero un corpo dotato di carapace, e lo abbiano poi perso con il processo evolutivo, o se discendano da un progenitore che ne era privo. Ciò che è certo è che i crostacei decapodi, in virtù della loro capacità di provare dolore, dovrebbero essere considerati animali a tutti gli effetti, non oggetti. 

L’impegno di ALI per la tutela dei crostacei decapodi

Con poche eccezioni, le norme a tutela dei crostacei decapodi sono del tutto assenti su scala globale. Ad esempio, in Italia, sebbene siano presenti dei Regolamenti Comunali, non esiste alcuna disposizione a livello nazionale che salvaguardi i crostacei decapodi e stabilisca dei criteri minimi a garanzia del loro benessere. Lo stesso può dirsi per l’Unione Europea. Dotata di uno dei sistemi giuridici più avanzati in materia di protezione animale nella filiera alimentare, l’UE non garantisce però alcuna tutela ai crostacei decapodi. Questo perché, secondo i regolamenti e le disposizioni comunitarie, le uniche creature acquatiche che rientrano nella definizione di “animali” sono i pesci, per i quali comunque è previsto un quadro legale che tuttavia predispone tutele insufficienti e inefficaci. Non essendo considerati animali, per i crostacei decapodi non è pertanto prevista nessuna norma volta a minimizzare la loro sofferenza in fase di cattura, trasporto, detenzione e abbattimento.

Eppure, è stato scientificamente provato che i crostacei decapodi sono dotati di un sistema nervoso centrale e che sono capaci di provare sensazioni quali fame, sete, piacere e dolore. Numerosi studi hanno infatti appurato la capacità di questi animali di percepire gli stimoli nocivi in modo senziente, vale a dire adottando dei comportamenti sia riflessivi che non riflessivi in risposta allo stimolo. Ad esempio, uno studio condotto nel 2014 da ricercatori dell’Università di Bordeaux ha dimostrato che, quando sottoposti a scosse elettriche, i gamberi mostravano segni di ansia e si rifugiano in zone poco illuminate. Questo comportamento però scompariva se veniva somministrato un ansiolitico, dimostrando che si trattasse di una reazione cosciente. 

Tra i documenti più recenti spicca il report “Review of the Evidence of Sentience in Cephalopod Molluscs and Decapod Crustaceans”, condotto dalla London School of Economics and Political Science e pubblicato nel novembre 2021. Dopo aver esaminato oltre 300 studi, il report non solo conferma la natura senziente di questi animali, ma raccomanda anche la loro inclusione in tutte le future disposizioni relative al benessere animale. La Stessa Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), nel 2005 riconobbe i crostacei decapodi come esseri dal comportamento complesso, dotati di un certo livello di consapevolezza, capaci di sentire dolore e dunque meritevoli di protezione. Alla luce delle numerose evidenze scientifiche, è chiaro che i crostacei decapodi dovrebbero essere inclusi nella definizione di “animale”, con l’introduzione di adeguate misure a tutela del loro benessere. A tal fine, ALI ha lanciato la campagna Dalla Parte Dei Crostacei con l’obiettivo di: 

  1. Promuovere la revisione delle norme attualmente in vigore affinché esse riconoscano i crostacei decapodi come esseri senzienti. 
  2. Incentivare l’adozione di linee guida vincolanti da applicare nelle fasi di cattura, trasporto e uccisione di questi animali volte a minimizzare la loro sofferenza.
  3. Garantire un’applicazione efficace e uniforme delle norme. 

ALI sta portando avanti attività di ricerca, divulgazione e advocacy con la collaborazione di diversi stakeholder (tra cui ricercatori, produttori, rivenditori di prodotti ittici e ristoranti), volte a sensibilizzare l’opinione pubblica in materia di crostacei decapodi e a divulgare le numerose prove scientifiche circa il loro essere senzienti. 

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