Dopo che è stato reso noto il provvedimento della ASL Roma 1 che impone l’abbattimento immediato dei circa 140 tra suidi (suini e cinghiali) ospitati dalla struttura — un rifugio per animali non destinati alla produzione alimentare — nella zona nord della capitale, tramite i social è sorta una mobilitazione spontanea senza precedenti che ha portato a un presidio permanente in loco.
Nonostante la fortissima partecipazione emotiva del pubblico sia del tutto evidente, il Commissario straordinario per la peste suina Dr. Angelo Ferrari e il Direttore della DGSAF del Ministero della Salute, Dr. Pierdavide Lecchini, hanno offerto risposte puramente burocratiche, ribadendo la correttezza delle valutazioni della ASL: il provvedimento apparirebbe corretto in quanto motivato con ampi e puntuali richiami alle norme, inoltre la situazione della Sfattoria non consentirebbe l’applicazione di eccezioni, in mancanza dei requisiti essenziali di biosicurezza e in considerazione della presenza di altre irregolarità. Le autorità non riescono quindi a concepire una soluzione differente che risparmi la vita di questi animali, la cui unica sfortuna è di trovarsi in una zona infetta da PSA, sebbene siano perfettamente sani.
Pur prendendo atto che dalla lettura del provvedimento della ASL emerge un quadro complesso e la presenza di criticità nella gestione, crediamo che la sorte degli animali sia tutt’altro che segnata, anche grazie alla incredibile mobilitazione dal basso che questa vicenda ha suscitato. In attesa della pronuncia del TAR sul ricorso dei difensori della Sfattoria, auspichiamo che si possa instaurare un dialogo tra l’autorità amministrativa – alla quale la legge consente l’esercizio di un margine discrezionale – e gli attuali gestori, con il supporto delle associazioni che sono intervenute ad adiuvandum nel ricorso amministrativo. Invitiamo anche la politica locale e nazionale a non ignorare questa vicenda, scegliendo di assumersi l’impegno di facilitare una soluzione in linea con le richieste dei cittadini.
«Nello sviluppo della vicenda occorrerà tenere conto che questi animali sono esclusi a priori dalle logiche della produzione ed equiparabili in tutto e per tutto alle specie d’affezione – dichiara l’avv. Alessandro Ricciuti, presidente di Animal Law Italia – La Sfattoria è una realtà affine ai santuari o rifugi per animali non destinati alla produzione alimentare, rispetto ai quali condivide molte delle caratteristiche di base, per questo motivo agli animali che vi sono ospitati non possono applicarsi le stesse regole che valgono per gli allevamenti».
ALI chiede che si lavori serenamente e seriamente per trovare una soluzione alternativa di buon senso, evitando la soppressione degli animali, del tutto inutile sul piano dei motivi sanitari che la giustificherebbero. Una possibile strada potrebbe essere l’implementazione urgente di adeguate misure di biosicurezza e la correzione di scelte gestionali ingenue o errate, eventualmente con il supporto e sotto la guida di altri rifugi per animali salvati. In alternativa, si potrebbe valutare di procedere allo spostamento degli animali in altre strutture all’esterno della zona rossa, previ esami diagnostici e quarantena all’arrivo. In ogni caso, andrebbe assunto da parte dell’attuale gestione l’impegno immediato alla separazione tra maschi e femmine e alla successiva castrazione prima dell’immissione in gruppo.
Siamo certi che si possa lavorare in direzione del superamento di questi ostacoli puramente burocratici e risparmiare la vita degli animali. Lanciamo quindi un appello al senso di responsabilità di tutti i soggetti coinvolti, invitandoli a ricercare attivamente la definizione di una soluzione comune, che consenta di evitare la soppressione di animali sani, che nel 2022 verrebbe percepita come una inutile e tremenda ingiustizia. I tempi sono cambiati ed è oramai non più rinviabile un aggiornamento di metodi e regole.