Per il mondo dell’alta moda il mese di settembre rappresenta una tappa molto importante. È in questo periodo infatti che prende vita la settimana della moda, un evento che consente a stilisti e case di moda di presentare le ultime creazioni al pubblico, permettendo agli addetti del settore e non di realizzare quali siano le ultime tendenze. Le settimane della moda più rilevanti sono quattro: Parigi, Milano, New York e Londra, proprio per questo motivo definite “Capitali della moda”. In generale, nell’arco di un anno, si svolgono due settimane della moda: una tra gennaio e febbraio per presentare le collezioni autunno/ inverno, l’altra tra settembre e ottobre per presentare le collezioni primavera/estate. Risulta di particolare importanza quest’anno parlare della settimana della moda perché quella di settembre si inserisce in un contesto storico politico che porta con sé un’aria di cambiamento relativamente all’uso delle pellicce. Se infatti moda e pellicce sono state fortemente legate per numerosi secoli, oggi la situazione è totalmente cambiata.
È possibile ripercorre la storia che ha tenuto unite pellicce e moda alla ricerca dei primi segnali di rottura partendo dagli anni ‘80: in questo periodo, le pellicce rappresentavano un vero e proprio status symbol, un capo d’abbigliamento che non si poteva non avere. Tuttavia, questo decennio è segnato anche dalla nascita di Peta (People for the ethical treatment of animals) che da il via libera all’insorgere di proteste fuori dai locali in cui si svolgevano le sfilate, dal lancio di finto sangue agli stilisti per arrivare all’ingaggio di personaggi famosi che vengono fatti posare nudi con lo slogan “I’d rather go naked than wear fur”. Inoltre, nel 1984 Greenpeace collabora con Lynx, organizzazione animalista che promuove lo slogan “It takes up to 40 dumb animals to make a fur coat but only one to wear it” (il termine “dumb” può significare sia “senza voce” sia “stupido”). Agli inizi del nuovo millennio, tuttavia, si assiste ad un nuovo incremento della vendita di pellicce che tenderà ad arrestarsi solo con il passare degli anni.
Negli ultimi decenni, infatti, la consapevolezza delle modalità di produzione delle pellicce e un’opinione pubblica sempre più consapevole e apertamente contraria ha spinto numerose case di moda a prendere le distanze dalla crudele e assolutamente non sostenibile pratica di produzione e vendita delle pellicce.
Stella McCartney, il cui impegno nei confronti dei diritti degli animali non è mai stato nascosto e che ha lanciato la campagna “Meat free mondays”, è stata tra le prime stiliste in assoluto a schierarsi contro l’utilizzo delle pellicce. La stilista afferma, a proposito di chi si ostina ad indossare il prodotto delle torture e dell’uccisione di animali: «L’uso delle pellicce è uno degli aspetti peggiori della moda […]. Come può qualcuno pensare di andare in giro con addosso un feto come nel caso dell’Astrakan (si tratta di pellicce realizzate con feti di pecora, uccise 15/30 giorni prima della nascita naturale)? Chi può aver concepito una tale aberrazione? È scioccante e grottesco e non c’è nulla di giusto, non riesco a trovare una buona ragione per indossare una pelliccia».
Tra gli stilisti italiani, Armani ha fatto da apripista abolendo l’utilizzo delle pellicce in tutte le collezioni del gruppo dalla stagione 2016/2017. Alla base della decisione dello stilista risiede il progresso tecnologico, che rende ormai inutile e obsoleto il ricorso a pratiche crudeli ed è per la medesima ragione che a partire dall’anno 2022/2023 Armani ha eliminato anche la lana d’Angora dalle sue collezioni. Per le stesse motivazioni anche Prada, a partire dal 2020, ha deciso di interrompere l’utilizzo delle pellicce animali per promuovere una moda più etica e sostenibile.
La maison fiorentina Gucci ha intrapreso questo percorso nel 2018, anno in cui il CEO Marco Bizzarri ha definito le pellicce “fuori moda” sostenendo che esistono metodi alternativi per consentire alla creatività di venir fuori.
Si unisce alla lunga lista anche Versace a partire dal 2019. Donatella Versace, infatti, a proposito di pellicce ha dichiarato: «Pelliccia? Ne ho abbastanza. Non voglio uccidere animali per fare moda».
Dolce & Gabbana, poi, supportati da Human Society of Usa e Human Society International, hanno detto addio alle pellicce in tutte le collezioni a partire dal 2022. Di particolare rilevanza è stata la volontà dei due stilisti di preservare “il lavoro e la professionalità dei maestri pellicciai”, continuando a collaborare con loro per la realizzazione di capi faux fur. I due stilisti sono quindi un simbolo di innovazione, al passo con i tempi, i quali hanno deciso sì di abbandonare una pratica tanto crudele ma allo stesso tempo hanno stabilito di accompagnare i pellicciai in un percorso di transizione volto verso lo svolgimento di attività più sostenibili e prive di sofferenza animale.
Nello stesso anno di Dolce & Gabbana anche Valentino è diventato fur free, con la conseguente chiusura dell’azienda di pellicce Valentino Polar a fine 2021. La lista delle case di moda che finalmente non producono più pellicce tende sempre di più ad allungarsi, infatti alle case di moda sopra citate si vanno ad aggiungere Michael Kors, Chanel, Elisabetta Franchi, Ralph Lauren, Furla, Hugo Boss, Alexander McQueen, Balenciaga e numerose altre.
Nonostante la moda sia sempre più fur free e nonostante il fatto che aziende che fondavano una buona percentuale del proprio profitto sulla vendita di pellicce abbiano deciso comunque di abbandonare questa inutile e crudele pratica, resta fortemente necessario firmare la petizione Fur Free Europe lanciata dai cittadini europei affinché produzione e commercializzazione di pellicce vedano una fine in europa. Se l’impegno assunto dalle case di moda risulta rilevante al fine di incentivare una transizione nelle produzioni di alta moda è assolutamente imprescindibile valutare la necessità di regolamentare questo mercato crudele e insostenibile.
Le sofferenze inferte agli animali e la crisi climatica impongono una risposta più veloce e generalizzata: per questa ragione è necessario l’intervento della Commissione Europea per vietare in tutta l’Unione Europea la detenzione e l’abbattimento di animali allo scopo esclusivo o principale di produrre pellicce e vietare l’immissione nel mercato dell’Unione di pellicce da allevamento e di prodotti che possano contenerle.