Contesto geo-politico
Le isole Fær Øer sono 18 isole che formano l’arcipelago situato al largo delle coste settentrionali dell’Europa continentale, tra il mare di Norvegia ed il nord dell’oceano Atlantico, a metà tra l’Islanda e la Scozia.
La popolazione delle isole è formata da circa 50 mila abitanti, con una densità abitativa di circa 35 abitanti per km quadrato, la cui divisione amministrativa è formata da 29 comuni, con circa 120 città e villaggi. Ad oggi, le isole Fær Øer, che rappresentano una dipendenza autonoma della Danimarca, non fanno ufficialmente parte dell’U.E., secondo un protocollo al trattato di adesione della Danimarca alla Comunità Europea, e non hanno aderito al trattato di Schengen che consente la libera circolazione tra i paesi aderenti.
Dopo un periodo di forte crisi economica negli anni 90, che ha portato con sé un drastico calo dell’attività di pesca, l’economia dell’isola sembrerebbe essersi ripresa con un tasso di disoccupazione sceso al 5% a metà del 1998, poi successivamente risalito.
La quasi totale dipendenza dell’economia del luogo alle attività di pesca comporta il fatto che le isole restino dipendenti alle oscillazioni di questa attività. Il resto delle attività è formata, poi, quasi esclusivamente dal pascolo degli animali (prevalentemente allevamento ovino). In tale contesto geografico ed economico/politico si colloca la “grindadrap”.
La parola “grindadrap”, in faroese, significa letteralmente “uccisione della balena” o “caccia alla balena”. Con questo nome ci si riferisce, infatti, alla tradizionale e cruenta caccia di globicefali nelle isole Fær Øer, appunto, una tradizione antica che un tempo costituiva la principale attività economica, portata probabilmente nell’isola dai Vichinghi nel X secolo. È un tipo di caccia che esiste solo in queste isole, che ha ad oggetto prevalentemente le balene pilota, i lagenorinchi e i delfini che puntualmente, all’inizio dell’estate, vengono massacrati sulle coste di queste isole con l’uso di armi, lame e funi.
A titolo esemplificativo, sappiamo che ogni anno vengono sgozzate circa 600 balene e 35-40 delfini. Nel 1940 ne furono uccisi 1200. Nel mese di settembre del 2021 è stata addirittura raggiunta la cifra horror di 1500 delfini uccisi.
Come avviene la mattanza?
La grindadrap comprende diverse fasi che coinvolgono abitanti di età e status diversi, in cui ognuno ha un diverso ruolo prestabilito, sulla base di una divisione gerarchizzata e spazialmente ben organizzata. Dall’individuazione del branco dei cetacei, fino alla distribuzione delle carni e del grasso dopo la macellazione, questa pratica costituisce di fatto parte integrante della cultura identitaria delle isole.
Principalmente, fattori come l’isolamento geografico, il clima rigido e la mancanza di vegetazione hanno reso difficile lo sfruttamento delle risorse terrestri. Per contro, i cetacei sono stati sfruttati come risorsa alimentare e per altri usi dalla popolazione locale (ad esempio, il grasso veniva tramutato in olio per le lampade e quindi per produrre illuminazione).
Nella pratica, il braco di cetacei, una volta localizzato, oggi con metodi molto più avanzati di un tempo, viene segnalato e letteralmente accerchiato dalle navi, che lo indirizzano, principalmente spaventandolo con rumori forti, verso la baia, dove gli animali saranno così costretti ad arenare e dove avverrà la loro brutale macellazione.
Per comprende la dimensione gerarchizzata del fenomeno, basti osservare che nella mattanza sono ricompresi diversi ruoli: ad esempio, Il sýslumaður è un ufficiale di polizia responsabile dell’intero processo, che dirige le operazioni di grindadráp che si svolgono all’interno del suo distretto, che vanno dalla scelta della baia di macellazione alla parte delle catture concessa ai vari beneficiari. Inoltre, egli assegna i ruoli ricoperti dai diversi partecipanti.
Il sýslumaður è assistito dai grindaformenn (quattro per baia), assistenti di caccia eletti pubblicamente.
Il “grindaboð” è invece il messaggio trasmesso da una staffetta di villaggio in villaggio per informare sulla presenza di cetacei. I metodi di trasmissione sono vari, considerate le condizioni climatiche spesso avverse, la distanza e la particolare insularità: segnali di fumo, corridori, vogatori o, semplicemente, urla. La macellazione è consentita solo su alcune spiagge, quelle ufficialmente riconosciute per le loro caratteristiche di sufficiente sicurezza ed efficacia e dal 2015 è inoltre necessario ottenere un permesso per parteciparvi, conseguibile solo dopo aver completato un corso sull’uso della lancia rachidiana, una delle principali armi utilizzate nella pratica.
La spiaggia deve essere sufficientemente ampia, sabbiosa, abbastanza inclinata da evitare che i cetacei la percepiscano come un ostacolo e in modo da consentire ai cacciatori a terra di avanzare in acqua verso i cetacei senza perdere l’equilibrio.
Dagli ultimi dati disponibili, la grindadráp sarebbe autorizzata su 23 spiagge delle isole, la maggior parte delle quali appartenenti ai villaggi vicini. «Le cacce Grindadrap possono trasformarsi in massacri prolungati e spesso disorganizzati».
«I globicefali e i delfini possono essere uccisi per lunghi periodi davanti ai loro simili mentre sono spiaggiati su sabbia, rocce o semplicemente lottando in acque poco profonde».
«È oltraggioso che una simile caccia abbia luogo nel 2021 in una comunità insulare europea molto ricca a soli 230 miglia dal Regno Unito senza la necessità o l’uso di una quantità così grande di carne contaminata» (dichiarazioni rilasciate da Rob Read, COO di Sea Shepherd UK).
Valenza socio-culturale e il ruolo delle ONG
In generale, la caccia comunitaria dei cetacei per la sussistenza umana è una pratica dalle antiche radici in ambienti artici e subartici, già praticata dai popoli Inuit in Canada, Alaska, Russia, Groelandia, ed oggi praticata anche in Giappone, Nuova Zelanda, Indonesia, Vietnam, Norvegia, Islanda e, appunto, nelle Isole Faroer. Come accennato in precedenza, la pratica è stata probabilmente portata nelle isole con l’arrivo dei Vichinghi, e da allora è rimasta presente, evolvendosi nel tempo con nuovi mezzi tecnici o influenzata da eventi politici esterni alle isole.Il fenomeno rappresenta per la popolazione locale un vero e proprio macabro rito collettivo: gli abitanti si riuniscono in spiaggia, partecipando o osservando il bagno di sangue.
Nel frattempo, quando i cetacei arrivano ad un livello sufficientemente basso di acqua, i cacciatori avanzano verso di loro ed il cacciatore di testa lancia un gancio nello sfiatatoio della balena, che tiene legato con una corda, come in una sorta di far west delle acque.
La macellazione è altrettanto cruenta: gli animali vengono sezionati a livello della colonna vertebrale e delle adiacenti arterie con una lancia ed il collo viene reciso per drenare l’enorme quantità di sangue. Infine, gli animali sono issati sul molo o riportati sulla spiaggia sul punto di più alta marea per essere sviscerati prima della valutazione e distribuzione delle parti del loro corpo.
Il ruolo delle ONG e la posizione dei locals
La grindadrap, come abbiamo visto, ha da sempre assunto i connotati di una tradizione locale. L’arrivo delle ONG sull’isola come forma di protesta e sensibilizzazione del fenomeno ha segnato l’inizio di azioni cominciate solo a partire dagli anni 90, Greenpeace prima fra tutte. Con la sua azione, a seguito di un periodo di proteste, si ottennero una serie di cambiamenti, principalmente condizioni più “umane” di uccisione, a seguito delle quali Greenpeace si è in parte ritirata dall’opposizione alla pratica nel 1985.
La Greenpeace è stata poi seguita da Sea Sheperd, che ha documentato con enorme impegno e grandi rischi la grindadrap, trasmettendo ai media europei ed internazionali le immagini della mattanza raccolte sulle isole, e da allora, da più di 30 anni è ancora in campagna, affiancando agli interventi sul campo un’azione politica e giuridica.
Numerosi attiviste ed attivisti sono stati vessati, denunciati ed arrestati per aver documentato la grindadrap durante l’operazione Bloody Fjords.Paradossalmente, le azioni delle ONG hanno in parte avuto l’effetto di creare tra i Faroesi una maggiore coesione attorno alla grindadrap, rafforzandola: una sorta di macabro braccio di ferro per affermare la cattiveria umana.
Da un lato, infatti, l’opinione pubblica raramente resta indifferente alle immagini particolarmente cruente che arrivano dalle Faroer, dall’altra la popolazione locale sostiene quasi in maniera totalitaria la grindadrap, in un dibattito che coinvolge temi quali la sua necessità, la sua sostenibilità, la morale.
La maggior parte dei Faroesi difende la grindadráp in quanto fa parte di un insieme di pratiche di sussistenza ancora in uso nelle isole Faroer, tra cui la caccia agli uccelli marini e la pesca (Kerins, 2010). Essa è parte integrante della società, la carne ed il grasso delle balene vengono mangiate dai faoeresi; essa ha, in sostanza, un vero e proprio ruolo culturale e comunitario, crea aggregazione, legami sociali che si sviluppano in occasione degli incontri e riceve ampio consenso, in maniera preoccupante anche tra i più giovani (dati ricavati dalla ricerca svolta da Fabien Pouillon e Lionel Laslaz, “La grindadráp nelle Isole Faroer: approccio geografico di una controversia ambientale”, Géoconfluences, aprile 2019).
Ridonda la retorica della “tradizione”, quella a cui ci solitamente ci si appiglia quando si vuole difendere un privilegio.
Il Capitano Paul Watson ha detto:
“L’obiettivo di Sea Shepherd è quello di mostrare questa atrocità al mondo. Sea Shepherd non può fermare le uccisioni e non abbiamo mai preteso di poterlo fare, ma costruire una consapevolezza globale e lavorare per costruire una forte base politica ed economica porterà a una pressione economica, diplomatica e politica che risulterà efficace”.
Tra l’altro, vista l’allarmante situazione attuale dei nostri oceani, i cetacei accumulano nei loro corpi sostanze inquinanti (principalmente mercurio e PCB) tali per cui negli ultimi decenni le autorità sanitarie delle Faroer hanno fortemente sconsigliato di consumare meno/eliminare del tutto la carne nella propria dieta.
Interventi normativi
Una volta chiarito il ruolo sociale che la grindadrap ha da sempre assunto nelle isole Faroer, occorre sottolineare che, nei tempi attuali, in cui la carne viene importata e l’elettricità si ricava anche solo dall’acqua, l’essenzialità della grindadrap sembra essere dubbia.
L’attività è comunque ampiamente approvata e sostenuta dalle autorità faroesi, ma non ovviamente dalla International Whaling Commission, istituita nel 1946 per regolare l’industria baleniera, che tuttavia non è legittimata ad intervenire in quanto gli animali massacrati dalla grindadrap sono attualmente classificati come “piccoli cetacei”, e dunque fuori dalla sua sfera di protezione.
I cetacei sono attualmente protetti anche dalla Convention on the Conservation of European Wildlife and Natural Habitats, adottata dal Consiglio d’Europa nel 1979 con lo scopo di “conservare la flora e la fauna selvatiche e i loro habitat naturali, specialmente quelle specie e habitat la cui conservazione richiede la cooperazione di più Stati, e promuovere tale cooperazione.
”Gli animali uccisi dalla grindadrap vi rientrano certamente, in quanto nell’elenco si ritrovano espressamente compresi la Globicephala macrorhynchus, la Globicephala melas, il Lagenorhynchus acutus ed il Lagenorhynchus albirostris.Gli animali uccisi sulle isole Faroer sono anche protetti dalla celebre Direttiva Habitat (Direttiva n. 92/43/CEE), emanata dalla Commissione Europea nel 1992 e relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche.
La caccia è ripudiata e qualsiasi forma di disturbo, cattura o uccisione deliberata dei cetacei è vietata in tutti gli Stati Membri. Il problema reale, però, per cui non si riesce effettivamente ad intervenire, è che le isole Faroer non fanno ufficialmente parte dell’Unione Europea, rappresentando una regione autonoma della Danimarca.
Il Governo Danese, dal suo canto, si è sempre dimostrato connivente alla pratica, ed in passato ha addirittura finanziato operazioni militari e poliziesche, coadiuvate dalla marina militare e dalle Dogane a difesa dei cacciatori e per ostacolare il lavoro degli attivisti. Addirittura, nel 2018, l’onorevole Magni Arge, membro del parlamento danese, ha partecipato al massacro.
Di fatto, i funzionari delle Færøer hanno cambiato le leggi per tutelare la grindadrap e punire severamente chiunque cerchi di proteggere i globicefali e i delfini dall’uccisione. Nell’ambito dell’operazione Bloody Fjords di Sea Shepherd Global, mirata alle istituzioni che sostengono le azioni criminali, l’8 maggio, Sea Shepherd Netherlands ha presentato ufficialmente una richiesta alla Commissione Europea per avviare una procedura di infrazione contro la Danimarca con l’accusa di facilitare la strage di globicefali, delfini ed altri cetacei nelle Isole Faroer, presentando anche una petizione a sostegno firmata da oltre 250.000 persone provenienti da tutto il mondo.Se le isole Faroer non sono soggette alla giurisdizione dell’Unione Europea, la Danimarca lo è.
Ed è qui che l’europarlamentare portoghese Francisco Guerreiro, che fa parte della PECH (Commissione per la pesca del PE) ha individuato uno spiraglio su cui poter intervenire con una proposta di risoluzione parlamentare) presentata al Parlamento Europeo, con il sostegno della coalizione Stop the Grind, lo scorso 12 aprile 2024.Nella proposta, in considerazione del fatto che l’Unione Europea ha adottato una legislazione volta a proteggere i cetacei dalla caccia, dalla cattura e dal mantenimento in cattività e a vietare il commercio di prodotti ottenuti da tali animali e provenienti da paesi terzi, il Parlamento dichiara di condividere le preoccupazioni in merito al grindadrap e che questo sia in conflitto con i valori europei, invitando la Commissione a:
a. riaprire i negoziati per l’accordo tra l’UE, il governo della Danimarca e il governo locale delle Isole Fær Øer relativo alle importazioni ittiche e alle pratiche di pesca, e interrompere le importazioni fino a quando il governo delle Isole Fær Øer non sospenda a tempo indeterminato il grindadráp;
b. rivedere l’accordo dell’UE con il governo delle Isole Fær Øer sulla loro partecipazione ai programmi dell’Unione, nonché sospendere i finanziamenti alle Isole Fær Øer nel quadro di Orizzonte Europa e di altri programmi dell’Unione, sottolineando che la caccia alle balene e ai delfini delle Isole Fær Øer non è in linea con gli obiettivi di sostenibilità dell’UE;
c. imporre l’etichettatura del paese d’origine per i prodotti ittici provenienti dalle Isole Fær Øer al fine di migliorare la trasparenza nel mercato unico e consentire ai consumatori di compiere scelte informate;
d. garantire l’allineamento della regolamentazione delle Isole Fær Øer in materia di caccia alle balene alle norme internazionali, comprese le disposizioni volte a tutelare le madri e i piccoli dei mammiferi marini interessati.
Conclusioni
In attesa, dunque, che qualcosa finalmente si smuova a livello europeo, è necessario continuare a tenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica sulla questione, posto che la pressione politica e l’azione diretta sembrano attualmente essere l’unico spiraglio di luce in questo mare rosso.
La grindadrap, geograficamente lontana da noi, non è in realtà così dissimile rispetto a tante “tradizioni” crudeli ancora presenti in tutta Europa ed in Italia, che continuano, nonostante non sia più necessario nemmeno per ragioni di sopravvivenza, a far passare lo sfruttamento e l’uccisione degli animali come qualcosa che possa essere tollerato e addirittura ben voluto in ottica identitaria, mascherando la supremazia specista sotto le vesti di una presunta “tradizione”.