Dopo l’attesa e deludente COP27, c’è un’altra Conferenza delle Parti che si è conclusa in questi giorni: è la COP19 della CITES (Convention on International Trade of Endagered Species), la Convenzione sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione. L’evento che si è tenuto a Panama, dal 19 al 25 novembre 2022, ha vantato un numero maggiore di vittorie rispetto al più celebre incontro globale sul clima. In particolare, c’è stata una svolta nella protezione degli squali.
Cos’è la COP19 CITES?
Al centro del dibattito e delle discussioni della Conferenza delle Parti della Convenzione sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione c’è la protezione della biodiversità. Durante gli incontri di questa edizione, i delegati hanno preso in considerazione regole per la vendita più severe per quasi 600 specie di flora e fauna, con solo 9 specie proposte per norme meno restrittive.
La CITES presenta tre appendici in cui sono elencate oltre 30.000 specie di animali e piante, a seconda dei gradi di protezione di cui hanno bisogno:
- l’Appendice I comprende specie in pericolo di estinzione;
- l’Appendice II include specie non necessariamente a rischio di estinzione, ma il cui commercio deve essere controllato per evitare utilizzi incompatibili con la loro sopravvivenza;
- l’Appendice III contiene specie protette in almeno un paese, che ha chiesto alle altre parti della CITES supporto nel controllo del commercio.
La COP CITES si riunisce ogni due o tre anni e offre alle Parti (attualmente 184 Paesi) l’opportunità di esaminare i progressi raggiunti nella conservazione delle specie incluse nelle appendici, di prendere in considerazione proposte di modifica degli elenchi di specie nelle Appendici I e II e di raccomandare misure per migliorare l’efficacia della Convenzione.
Un famiglia di squali in pericolo: i Carcharhinidae
Tra le proposte di questa edizione della Conferenza delle Parti della CITES era presente l’inclusione nell’Appendice II degli squali appartenenti alla famiglia dei Carcarinidi e degli squali martello (famiglia Sphyrnidae), per garantire a queste specie maggiore protezione a livello internazionale.
Come riportato su Oceanographic magazine, gli squali appartenenti alla famiglia Carcharhinidae — che include squali tigre (Galeocerdo cuvier) e squali leuca (Carcharhinus leucas) — sono specie fortemente prese di mira per le loro pinne. I Carcarinidi rappresentano oltre il 50% del commercio di pinne di squalo, mentre circa il 70% di questa famiglia di squali è già a rischio di estinzione.
Una decisione storica
Se la COP27 non ha raggiunto i risultati sperati, la COP19 della CITES ha, invece, messo a segno una decisione storica: le Parti hanno votato per il passaggio alla lista dell’Appendice II di 54 specie di squali della famiglia dei Carcarinidi, di 6 specie di squali martello e di 37 specie di pesci chitarra (famiglia dei Rhinobatidae).
Su The Guardian, Luke Warwick, direttore della conservazione di squali e razze per la Wildlife Conservation Society, commenta: «Ora, finalmente, il commercio di pinne di squalo profondamente insostenibile sarà completamente regolamentato. Queste due famiglie [Carcharhinidae e Sphyrnidae, n.d.R.] costituiscono ben oltre la metà delle pinne di squalo vendute ogni anno in un commercio da mezzo miliardo di dollari».
Un passo importante ma non privo di rischi: c’è chi è critico verso questa decisione poiché l’introduzione nella lista dell’Appendice II potrebbe avere l’effetto opposto, portando all’aumento del prezzo di pinne e carne di squalo sul mercato nero e alimentando la pesca illegale.
La proposta è stata adottata nella seduta plenaria del 25 novembre.