Agrifish: gli Stati membri chiedono un’Europa senza pellicce. L’Italia rimane in silenzio

Nel Consiglio Agricoltura e pesca di oggi, 26 giugno 2023, una delegazione di Stati membri ha chiesto il divieto di allevamento di animali da pelliccia e di vendita di prodotti in pelliccia.

Pubblicato il 26/06/2023

La maggioranza degli Stati membri ha chiesto alla Commissione europea, durante l’Agrifish tenutosi oggi, 26 giugno 2023, di vietare l’allevamento di animali da pelliccia e di esaminare la possibilità di vietare l’immissione di prodotti in pelliccia nel mercato europeo, sostenendo l’ICE Fur Free Europe presentata di recente.

Gli Stati membri che hanno chiesto un’Europa senza pellicce all’Agrifish

Durante il Consiglio Agricoltura e pesca (Agrifish) le delegazioni austriaca, tedesca e olandese hanno presentato una nota informativa, appoggiate dalle delegazioni belga, cipriota, ceca, estone, lituana, lussemburghese e slovacca. Hanno chiesto insieme il divieto di allevamento di animali da pelliccia e di esaminare la possibilità di introdurre un divieto di vendita e commercializzazione in prodotti di pelliccia. Le delegazioni hanno ricevuto il sostegno di Irlanda, Ungheria, Bulgaria, Lettonia, Slovenia, Malta e Croazia nel corso dell’incontro.
All’appello manca l’Italia, con un imbarazzante silenzio considerata la partecipazione delle sue cittadine e dei suoi cittadini all’ICE Fur Free Europe con 83.164 firme convalidate.

È la seconda volta che il Consiglio esprime il suo favore per il divieto definitivo di allevamento di animali da pelliccia. Già nel 2021, i firmatari di un’altra nota informativa hanno invitato la Commissione europea ad agire per raggiungere questo obiettivo in Europa, sulla base del benessere degli animali, dell’etica e dei rischi per la salute di esseri umani e animali. La nuova richiesta è giunta subito dopo la presentazione formale proprio dell’ICE Fur Free Europe che ha raccolto più di 1,5 milioni di firme convalidate in meno di 10 mesi.

Perché sono urgenti il divieto di allevamento di animali da pelliccia e di commercializzazione di prodotti in pelliccia

Sono 19 gli Stati membri che hanno già vietato del tutto (tra cui l’Italia), in parte o hanno regolamentato in maniera rigorosa l’allevamento di animali da pelliccia, in alcuni casi con un’eliminazione graduale. Tuttavia, la mancanza di armonizzazione dei divieti nell’Unione europea rende meno efficaci queste misure: l’allevamento di animali da pelliccia può essere “esternalizzato” con allevamenti dislocati in altri Stati membri. Qui in Italia diremmo, purtroppo, «fatta la legge, scoperto l’inganno». La Repubblica Ceca e la Bulgaria hanno sottolineato questo rischio durante la partecipazione al Consiglio.
Inoltre, è importante non solo vietare l’allevamento di pellicce, ma anche l’immissione sul mercato europeo di prodotti in pelliccia, per garantire che la pelliccia prodotta in paesi terzi, in condizioni molto lontane dal benessere degli animali, non venga venduta all’interno dell’Unione europea.

La Commissione europea deve mantenere il suo impegno

Gli Stati membri hanno invitato la Commissione europea a mantenere il suo impegno a prestare «piena attenzione al benessere degli animali», in linea con l’articolo 13 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE). La nota fa anche riferimento alla promessa della Commissione europea di porre fine ai sistemi di allevamento in gabbia per altri animali e a come il mantenimento degli allevamenti di animali da pelliccia — che utilizzano queste pratiche — sarebbe incoerente. Hanno sottolineato, inoltre, che il benessere degli animali selvatici è assolutamente incompatibile con allevamenti per la produzione di pelliccia.

Numerosi scienziati hanno anche domandato alla Commissione europea di porre fine a tali pratiche, affermando che il pericolo per gli esseri umani e le terribili sofferenze per gli animali richiedono un’azione urgente e proporzionata.

«Il sostegno a Fur Free Europe è ancora una volta a tutto campo: cittadini, scienziati e Stati membri si sono espressi contro questa pratica crudele e inutile. Con il costante calo della produzione di pellicce dall’ultimo decennio, seguito da un forte decremento dovuto alla pandemia di Covid-19, l’industria delle pellicce ha avuto un basso impatto sull’economia dell’UE, e quindi un argomento economico non regge. Non c’è modo che la CE possa ignorare tali chiari appelli, ora è il momento di trasformarli in azioni e includere i divieti nel nuovo regolamento sugli animali allevati», commenta Reineke Hameleers, CEO di Eurogroup for Animals.

Daria Vitale, la Responsabile Animali allevati di Animal Law Italia, dichiara: «Il mancato supporto da parte dell’Italia stupisce molto. Sul territorio nazionale il divieto di allevamento di animali destinati alla produzione di pellicce è già realtà e oggi il nostro Paese ha perso l’occasione di unirsi a quelli più avanzati in un cambiamento fortemente voluto da cittadine e cittadini europei e supportato dall’industria della moda, da anni impegnata in una transizione che coinvolge un numero sempre maggiore di brand italiani. Una scelta poco coraggiosa, che disattende le aspettative della cittadinanza e che si pone in contrasto con il divieto di allevamento introdotto a livello nazionale, soprattutto a fronte dell’ingresso della tutela degli animali all’interno della nostra Carta costituzionale».

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