Tematica fondante di Anjmot, studi critici su animalità, numero XIV/2023, è il modo in cui, secondo le parole di Monica Gazzola, la presenza umana si trova ad essere “afona” rispetto ai diritti degli animali non umani. C’è sempre un filtro, in altri termini, un doverci fare portavoce di istanze che noi stessi immaginiamo ed elaboriamo. La maggior parte degli animali, ad eccezione dei pets per i quali vi è un sempre maggiore riconoscimento, rimangono esclusi da ogni considerazione di equità e giustizia. In questo numero di Anjmot si è tentato di offrire una voce ai senza voce, portando nuove prospettive non antropocentriche.
Si parte con l’analisi di Maria Cristina Giussani che narra dell’occupazione, avvenuta in data 20 aprile 2013, dello stabulario di farmacologia dell’Università di Milano. L’intento era quello di mostrare al mondo le condizioni nelle quali gli animali erano costretti a vivere. Per alcuni di questi animali, condotti all’esterno dagli attivisti e indicati, nei registri di carico e scarico, come rifiuti iniziava una nuova vita: vedevano per la prima volta la luce naturale. Giussani percorre i passi del processo penale avviato successivamente e nel quale gli imputati, con la volontà di dimostrare la fallacia della sperimentazione condotta su modello animale, vennero inevitabilmente condannati. Tuttavia, nonostante la condanna, fu comunque un successo in quanto portava alla luce altre situazioni dopo il clamore suscitato da Green Hill. Il contributo termina con un’ interessante intervista.
La pubblicazione prosegue con l’apporto di Sara De Vido e Sara Dal Monico inerente la tutela del lupo e il principio di precauzione nel diritto internazionale e nel Diritto dell’unione europea. Lupo, specie rigorosamente protetta dalla Convenzione di Berna, oggetto di numerose pronunce fra le quali quella emessa dalla Corte suprema amministrativa finlandese nel caso “Tapiola”. La decisione della Corte fu quella di ritenere i permessi concessi durante la stagione della caccia del 2016 una violazione della legge sulla caccia alla luce della Direttiva Habitat e della sentenza della CGUE. Nonostante il sancito principio di precauzione, in alcuni Stati, si fa ancora fatica a bilanciare interessi economici e non, come avvenuto, riporta il contributo, con un’ordinanza del Tar di Trento.
Gazzola, ancora e in un successivo contributo, ripercorre l’evoluzione nel diritto penale italiano della tutela degli animali: da una visione antropocentrica ad un’altra nella quale il bene giuridico tutelato viene considerato l’animale in quanto tale. Interessante il parallelismo evidenziato tra quanto accaduto per gli animali con quanto verificatosi nell’ambito dei reati commessi nei confronti della donna.
Ginevra Quadro Curzio offre un interessante sguardo relativo alla letteratura zoepica. Massimo Centini, invece, propone un viaggio nel tempo e una analisi dell’utilizzo degli animali in un processo di stregoneria del 1474 in Piemonte. Il rapporto tra Moda e diritti degli animali viene approfondito dal contributo di Vaccaro e Segre-Reinach.
Pierluigi Musarò e Lorenza Villani, in “Oltre la giustizia climatica” riportano i dati degli eventi climatici estremi in Italia nel 2022: 310. Nel 2023 queste percentuali sono aumentate del 135%. Secondo le parole pronunciate alla Cop27 dal segretario delle Nazioni Unite, stiamo andando verso l’inferno climatico con il piede sull’acceleratore. Gli allevamenti intensivi sono responsabili del 14,5% delle emissioni di gas terra, il 40% dei terreni coltivati è destinato ai mangimi degli animali allevati ed il 71% delle malattie emergenti è zoonotico. Secondo gli autori, risignificare la propria vulnerabilità risulta indispensabile per giungere ad una giustizia che sia, più che climatica, antispecie.
La rivista si completa con ulteriori e significativi contributi.
Infine, merita una nota, la documentazione fotografica inserita a corredo della pubblicazione.