Abbiamo già trattato, in un precedente articolo, del collare elettrico, del collare elettrico anti abbaio e dell’orientamento costante della giurisprudenza di ritenere il suo utilizzo un reato in entrambe le ipotesi.
Un’ulteriore conferma ci giunge dalla recentissima sentenza emessa dalla Corte di Cassazione, sezione terza penale, depositata il 28 agosto 2023.
Gli Ermellini hanno, infatti, confermato, dichiarando inammissibile il ricorso, la sentenza emessa dal Tribunale di Treviso che ha condannato un uomo alla pena di euro 3.000,00 di ammenda perché colpevole del reato di cui all’art. 727 del Codice Penale che, al suo secondo comma, punisce la detenzione di animale in condizioni incompatibili con la propria natura.
L’animale, rinvenuto disperso da un ufficiale di polizia giudiziaria, portava un collare anti abbaio provvisto di due pioli di metallo a contatto diretto con il collo, i quali emettevano scosse elettriche ad ogni vibrazione delle corde vocali, con conseguente dolore, così di fatto impedendo al cane di abbaiare. L’ufficiale, sentito quale testimone nel corso del processo, ha verificato che quella funzionalità era attiva al momento del controllo e, rilevando il codice impresso sul collare medesimo (poi sottoposto a sequestro), ha acquisito il relativo manuale d’uso che confermava quell’automatico funzionamento.
La difesa dell’imputato ha sostenuto che non si trattasse di collare anti abbaio, ma di un collare da addestramento suscettibile di provocare scosse elettriche (e quindi dolore all’animale) nel solo caso di utilizzo attraverso un apposito comando azionato a distanza sicché, secondo la difesa, occorreva dimostrare il concreto utilizzo in modalità produttive di scossa elettrica con conseguente produzione di gravi sofferenze inflitte all’animale. A nulla è valsa tale argomentazione dal momento che il collare utilizzato apparteneva, come appurato, a quelli che determinavano scosse elettriche al solo abbaiare del cane. Peraltro, nel tempo in cui il cane si era allontanato dal padrone, percorrendo almeno 7-8 km e vagando in strada sì da ostacolare il traffico, lo stesso aveva ragionevolmente abbaiato, così azionando gli impulsi elettrici produttivi di quelle gravi sofferenze che certamente integrano il reato contestato di detenzione di animale in condizioni incompatibili con la sua natura.
La condanna ad euro 3.000,00 di ammenda è stata pertanto confermata. Il ricorrente è stato, inoltre, condannato, stante la declaratoria di inammissibilità del ricorso a norma dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e al pagamento di euro 3.000,00 a favore della cassa delle ammende.