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Cedu: l’inquinamento acustico e atmosferico lede il diritto alla vita privata

Con una recente sentenza, pubblicata il 14 ottobre 2021, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha ritenuto applicabile l’art. 8 della Convenzione EDU, che tutela il diritto al rispetto della vita privata e familiare e l’inviolabilità del domicilio, ad una vicenda di grave inquinamento acustico causato dalla realizzazione di un tratto stradale di deviazione del traffico, in occasione di alcuni lavori di ampliamento autostradale.

Elisabetta Montinaro

Dottoressa in giurisprudenza con una tesi in diritto dell'ambiente dal titolo “Il benessere animale come valore giuridico tra diritto nazionale e diritto euro-unitario”. Praticante avvocato presso uno studio di diritto amministrativo; da sempre sostenitrice della causa animalista e attiva presso associazioni di volontariato che operano sul territorio per la cura e il benessere dei cani e dei gatti. Crede fermamente nelle potenzialità del cambiamento individuale e dell'esempio virtuoso ed è convinta che il primo passo per cambiare il mondo sia cambiare sé stessi.

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Con una recente sentenza, pubblicata il 14 ottobre 2021, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha ritenuto applicabile l’art. 8 della CEDU1Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali che tutela il diritto al rispetto della vita privata e familiare e l’inviolabilità del domicilio, ad una vicenda di grave inquinamento acustico causato dalla realizzazione di un tratto stradale di deviazione del traffico, in occasione di alcuni lavori di ampliamento autostradale.

Nella specie era accaduto che alcuni cittadini polacchi, risiedenti in prossimità del tratto autostradale di nuova realizzazione, lamentassero il forte rumore causato dai veicoli, la produzione di fumi esausti e vibrazioni, i quali, oltre a causare danni materiali alle abitazioni, disturbavano in tutte le ore del giorno il sereno godimento della propria quiete domestica, impedendo loro persino di aprire le finestre.

Si erano pertanto rivolti al Giudice statale per far valere le proprie ragioni, producendo documentazione atta a provare le gravose conseguenze per la salute, non solo psicologica, ma anche fisica, causate dalla vicinanza alla linea stradale e dalle emissioni acustiche e atmosferiche.

In seguito al rigetto del ricorso da parte delle autorità nazionali, si erano dunque rivolti alla Corte EDU.

Il giudice comunitario, dopo aver puntualmente analizzato tutti i profili fattuali della vicenda in esame, ha accolto il ricorso, ritenendo applicabile l’art. 8 della Convenzione.

Tale disposizione tutela il diritto alla vita privata e familiare, al domicilio ed alla corrispondenza, prevedendo altresì un divieto di ingerenza non necessaria dell’autorità pubblica nell’esercizio di tali diritti, ed è stato oggetto di svariate pronunce negli ultimi anni in materia di abusivismo edilizio.

Fu, difatti, la nota sentenza “Ivanova” del 21 aprile 2016, in materia di abuso edilizio commesso da due cittadini bulgari, ad aprire la strada all’esigenza di effettuare un necessario bilanciamento tra l’interesse pubblico sotteso alla repressione degli abusi e la tutela della vita privata e familiare, laddove il fabbricato illegittimamente realizzato costituisse, come era nel caso di specie, casa di abitazione unica dei responsabili dell’abuso.

Tale importante arresto della Corte è stato poi seguito da svariate pronunce dei giudici nazionali, che hanno contribuito a valorizzare ulteriormente il diritto all’abitazione sancito dall’art. 8.

Tornando alla vicenda in esame, la Corte ha ritenuto che, sebbene l’art. 8 non sia esplicitamente riferito alle ipotesi di inquinamento e la Convenzione non riconosca esplicitamente il diritto ad un ambiente sano e tranquillo, gli effetti negativi dell’inquinamento causato dal traffico presente lungo il tratto di deviazione
autostradale e dunque il rumore forte, le vibrazioni e lo smog, raggiungono quel minimo necessario per rendere gli interessi dei ricorrenti in linea con lo scopo dell’art. 8 della Convenzione, tenendo conto dell’intensità, della durata e degli effetti psicologici e fisici causati dalla vicinanza alla deviazione autostradale.

Ci si domanda, a questo punto, se i principi espressi dalla Corte con riferimento alla lesione del diritto alla vita privata causata dall’inquinamento ambientale (acustico e atmosferico) possano essere applicati anche con riferimento alle emissioni inquinanti prodotte dagli allevamenti intensivi.

L’impatto ambientale degli allevamenti è più spesso analizzato dal punto di vista dei macro-effetti, ovvero degli effetti che esercita sull’ambiente globale, occupando, come ormai noto, un ruolo di primo piano tra le cause del cambiamento climatico.

Ma volendo adottare una prospettiva più circoscritta geograficamente, è agevole rilevare che la presenza di stabilimenti industriali intensivi esplica effetti dannosi anche sulla porzione di ambiente immediatamente circostante agli stessi, con evidente pregiudizio per coloro che risiedono in quelle aree.

Numerosi studi hanno analizzato i danni alla salute causati della vicinanza agli allevamenti intensivi, evidenziando disturbi respiratori, effetti tossici, problemi della funzione polmonare, malattie infettive, infiammazioni croniche respiratorie ed asma. All’inquinamento dell’aria si aggiungono poi le emissioni acustiche provenienti dagli allevamenti, i quali, ricordiamo, sono luoghi nei quali gli animali sono costretti a vivere in spazi ridottissimi e sottoposti a condizioni di stress molto elevate.

La norma che detta la disciplina urbanistica degli allevamenti, art. 216 del Regio Decreto 1265/1934, pur contenendo un’indicazione di principio per cui le lavorazioni insalubri di prima classe, tra le quali sono ricompresi gli allevamenti intensivi, devono essere isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni, consente, al comma 5, che una lavorazione insalubre venga esercitata in un contesto abitato, ove l’industriale provi che, attraverso l’introduzione di nuovi metodi o speciali cautele, il relativo esercizio non provochi nocumento al vicinato.

In tal senso, una recente sentenza del Tar di Brescia ha precisato che la previsione per cui lavorazioni insalubri devono essere isolate nelle campagne “non implica che le zone agricole, o comunque inedificabili, attorno agli allevamenti debbano rimanere tali.

La pianificazione urbanistica può sempre espandere l’abitato verso le aree libere. Sono poi le singole costruzioni a subire le limitazioni causate dagli allevamenti preesistenti, con esiti che richiedono una valutazione caso per caso” (Tar Brescia, sez. II, n. 403 del 03.05.2021).

Nessun limite inderogabile è dunque concretamente previsto per l’edificazione delle zone limitrofe agli allevamenti, il cui progressivo incremento può esplicare un’incidenza sempre maggiore sulla qualità della vita dei residenti.

L’auspicio, in tal senso, è che la sentenza CEDU del 14 ottobre possa fungere da apripista per la valorizzazione del diritto al sereno godimento della vita privata e familiare anche nelle frequenti ipotesi di inquinamento acustico e atmosferico causato dal sistema intensivo di allevamento degli animali, che tanto è nocivo per gli animali, quanto per la salute dell’uomo, ad ennesima conferma del fatto che, aderendo ad una sempre più condivisa prospettiva di one health, ciò che danneggia qualsiasi componente biotica o abiotica del pianeta, finisce inevitabilmente per danneggiare anche le altre, sebbene gli effetti non siano sempre tangibili ed immediati.

Note

  • 1
    Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali

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