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Alessia Colaianni

Alessia Colaianni

Giornalista e divulgatrice scientifica, già responsabile comunicazione di ALI (ottobre 2022 - dicembre 2023).

I maiali come risolvono i conflitti?

Uno studio dell’Università di Torino approfondisce un aspetto della conoscenza etologica di questi animali dalle elevate capacità cognitive.

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Quante volte vi sarà capitato di assistere a un litigio? Nella migliore delle ipotesi i due contendenti saranno riusciti a trovare un accordo mentre, in altri casi, una terza persona si sarà interposta tra i litiganti per dirimere la controversia. Situazioni simili sono state osservate tra i maiali. Sono l’oggetto di studio di una ricerca recentemente pubblicata sulla rivista scientifica Animal Cognition e condotta da un team di scienziati italiani dell’Università di Torino.

Strategie per appianare una lite

I maiali (Sus scrofa), come gli umani e alcune specie di primati non umani, riescono a gestire i conflitti in maniera complessa e articolata. Questo si evince dalle osservazioni dei ricercatori che hanno coinvolto 104 suini ospitati nell’allevamento etico “Parva Domus”, a Cavagnolo (Torino). Qui gli animali hanno a disposizione più di una decina di ettari di area boschiva dove possono muoversi liberamente, esprimere i comportamenti tipici della propria specie e seguire il loro naturale ciclo giorno/notte.
Negli animali sociali, in numerose specie, si possono individuare due strategie di comportamento dopo un conflitto: la riconciliazione e l’intervento di un terzo soggetto.
Nella riconciliazione aggressore e vittima si ricongiungono da soli; possiamo avere invece due situazioni in cui un terzo soggetto interviene: nel primo caso viene coinvolto dall’aggressore o dalla vittima, nel secondo interviene spontaneamente, dirigendosi verso uno dei litiganti. Questi comportamenti fanno parte anche del repertorio dei maiali, animali che vivono in gruppo?

Quali comportamenti sono stati osservati nei maiali?

Gli scienziati hanno monitorato il comportamento degli animali nei 3 minuti successivi a un’interazione aggressiva, come colpi in testa, spinte, morsi e sollevamento della vittima, annotando genere, parentela ed età degli individui coinvolti.
Negli episodi di riconciliazione, aggressore e vittima hanno mostrato comportamenti come il contatto naso a naso e il contatto fisico sedendosi uno accanto all’altro o poggiando la propria testa sull’altro. Sia vittima che aggressore hanno avviato comportamenti di questo tipo e la percentuale di riconciliazioni è stata più alta tra individui imparentati alla lontana rispetto a quelli con legami di parentela più stretti.
Il motivo di questa prevalenza potrebbe essere una valutazione sociale: i rapporti tra parenti sono più sicuri e riappacificarsi con un individuo con legami meno stretti probabilmente è un modo per assicurarsi supporto sociale e accesso al cibo all’interno del gruppo.
L’intervento spontaneo di un terzo individuo, invece, si è dimostrato utile nel diminuire i comportamenti legati a stati d’ansia (tremare, grattarsi, masticare con la bocca vuota e sbadigliare), nel caso in cui è stato rivolto alla vittima, e in una riduzione del numero degli attacchi da parte dell’aggressore se indirizzato verso quest’ultimo. Questa strategia è stata rilevata tra individui più strettamente imparentati e, secondo gli autori, questo indicherebbe appunto una preferenza per i rapporti con i parenti.
L’intervento di un terzo soggetto sollecitato dalla vittima, invece, non ha esercitato effetti sull’ansia post-conflitto e sul numero di aggressioni successive.

Un primo passo per conoscere meglio i suini

Approfondire la conoscenza scientifica di un animale significa riuscire ad assicurargli una vita migliore, ma anche avvicinare il pubblico a un mondo affascinante e che — a volte — ha stupefacenti punti di contatto con il nostro, di animali umani. Questo studio è solo un primo passo verso la comprensione più approfondita di un aspetto dell’etologia dei maiali: non possiamo generalizzare i risultati ottenuti e applicarli all’intera specie poiché la ricerca è stata condotta solo con individui adulti, è stato possibile studiare solo il maiale domestico e non quello selvatico, il gruppo analizzato cambiava la propria composizione nel tempo (alcuni individui sono morti nel corso dell’indagine) e i maschi presenti erano castrati, quindi probabilmente meno aggressivi. Eppure da questa prima analisi emergono riflessioni importanti: ci potrebbe essere una convergenza evolutiva — in questo caso un comportamento simile verso determinati stimoli sociali da parte di specie diverse — tra umani e maiali. Le cause potrebbero essere legate alle elevate capacità cognitive e alla socialità del maiale domestico oppure a una risposta comportamentale e comunicativa simile del maiale rispetto agli umani connessa al processo di domesticazione, quindi alla nostra lunga convivenza e alla selezione artificiale operata dall’uomo.

Per ora possiamo solo affermare che ciò che inizia a intravedersi della vita sociale di Sus scrofa è sicuramente una motivazione in più per impegnarsi affinché il loro benessere sia sempre tutelato.

Non perdiamoci di vista!

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