Continuiamo il nostro percorso nell’assurdo mondo della Sperimentazione Animale in riferimento alla valutazione degli effetti tossici delle centinaia di migliaia di sostanze che sono in circolazione, (prezzo del “progresso”!?) con le quali l’uomo viene continuamente a contatto e che devono essere necessariamente testate per stabilirne la tossicità. Sappiamo oramai, da tempo immemorabile, quanto le prove di tossicità anche attualmente condotte sugli animali, non siano predittive per l’uomo, data la variabilità di risposta, a seconda del modello animale utilizzato. Infatti l’estrapolazione successiva, dei dati ottenuti sul modello animale all’uomo, diventa un vero e proprio “salto mortale”. Prendiamo come riferimento, ad esempio, la notevole differenza di risposta alla diossina, una delle molecole più studiate in assoluto, ma anche una delle più pericolose. Vediamo ad esempio la risposta alla diossina di due animali vicinissimi nella scala evolutiva, come il criceto (DL50 = 3078,5 mg/kg) e il porcellino d’India (DL50 = 1,3 mg/kg).
Per DL50, si intende la dose che è capace di uccidere il 50% degli animali da laboratorio, durante un test di tossicità. Pensate che è una tecnica talmente innovativa che risale al 1927! Il criceto può mangiare la diossina anche a colazione tutti i giorni, il porcellino d’India assolutamente no! Ma fra il criceto e il porcellino d’India troviamo un ventaglio di altre innumerevoli risposte di altri animali da laboratorio come il topo, il ratto, il coniglio, il cane ecc. Come si comporterà l’uomo? Sarà più come il criceto o il porcellino d’India? Lo sapremo solo “a posteriori”. Ma una tecnica di valutazione di tossicità che si rispetti, dovrebbe dare risultati attendibili “a priori”. Salta subito all’occhio l’enorme limite di questo test: l’elevata variabilità di risposta a seconda della specie utilizzata e il fatto che si valuta solamente la tossicità acuta. Ma quello che più interessa per la salute umana e per l’ambiente è valutare la tossicità cronica di una determinata sostanza, in particolare capire come questa sostanza possa agire in seguito ad una lunga esposizione. Altra cosa importante è poter valutare l’effetto cocktail di più sostanze che agiscono in contemporanea e i cui effetti possono essere ancora più devastanti di ciascuna sostanza presa singolarmente.
In tossicologia, con la sperimentazione animale, si testa una sostanza alla volta! Passiamo allora all’amianto che nell’uomo provoca il mesotelioma, dopo decenni di ricerca condotta su milioni di animali, si è giunti alla conclusione che l’uomo è ben 300 volte più sensibile di un ratto! Dato ottenuto ovviamente solo a posteriori! Altro esempio: il Dietil-stibestrolo (DES) estrogeno di sintesi, creato in laboratorio con la sperimentazione animale, se somministrato alle donne in gravidanza, provoca il cancro vaginale o dell’utero nel 95% delle figlie, in età variabile dai 7 ai 27 anni. Questo fenomeno noto come cancerogenesi transplacentare, fu rilevato già nel 1973. Allora il farmaco veniva usato nelle donne in gravidanza come antiabortivo. Già da allora dopo una propaganda a favore della sperimentazione animale da parte dei vari ricercatori che credevano essersi avvicinati a Dio nell’avere prodotto in laboratorio un ormone come quello naturale, l’OMS lanciava l’allarme sulla cancerogenicità del DES. Domanda: perché fu ritenuto essere innocuo per le donne in gravidanza? La risposta è sempre la stessa: merito della sperimentazione animale.
La storia si ripete, anzi sarebbe meglio dire l’errore si ripete. Il dott. Robert W. Miller del National Cancer Institute di Bethesda nel Maryland, che nel 1973 aveva redatto l’avvertimento ufficiale per l’OMS, così si esprimeva: «Esperimenti su animali: non vi è stata alcuna correlazione tra i tipi di tumore ottenuti in modelli sperimentali e tipi di cancro infantile». Il New England Journal of Medicine nel 1979 riportava: “I danni dello Stilbestrolo possono estendersi alla terza generazione e anche deformare gli organi genitali della discendenza maschile”. Così un ormone di sintesi prodotto in laboratorio, dimostratosi innocuo per gli animali, si è dimostrato essere causa diretta e incontrovertibile di cancro, nelle generazioni successive, di quelle donne che lo avevano usato come anti-abortivo. Oggi recenti studi hanno evidenziato che questo farmaco, provoca cancro alla mammella e al testicolo, fino alla terza generazione! Il fenomeno, oramai ben studiato, è noto come Cancerogenesi Transgenerazionale. A questo punto viene da pensare che il DES sia stato ritirato dal commercio. Ebbene non è così. Attualmente il DES, oltre ad essere utilizzato nei mangimi (!) dati agli animali così detti da reddito, per l’effetto anabolizzante, è utilizzato come “pillola del giorno dopo”, cioè per lo scopo opposto a quello per cui era stato lanciato sul mercato: farmaco antiabortivo!
Un’altra sostanza, il Bisfenolo-A chimicamente molto simile al DES, cancerogeno e potente Distruttore Endocrino (altera la funzionalità del sistema endocrino), si trova negli interni delle lattine e nei contenitori di plastica a contatto con gli alimenti, persino nei biberon per bambini (solo recentemente ne è stato vietato l’utilizzo nei biberon in Europa). Tutto questo grazie alla sperimentazione animale e alla variabilità di risposta che si ottiene in laboratorio a seconda del modello animale o del ceppo di topo utilizzato. Una considerazione è doverosa: il DES è stato usato da un numero limitato di donne, il Bisfenolo-A è quasi ubiquitario, per l’ampio uso che se ne fa!
Altro esempio: i fitosanitari, meglio conosciuti come pesticidi, come la stragrande maggioranza delle sostanze inquinanti, agiscono a livelli infinitamente bassi, si accumulano nell’ambiente, soprattutto attraverso la catena alimentare e si comportano come interferenti endocrini o distruttori endocrini, interferiscono cioè con il sistema endocrino e sono potenzialmente cancerogeni. Anche per queste sostanze i dati di laboratorio, ottenuti sull’animale, non sempre coincidono con i dati ottenuti da studi epidemiologici condotti sull’uomo. Altra sostanza molto studiata (male!) è l’aspartame, dolcificante ubiquitario, contenuto in oltre 5000 prodotti. Le varie agenzie di regolamentazione hanno creduto a studi condotti dalle aziende produttrici, che ne hanno dimostrato l’innocuità.
Un’unica voce discordante, quasi solitaria, è quella del prof. Soffritti, dell’Istituto Ramazzini di Bentivoglio (BO), che da anni ha prodotto studi che dimostrano la nocività della sostanza, come cancerogeno e che causa danni anche al Sistema Nervoso. Questa contraddizione di risultati e l’impossibilità, da parte dell’emerito professore, di dimostrare la pericolosità dell’aspartame, risiede nel fatto che sia il professore, sia le aziende produttrici, fanno riferimento ad un modello di ricerca che si presta benissimo a tutto questo: la sperimentazione animale! Questi sono solo pochissimi esempi che ci fanno capire come sia variabilissima la risposta ad una determinata sostanza nel “modello animale”. Consideriamo allora la variabilità di risposta alle sostanze cancerogene: il 51% delle sostanze dimostratesi cancerogene per il ratto non lo sono per il topo e viceversa! E se animali così vicini nella scala evolutiva rispondono in maniera così differente, figuriamoci poi estrapolare all’uomo i dati ottenuti con un metodo così inattendibile. Come si comporterà l’uomo, rispetto ad una determinata sostanza, lo potremo sapere solo “a posteriori”.
A cosa siano servite le prove di tossicità, condotte su milioni di animali, a tutt’oggi non trova nessuna risposta, visto che sostanze dimostratesi altamente tossiche e pericolose per l’uomo, sono ancora in commercio e nessuno si sogna di vietarne l’utilizzo! Oppure, quelle rare volte in cui si prende la saggia decisione di vietare la produzione di una sostanza, dimostratasi pericolosa, ritirandola dal commercio, si adotta la formula “fino ad esaurimento scorte”! Ogni commento a tutto ciò ovviamente è superfluo. Se consideriamo poi la devastazione, in termini di danni ambientali, che sta divorando la nostra Terra e con cui l’uomo moderno deve necessariamente fare i conti, continuare ad utilizzare un modello animale che si presta benissimo a dimostrare che una sostanza è innocua o l’esatto contrario, a seconda della specie animale o del ceppo di topo utilizzato, non potrà di certo essere di aiuto nel testare le centinaia di migliaia di sostanze chimiche potenzialmente pericolose. Questo importante limite, in Europa, sta portando al sicuro fallimento del regolamento REACH (Registration, Evaluation, Authorisation, of Chemicals) che dovrebbe testare la pericolosità delle sostanze, al fine di salvaguardare la salute e l’ambiente.
«Il fatto che la stessa sostanza possa essere dichiarata inoffensiva o cancerogena a seconda della specie animale utilizzata, fa della sperimentazione animale lo strumento ideale per commercializzare ogni tipo di prodotto, anche se pericoloso, e per mettere a tacere le vittime che osassero fare causa al produttore».
Così si esprime Claude Reiss, per 35 anni direttore di ricerca di biologia molecolare al CNRS, consulente del programma europeo REACH, presidente di Antidote-Europe. Il dott, Joshua Lederberg, premio Nobel per la medicina nel 1981, ha dichiarato: «non è semplicemente possibile, con tutti gli animali del mondo, esaminare i prodotti chimici nel modo cieco che oggi usiamo, e raggiungere conclusioni credibili sul loro pericolo per la salute umana». Di autorevoli voci che condannano l’attuale metodo di ricerca ve ne sarebbero a migliaia, ma queste voci si trovano a non avere ascolto nei comuni mezzi di informazione, appannaggio della sola voce del pensiero unico, che fa leva sulla fragilità delle persone, mistificando la realtà con una abilità incredibile, carico di conflitti d’interesse e ben lontano dalla volontà di fare il bene dell’umanità!