In ambito di reati contro gli animali, la disciplina processuale penale prevede determinate procedure per la loro tutela.
In primo luogo, è bene premettere che, in questo settore del diritto, gli animali sono identificati nel corpo del reato e si tratta di un corpo di reato atipico, in quanto non è bene inanimato bensì un essere senziente, capace di provare tutte le emozioni proprie dell’essere umano, in particolare, con riferimento al maltrattamento, dolore fisico ma anche sofferenza psicologica.
Per tale motivo, negli anni, si è avvertita la necessità di modificare la dottrina adattandola alle varie fattispecie concrete che si verificano.
Nel caso in cui il giudice ravvisi il reato di maltrattamento di animale ed emetta la condanna nei confronti dell’imputato, l’art. 544 sexies c.p. ordina che venga sempre disposta la confisca dell’animale, salvo che appartenga a persona estranea al reato.
Per assicurare il fine di questa disposizione, consistente in quella di garantire l’indisponibilità dell’animale, il codice di procedura penale sancisce che l’atto propedeutico alla confisca sia il sequestro, una delle attività più importanti che la Polizia Giudiziaria e l’Autorità Giudiziaria si trovano a compiere.
In generale, è bene esplicare come l’Autorità Giudiziaria e la Polizia Giudiziaria hanno l’obbligatorietà, una volta essere venuti a conoscenza dell’illecito, di impedire ulteriori conseguenze, molto più gravi, del reato.
Il sequestro preventivo è previsto dall’art. 321 c.p.p. ed è classificato come una misura cautelare, utilizzata dagli Ufficiali di Polizia Giudiziaria, il cui provvedimento deve essere sottoposto al Pubblico Ministero per la convalida, che, a sua volta, verrà trasmessa al G.I.P. (Giudice per le Indagini Preliminari), che dovrà emettere un’ulteriore convalida ed il decreto di sequestro preventivo.
La finalità del sequestro preventivo è quella di garantire l’indisposizione dell’animale al fine di impedire la conclusione del reato, operando, in questo modo, uno spossessamento del bene.
Può accadere, infatti, che la Polizia Giudiziaria possa provvedere ad eseguire il sequestro dell’animale (ex art. 55 Codice di Procedura Penale) qualora si verifichino delle condizioni di urgenza tali per cui non si può attendere l’emissione del decreto da parte del G.I.P. La Polizia Giudiziaria, in altri termini, stante la sussistenza di tutti gli elementi propri del reato, se ravvisi urgenza oppure condizioni tali che causano sofferenza all’animale oppure che possano agevolare la commissione o la conclusione del reato, può operare di propria iniziativa il sequestro, sottoponendolo successivamente alla valutazione dell’Autorità Giudiziaria.
A tal proposito la Corte di Cassazione, sez. II Penale, con sentenza n. 48227/17 richiama «il costante principio giurisprudenziale secondo cui, in tema di sequestro preventivo, la verifica del “fumus commissi delicti” non implica un vero e proprio giudizio di colpevolezza: non è richiesta la ricorrenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della persona nei cui confronti è operato il sequestro, ma è sufficiente che sussista l’astratta sussumibilità in una determinata ipotesi di reato del fatto contestato».
Ancora, in un’altra sentenza, la n. 2748/2018, la Corte di Cassazione ha stabilito che, ai fini della configurazione del reato previsto dall’articolo 727 c.p., «non è necessario che sia effettivamente tangibile una lesione fisica a danno dell’animale ben potendo, invece, essere sufficiente la mera lesione anche psicofisica». Alla luce di questa sentenza, perciò, il sequestro può essere disposto anche solo se ravvisata la sofferenza psichica dell’animale, senza lesioni fisiche, istituendo, così, una nuova ipotesi di maltrattamento di animali.
Disposto il sequestro, nelle quarantotto ore successive, l’Ufficiale di Polizia Giudiziaria, trasmette al Pubblico Ministero il verbale del sequestro eseguito.
A questo punto, vi sono due ulteriori possibilità: la restituzione dei beni sequestrati oppure, se non viene disposta, il PM (Pubblico Ministero) trasmette al G.I.P. la convalida e la richiesta di emissione del decreto di sequestro.
Un’altra tipologia di sequestro, contemplata dal codice di procedura penale ed utilizzabile in ambito di reati contro gli animali, è il sequestro probatorio, identificato in un mero mezzo di ricerca di prova. Esso è previsto dall’art. 354 del Codice di Procedura Penale ed ha una finalità totalmente diversa rispetto al sequestro preventivo: in questo caso, essendo un mezzo di ricerca di prova, il sequestro ha la mera finalità di assicurazione delle varie fonti di prova in modo da accertare, definire e confermare i fatti illeciti accaduti. Anche in questo caso, è previsto il potere d’iniziativa della Polizia Giudiziaria con il fine di affermare l’indisponibilità del bene ma assicurando la disponibilità operativa di esso per l’Autorità Giudiziaria; il requisito affinché la Polizia Giudiziaria svolga questo potere d’iniziativa, è la sussistenza di un reale e concreto pericolo di modifica delle condizioni del reato. La procedura è identica a quella prevista per il sequestro preventivo con la sola differenza che, in questo caso, anche gli Agenti di Polizia Giudiziaria possono eseguirlo.
Questa tipologia di sequestro è utilizzata anche, e forse soprattutto, nei casi di maltrattamento degli animali, poiché il sequestro probatorio ha anche la funzione di documentare o integrare la documentazione inerente alla sofferenza di animali.
In aggiunta, entrambi i sequestri devono essere adeguatamente e obbligatoriamente motivati: infatti, la Polizia Giudiziaria deve fornire al PM tutte le informazioni utili affinché il Pubblico Ministero valuti la sussistenza del reato di maltrattamento, formulando, in seguito, un personale giudizio sulla situazione che porterà al dissequestro oppure alla richiesta al giudice di emissione del decreto.
Particolare menzione è necessaria per la procedura di sequestro quando si ravvisi il reato di maltrattamento di animali: in questo specifico caso, non è obbligatoria nessuna valutazione veterinaria ma è la Polizia Giudiziaria che decide se ravvisa sofferenza o maltrattamento un animale e illustra al PM le condizioni dell’animale.
Solitamente, nella prassi, accade che l’animale sotto sequestro venga “affidato” a delle strutture o privati, nominati “custodi giudiziali”, idonei a garantire cure e provvigioni necessarie per il recupero psico-fisico. Successivamente, con l’istituto della confisca, che opera un totale spossessamento del bene, si ha la possibilità dell’affidamento definitivo al custode giudiziale.
Una problematica correlata alla confisca dell’animale è, soprattutto in ambito di equidi in cui l’anagrafe è ancora molto frammentata, chi sia colui che dispone i poteri propri del proprietario.