Volpi e visoni sono tra gli animali allevati per la loro pelliccia. Sono animali selvatici, sebbene la pratica di rinchiuderli, farli crescere, riprodursi e morire in gabbia, nel corso dei decenni abbia forse dato inizio a una prima fase di domesticazione e, conseguentemente, abbia cominciato a modificarne i comportamenti (Richard C. Francis, 2015). Ma come vivrebbero questi mammiferi in natura, nel proprio habitat? Ce ne ha parlato Enrico Moriconi, medico veterinario e consulente di etologia e benessere animale, già Garante per i diritti animali della Regione Piemonte, focalizzandosi sulle specie presenti in Europa, Vulpes vulpes e Mustela lutreola.
La volpe, un cacciatore solitario
La prima differenza che salta all’occhio tra le condizioni in allevamento e quelle dell’animale libero è l’ampiezza del territorio in cui una volpe (Vulpes vulpes) vive e si sposta: il loro areale è ampio dai 12 chilometri quadrati, in zone particolarmente ricche di cibo, ai 50 chilometri quadrati.
Vivono in gruppi sociali, tre o quattro adulti sono abbastanza comuni. È anche possibile un gruppo di una sola coppia riproduttiva con la prole oppure un maschio con varie femmine imparentate. I cuccioli cresciuti tendono a rimanere con i genitori per assisterli nella cura di nuovi piccoli.
Le volpi si nutrono prevalentemente di piccoli roditori, ma possono anche dedicarsi alla caccia di conigli, uccelli terricoli, rettili, invertebrati e giovani ungulati. A volte non disdegnano anche frutta e vegetali. Spesso utilizzano tane di altri animali, come tassi o conigli.
Da predatori possono anche diventare prede di lupi, coyote, sciacalli e felini di grossa o media taglia, come leopardi e linci.
Il maschio di volpe marca il territorio in modo sistematico e comunica con i propri simili attraverso segnali sonori, visivi, tattili e olfattivi. Una volpe può riconoscere un altro esemplare dall’odore, oltre a decifrarne il rango gerarchico e il livello sociale. Posseggono una vasta gamma di vocalizzazioni utilizzate in base alle situazioni più specifiche.
Sono animali crepuscolari e notturni, momenti della giornata in cui si muovono come cacciatori solitari.
Il visone, un amante dei corsi d’acqua
I visoni europei (Mustela lutreola) vivono in habitat estesi con presenza di corsi d’acqua, le cui dimensioni dipendono dalle risorse alimentari a disposizione (in estate il territorio copre un’area meno vasta che in inverno). Nelle zone occupate da marcite – zone irrigate da acque di risorgiva con vegetazione anche invernale – dove il cibo è scarso, il loro territorio può estendersi fino a circa un chilometro quadrato, però generalmente la superficie oscilla tra i 0,12 e i 0,14 chilometri quadrati. Sulle rive di un corso d’acqua, l’estensione è di circa 0,12 chilometri quadrati.
Come accennavamo, il visone è un assiduo frequentatore di corsi d’acqua, essendo un abile nuotatore, ma non effettua lunghe immersioni data la ridotta capacità toracica.
È un predatore e si ciba di anfibi, crostacei, pesci, piccoli mammiferi, insetti e uccelli. Anche questo mammifero da predatore può diventare preda, ma sa difendersi efficacemente grazie alla sua dentatura. Il visone europeo occupa sia una tana permanente che più rifugi temporanei. La prima viene utilizzata durante tutto l’anno, fatta eccezione per il periodo delle inondazioni, ed è collocata a non più di 6-10 metri dalla riva. La tana consiste di uno o due passaggi di 8–10 centimetri di diametro e di 140–150 centimetri di lunghezza, che conducono a una camera nido rivestita con paglia, muschio, peli di topo e piume.
Il visone, come la volpe, è un animale prevalentemente solitario che tende difende il proprio territorio e le sue abitudini sono crepuscolari e notturne, ore che utilizza per procurarsi il cibo.
Da vasti territori a gabbie anguste
Leggendo questi brevi paragrafi è semplice capire quanto la vita in gabbia non possa garantire il benessere necessario a questi animali.
«Il primo elemento problematico, da cui discendono tutti gli altri – illustra Enrico Moriconi – è la ristrettezza dello spazio disponibile, che risulta in ogni caso estremamente ridotto rispetto alle abitudini etologiche degli animali. Le attività naturali, etologiche, infatti sono determinate dalla possibilità di muoversi in uno spazio adeguato e pertanto sono compromesse e impedite proprio dalla struttura di contenimento». Come già sottolineato nel precedente intervento di Moriconi: «La privazione dei comportamenti etologici, bisogni fondamentali, provoca malessere e distress insopprimibile che è riconosciuta causa di sofferenza. Le negatività dipendono direttamente dal confinamento nelle gabbie e permangono anche quando e laddove si realizzino gabbie di dimensioni maggiori, poiché le dimensioni delle stesse non sono paragonabili con l’estensione tipica degli habitat degli animali coinvolti».
Per quanto ancora costringeremo volpi, visoni e tutti gli animali allevati per le loro pellicce, a subire queste sofferenze? Possiamo fermare tutto questo insieme, firmando l’appello Fur Free Europe, l’iniziativa dei cittadini europei che invita l’Unione Europea a vietare gli allevamenti di animali da pelliccia e bandire i prodotti in pelliccia dal mercato europeo.