L’Italia si posiziona al secondo posto in Europa per la presenza di animali d’affezione nelle famiglie e i dati sono in continua crescita. La XV edizione del Rapporto Assalco – Zoomark, basata su dati Euromonitor International, ha infatti stimato che, nel 2021, la presenza di cani e gatti nei nuclei familiari fosse pari a circa 19 milioni, insieme a poco meno di 13 milioni di uccelli, 1,8 milioni di piccoli mammiferi e 1,36 milioni di rettili.
Il Rapporto ha poi evidenziato che, ad aprile 2022, il 42% della popolazione intervistata si è dichiarato proprietario di uno o più animali da compagnia, di cui il 28% cani e il 22% gatti.
In particolare, molti sono i genitori che decidono di regalare ai propri figli la preziosa opportunità di crescere insieme a cani, gatti, ma anche furetti, pesci, uccelli e rettili. La presenza dei pets nei nuclei familiari con bambini è in effetti più alta di 11 punti percentuali rispetto alle famiglie senza figli; ma anche gli anziani sono tra coloro che scelgono di condividere le proprie giornate con un animale, soprattutto cani. Questi ultimi, non è una novità, sono soliti apprezzare una routine fatta di passeggiate, golose pappe e coccole sul sofà, donando a molte persone l’occasione di non sentirsi più sole, bensì parte di un piccolo “branco”, una famiglia.
Negli ultimi anni si è invero registrato un netto miglioramento anche del rapporto tra animali domestici e uomo, connotato da scelte sempre più consapevoli, dallo stanziamento di maggiori importi di denaro per le cure veterinarie, dalla selezione di cibo (soprattutto petfood) di maggior qualità e dalla scelta di rivolgersi a figure professionali come educatori cinofili, toelettatori e dog sitter.
Cani ed esseri umani: storie di amicizie indissolubili
D’altronde, sin dai tempi più antichi i cani hanno dimostrato la propria capacità di tessere un legame saldo e profondo con gli umani, fatto di costanza, fedeltà, attese. Argo è il primo ad accorgersi del ritorno di Odisseo, celato dai segni della vecchiaia e delle disavventure dopo anni e anni di peregrinaggio. Alla vista del proprio cane, oramai stanco e anziano, l’eroe si commuove e piange, regalandoci un passo epico carico di emozione e dolcezza.
E poi incontriamo Hachiko, protagonista di una storia realmente accaduta in Giappone tra gli anni ’20 e ’30 del Novecento, trasposta e riadattata per il cinema nel film del 2009, Hachiko – Il tuo migliore amico. Questo bellissimo Akita era solito attendere ogni giorno alla stazione l’uomo che lo aveva adottato, il professor Hidesaburo Ueno, che tornava dal lavoro in città. Disgraziatamente il professore morì durante una delle sue lezioni e non fece più ritorno a casa, ma Hachiko restò in sua fedele attesa sino a che anche lui, divenuto molto anziano, si spense proprio nel luogo dove accoglieva il suo amico dopo una giornata di lavoro.
Anche in Italia è balzata alla cronaca la storia del cane Fido che, similmente ad Hachiko, aveva la quotidiana abitudine di raggiungere il proprio amico umano nella piazza del paese al ritorno dal lavoro. Erano gli anni della Seconda Guerra Mondiale e, a causa di un tragico bombardamento sulla Fornace presso la quale lavorava, il signor Soriani morì. Ciononostante, Fido continuò ad attenderlo per molti anni e, per questo, fu insignito della medaglia d’oro del Comune di Borgo San Lorenzo, in provincia di Firenze, il 9 novembre 1957.
Un legame non ancora riconosciuto dalla legge
Purtroppo però a simili sentimenti non corrisponde un inquadramento legislativo coerente. L’ordinamento giuridico italiano, come la maggior parte dei sistemi normativi di civil law, non riconosce gli animali quali esseri senzienti, considerandoli pertanto privi di capacità giuridica. Ciò produce significativi effetti distorsivi sul piano della loro tutela.
Segnatamente, alla morte del proprietario, soprattutto se anziano e privo di familiari o parenti prossimi, la sorte degli animali d’affezione può spesso risultare incerta e foriera di disavventure. La pandemia da Covid-19 ha posto l’accento su questo fenomeno, poiché non sono stati infrequenti i casi di cani e gatti resi orfani del loro amico umano o lasciati privi del necessario accudimento nei giorni del ricovero. Alcune associazioni animaliste si sono impegnate per garantire a molti cani cure quotidiane, donando altresì sollievo ai malati in ospedale, sicuramente rattristati dall’idea di aver lasciato solo il proprio amico.
Prima di analizzare le criticità che si dipanano intorno alla sorte dei pets dopo la morte del proprietario, occorre operare alcune premesse in merito allo status giuridico degli animali e, quindi, alla loro proprietà.
Come anticipato, gli animali sono sprovvisti della titolarità di diritti soggettivi e sono equiparati a delle res ex art. 812 c.c., meri oggetti di diritti reali di godimento. Nello specifico, la proprietà dell’animale è definita dall’intestazione indicata nel microchip. Dal 2005 è infatti obbligatoria (volontaria per gatti e furetti) l’iscrizione all’Anagrafe Canina di residenza o della A.S.L. competente, da effettuarsi entro il secondo mese di vita dell’animale. Nel dettaglio, il veterinario procede all’inserimento del microchip, in cui è riportato un numero univoco avente la funzione di ricondurre l’animale al soggetto che ne è responsabile.
Ai sensi del regolamento internazionale di allevamento della FCI (Fédération cynologique internationale), il proprietario di un cane è definito come «la persona che ha legalmente acquisito l’animale, si trova in suo possesso e può provarlo con la detenzione, correttamente certificata, di un certificato d’iscrizione e un pedigree validi». Tanto premesso, ben potrebbe accadere che un cucciolo sia acquistato da Tizio e registrato con un certo numero di microchip ma, nel corso della sua vita, venga poi donato o venduto a Caio; ebbene, dovrà essere cura di quest’ultimo aggiornarne l’iscrizione all’anagrafe, al fine di potersi dire legittimo proprietario del cane. Parimenti, potrebbe accadere che il cane, intestato a Tizio, venga venduto a Caio da Sempronio, che se ne dice proprietario. Caio, in quel caso, ne acquista comunque la proprietà, purché in buona fede al momento della consegna e in presenza di un titolo astrattamente idoneo a trasferirne la proprietà (art. 1153 c.c.) o, in assenza di questo, dopo dieci anni dall’inizio del possesso (art. 1161 c.c.).
Diversamente, nessuna indicazione certa sulla proprietà dell’animale può essere fornita dal pedigree, che ha la mera funzione di dimostrare la genealogia dell’animale, attestandone la razza secondo i criteri stabiliti dall’ENCI (Ente nazionale cinofilia italiana), ente di natura privatistica.
Qual è il destino di un cane dopo la morte del proprietario?
Ciò posto, alla morte del proprietario, qualora questi non abbia espresso alcuna previsione testamentaria, il cane entra nell’asse ereditario, in quanto bene mobile, e potrà pertanto essere affidato alle cure di un erede legittimo del de cuius. Altrimenti, il proprietario potrebbe aver redatto testamento e specificamente assegnato il proprio animale d’affezione a un erede a titolo universale oppure a un legatario, reputandoli idonei a prendersene cura dopo la sua dipartita.
L’erede a titolo universale potrà accettare l’eredità, compreso l’animale, in modo espresso ex art. 475 c.c. o tacitamente ai sensi dell’art. 476 c.c., compiendo atti che presuppongono la volontà di accettare. Ad esempio, il chiamato potrebbe iniziare, sin dal momento successivo alla morte del dante causa, ad accudire il cane uti dominus, come se ne fosse proprietario. In caso contrario, l’erede potrebbe decidere di rinunciare all’eredità, seguendo le formalità stabilite dall’art. 519 c.c.
Il legatario invece, in quanto erede a titolo particolare, acquista la proprietà dell’animale domestico ipso iure ex art. 649 c.c., senza bisogno di accettazione, salva comunque la possibilità di rinunziarvi.
In buona sostanza, con la morte del proprietario, l’erede acquista un mero diritto di proprietà sul cane, che prescinde da qualsivoglia relazione affettiva con lo stesso. Infatti, sebbene per molti gli animali rivestano un ruolo non dissimile da quello degli altri componenti della propria famiglia, la loro natura giuridica corrisponde ancora a quella delle res mobiles e, per questa ragione, essi soggiacciono alla disciplina della circolazione dei beni mobili non registrati. La realità di tale diritto determina che il proprietario ne possa disporre in modo pieno ed esclusivo (pur nei limiti della liceità della sua condotta, si pensi ad esempio ai reati di cui agli artt. 544 bis e 544 ter c.p.), sì da poterne fare oggetto di donazione per spirito di liberalità, di alienazione o, in ultima istanza, di cessione ai canili municipali (secondo le modalità previste dalla normativa regionale di specie).
Un erede animale
Un ultimo argomento da trattare riguarda infine la possibilità di nominare eredi i propri animali d’affezione. Come si diceva, l’ordinamento italiano non riconosce alcuna forma di personalità giuridica a cani e gatti, sicché questi non possono essere titolari di diritti successori. Tuttavia, esistono taluni strumenti che consentono al proprietario di assicurare dei lasciti testamentari a favore dei propri animali domestici.
Si tratta di strumenti – come ad esempio la nomina di un erede onerato di accudimento – aventi carattere indiretto, che abbisognano necessariamente della mediazione di un soggetto terzo, sia esso una persona fisica o giuridica, affinché possano operare a vantaggio dei reali destinatari. Occorre pertanto ribadire l’urgenza di attuare una riforma dell’inquadramento giuridico degli animali come esseri senzienti.
Proprio in relazione al tema successorio, infatti, riconoscere la capacità giuridica degli animali non umani consentirebbe l’applicazione di alcuni istituti che il nostro ordinamento già prevede a vantaggio di coloro che sono privi della capacità di agire (e quindi della possibilità di accettare l’eredità o di rifiutare il legato), affinché possano comunque succedere. De iure condendo, una soluzione potrebbe in tal senso essere costituita dalla sostituzione fedecommissaria ex art. 692 c.c.: il de cuius avrebbe modo di istituire erede il proprio animale prevedendo che, dopo di lui, i beni siano ereditati da un altro soggetto, purché quest’ultimo se ne sia occupato per tutta la sua vita.
Sitografia e bibliografia
ASSALCO – Quanti sono gli animali da compagnia in Italia?
Come tutelare cane e gatto dopo la mia morte – Avvocato Gallenga (successionifirenze-avvgallenga.it)
Cos’è l’anagrafe degli animali d’affezione (salute.gov.it)
Hachiko, il cane che attese (davvero) fino alla morte il ritorno del suo padrone – ilGiornale.it
https://www.euromonitor.com/events/zoomark
https://www.euromonitor.com/pet-care-in-italy/report
Identificazione e registrazione (salute.gov.it)
Il certificato genealogico (pedigree) (enci.it)
Il testamento a favore degli animali – Animal Law Italia
L’appropriazione di cane altrui e la rivendicazione di proprietà̀ (animalidacompagnia.it)
La storia di Fido – Il Segno di Fido – Cane fedele
Odisseo e il cane Argo (rivistanatura.com)
Proprietario del cane ma non del Pedigree? (clubitalianocanidirazza.com)
Successione di un animale domestico | Avvocato Accanto
Daria Vitale (a cura di), con contributi di Annalisa Di Mauro, Pier Paolo Dumas, Elisabetta Montinaro, Paola Sobbrio e Malvina Veneziano, con la collaborazione di Angela Maria Panzini, Verso un nuovo riconoscimento giuridico per gli animali in Italia e in Europa, dicembre 2022 – Animal Law Italia E.T.S.
XV edizione RAPPORTO ASSALCO – ZOOMARK 2022, Alimentazione e cura degli animali da compagnia