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La scelta difficile dell’eutanasia in medicina veterinaria

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Annalisa Di Mauro

Consulente etico-filosofico, perfezionato in Bioetica, con specifica expertise in Veterinary Ethics e Animal Welfare Ethics. Docente di Bioetica Animale, svolge attività di formazione e consulenza.

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Grande interesse suscita un argomento così delicato come quello dell’eutanasia sugli animali, che tocca le corde più profonde dell’animo umano, sia che si tratti del proprietario dell’animale, sia che si tratti del professionista.

Il riconoscimento degli animali nella loro senzienza e il considerare gli animali da compagnia sempre più membri della famiglia fanno sì che la scelta di accompagnare alla morte il proprio animale domestico da un lato, e il proprio paziente dall’altro, sia caricata di un peso morale importante.

Se è abbastanza frequente soffermarsi sul punto di vista del compagno di vita dell’animale, spesso viene posto in secondo piano quello del medico veterinario, il quale deve, in qualche modo, svolgere in scienza e coscienza il proprio compito gestendo l’animale, il proprietario e anche la propria emotività. Già, proprio l’emotività: il medico veterinario è un essere umano e tale resta, nonostante gli anni di studio, l’esperienza, l’abitudine a dover quotidianamente confrontarsi con dubbi e scelte, propri e altrui.

Fortunatamente, in Italia non è consentita la cosiddetta “eutanasia di convenienza”, che consente al proprietario di “disfarsi” dell’animale senza una giustificazione plausibile legata alla sua condizione di salute; tuttavia, anche da noi non sono infrequenti i casi in cui il medico veterinario si trova dinanzi a richieste di soppressione che poco hanno a che vedere con un reale diritto al benessere e alla dignità dell’animale, ma che derivano da interessi umani, più o meno abilmente camuffati. Anche in questi casi, per il bene dell’animale, il medico veterinario dovrà trovare i giusti argomenti e suggerire la giusta strada per evitare di rendersi complice di un reato, ma soprattutto di un comportamento non giustificabile sul piano morale davanti agli altri e a se stessi.

Dall’altro lato, la sempre maggiore disponibilità di cure e le nuove tecnologie consentono di cogliere sul nascere o di affrontare con meno difficoltà le malattie croniche, consentendo una maggiore longevità. A quel punto, però, il dubbio che sorge è un altro: fino a che punto è lecito trattenere il proprio animale che, ormai, non ce la fa più? Quando ci si deve porre dei limiti, per garantire una vita dignitosa all’animale ed evitargli inutili sofferenze?

Se, attualmente, occupa spazio il dibattito sul fatto che la dignità di un essere umano passa anche attraverso la scelta, in determinate condizioni, di quando e come morire, gli animali domestici dipendono dalla volontà dell’umano che se ne occupa. Elementi tra gli altri che possono influire sulla scelta del proprietario sono ad esempio, oltre ovviamente alle condizioni di salute e alla disponibilità di cure e strumentazioni che possano in qualche modo far sperare in una ripresa del paziente, le condizioni economiche, la condivisione della scelta in famiglia, la disponibilità a fornire aiuto e supporto al “care giver” (mutuando un termine utilizzato in ambito umano, ovvero colui che si occupa dell’animale) da parte della rete amicale e delle associazioni.

L’alleanza terapeutica tra medico veterinario e proprietario consente di analizzare a fondo tutti gli elementi in discussione, cercare soluzioni e affrontare anche momenti di criticità. Il proprietario, conoscendo le abitudini, le preferenze, i segnali del proprio animale può comprendere, se consapevole e “presente” nel qui e ora, quale potrebbe essere la cosa migliore per l’animale; mentre il medico veterinario, grazie alla sua competenza, può essere ben in grado di spiegare e far comprendere al proprietario quali sono le reali condizioni dell’animale, i rischi e i possibili effetti collaterali delle terapie. Se da un lato è facile condannare la soppressione di un animale per motivi egoistici, diventa più difficile riconoscere in un proprietario, visceralmente legato al proprio animale, la forma di cecità che porta al rifiuto della realtà e al non vedere quanto il proprio amico gli sarebbe molto più grato se lo si sottraesse dalla sofferenza.

Per fare ciò, è necessario che il medico veterinario abbia non solo la competenza medica, ma anche quella etica e comunicativa, indispensabili ad accompagnare il proprietario nella scelta ed eventualmente ad affrontare il lutto. Solo l’alleanza tra il medico veterinario e il proprietario, nel segno del bene dell’animale, potrà aiutare a percorrere la strada più accettabile. Una strada che non sarà sicuramente quella ideale, una strada che nessuno avrebbe voluto, ma che può in quella specifica situazione può essere giustificata all’esterno e, soprattutto, a noi stessi.

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