Ovviamente questo è solo un esempio di esperimento condotto su individui privati della libertà, ma soprattutto privati di qualsiasi dignità e gli archivi di Norimberga sono un vergognoso scrigno degli orrori di cui l’essere umano non può di certo andare fiero. L’esempio viene citato dal prof. Pietro Croce, non tanto per fare una critica di tipo morale quanto per cogliere gli aspetti di criticità scientifica. Pensate che questa assurdità di mettere in acque gelide esseri viventi per studiarne l’agonia abbia avuto una fine? Assolutamente No! Non si tratterà, fortunatamente di esseri umani, ma uno degli esperimenti più assurdi e inutili, tutt’ora in auge è molto simile: il nuoto forzato. In cosa consiste? Si mettono dei poveri topi, in una vasca piena d’acqua, dove non possono toccare il fondo, viene impedito loro qualsiasi appiglio per avere un barlume di speranza di poter uscire, e si cronometra quanto tempo dura l’agonia, in altri termini per quanto tempo nuotano prima di morire annegati! Il tutto a che pro? Per studiare lo stress … nell’uomo!!! Ritengo superfluo qualsiasi commento, per non offendere l’intelligenza di quanti stanno leggendo in questo momento.
Chi si oppone alla sperimentazione animale, sostiene che la stabulazione è di per sé una condizione che mina la scientificità e l’attendibilità di qualsiasi sperimentazione. L’animale stabulato non può essere preso come modello di riferimento nemmeno per la sua stessa specie, che vive in natura, figuriamoci poi per l’uomo o per qualsiasi altro animale. La stabulazione ha in sé il seme della fallacia e della inaffidabilità scientifica: situazione artificiale, modello artificiale, condizioni di vita artificiali, cibo artificiale ecc.
Qualsiasi condizione di stress altera talmente le risposte dell’organismo che il risultato di una ricerca così condotta non è assolutamente “riproducibile” quindi nulla ha di scientifico. È ben noto e dimostrato che minime variazioni ambientali possono già da sole invalidare un esperimento, come la temperatura, il rumore, il fatto di non poter avere un rifugio, vivere sotto le luci artificiali quasi tutto il giorno, il sovraffollamento. Se minime alterazioni dell’ambiente dello stabulario sono in grado di invalidare i risultati di una sperimentazione, compromettendone la “riproducibilità”, a maggior ragione differenze metaboliche, biochimiche, genetiche, epigenetiche, daranno risultati completamente diversi al variare di queste condizioni e devono far riflettere sulla “trasferibilità” all’uomo o a qualsiasi altra specie, di dati così ottenuti.
Queste parole del prof. Pietro Croce dal libro “Vivisezione o Scienza” esprimono benissimo il concetto: «LD-50: nelle prove eseguite di sera morirono quasi tutti i ratti; in quelle eseguite di mattina sopravvissero tutti. Nelle prove eseguite d’inverno, la sopravvivenza risultò doppia rispetto alle prove eseguite d’estate. Prove con sostanze tossiche eseguite su topi stabulati in gabbie affollate portarono a morte quasi tutti gli animali; sopravvissero, invece, tutti i topi stabulati in condizioni normali. Gli autori della precedente ricerca conclusero che: se differenze ambientali così lievi determinano effetti così discordanti e imprevedibili, ciò significa che la sperimentazione sugli animali non dà nessuna affidabilità nel giudicare gli effetti di una sostanza chimica. A maggior ragione, sarebbe assurdo estrapolare alla medicina umana risultati che sono intrinsecamente falsi».