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Tauromachia: un retaggio da superare

Negli ultimi anni il dibattito sulla tauromachia ha acquisito una rilevanza crescente. Se da un lato gli spettacoli taurini vengono considerati “patrimonio culturale condiviso”, sempre più voci ne chiedono la fine, denunciandone la crudeltà e l’incompatibilità con una società che riconosce i diritti degli animali.
Giorgia Chiaramonte

Giorgia Chiaramonte

Avvocato presso il Foro di Catania e specializzata in diritto civile, ha conseguito un Dottorato di Ricerca in Scienze Giuridiche. Laureata in Giurisprudenza presso l'Università di Trento, unisce la sua formazione legale a un forte impegno personale per i diritti degli animali.

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La tauromachia in Spagna tra tradizione e contestazione

Esempi di tauromachia si trovano in Spagna, Portogallo, Francia e America Latina. La cultura popolare iberica, e in particolare quella spagnola, è intimamente legata alla spettacolarizzazione della sofferenza dei tori. Oltre alla corrida, numerosi festival popolari coinvolgono il martirio e l’uccisione di questi animali. Tra gli eventi meno conosciuti, a Denia, nella Comunità valenciana, il “bous a la mar” consiste nel far cadere il toro in mare dopo una serie di inseguimenti e spintonamenti da parte degli uomini: molto spesso il toro muore per affogamento (vedi qui).

Queste pratiche, profondamente radicate in alcune comunità, sono sempre più oggetto di contestazione.

Oggi la tauromachia è diventata un tema centrale nel dibattito pubblico. Ad esempio, proprio il bous a la mar è oggetto di petizioni e proteste che ne chiedono l’abolizione.

Ancora, la tauromachia è stata oggetto di scontro tra lo Stato centrale e la Comunità autonoma catalana e, come avevamo spiegato in questo articolo, la Corte Costituzionale spagnola ha dichiarato nel 2016 l’incostituzionalità della legge catalana 28/2010 che vietava le corride per violazione della competenza esclusiva statale, sul presupposto che la tauromachia fa parte del patrimonio nazionale.

Infatti, nelle more del Recurso de Incostitucionalidad è entrata in vigore la Ley n. 18/2013 para la regulación de la Tauromaquia como patrimonio cultural, che ha dichiarato la tauromachia patrimonio culturale immateriale dello Stato spagnolo.

Non è un caso nemmeno che la Ley n. 18/2013 sia stata pubblicata all’indomani dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. In particolare, l’art. 13 TFUE riconosce gli animali come esseri senzienti ma nel rispetto delle disposizioni legislative o amministrative e le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regionale. Proprio questa riserva era stata introdotta all’esito di un’attività di lobbying da parte dei diplomatici spagnoli (sul punto, A. Peters, Liberté, Égalité, Animalité: Human–Animal Comparisons in Law, in Transnational Environmental Law, 2016, p. 25 ss., in particolare p. 38).

Oggi, un’iniziativa legislativa popolare, sostenuta da 715.606 firmatari e promossa dal comitato No Es Mi Cultura, chiede l’abrogazione della Ley n. 18/2013 così da restituire ai governi locali il potere di decidere se permettere o proibire gli spettacoli taurini. I promotori evidenziano come questi spettacoli rappresentino una grave eccezione alle normative sulla protezione degli animali e non dovrebbero più essere considerati parte del patrimonio culturale.

L’America Latina verso il divieto della tauromachia

Mentre in Spagna la legislazione nazionale attualmente protegge e incentiva gli spettacoli taurini, il contesto latino-americano sta evolvendo in direzione opposta. Come notato da attenta dottrina, «Lo stretto collegamento tra sfera antropologico-culturale della tauromachia e terra spagnola ha fatto sì che l’approccio latino-americano agli spettacoli taurini sia stato forte nelle more della dominazione iberica ma che perda gradualmente di intensità parallelamente alla ritirata della dominazione spagnola sul continente australe» (S.M. Gaias, La tauromachia tra retroguardie antropocentriche, diritti degli animali e patrimonio culturale immateriale. Il caso spagnolo e messicano a confronto, in Nomos, 1/2023).

La Colombia si è aggiunta tra i paesi latino-americani che vietano gli spettacoli taurini con una legge nota come “Ley No Más Olé” approvata il 28 maggio 2024 dal Congreso de la República. Anche in Messico, sebbene la battaglia legale sull’abolizione della tauromachia sia ancora in corso, si sono registrati sviluppi importanti. Nel 2018 la Suprema Corte de Justicia de la Nación, attraverso la resolución n. 163/2018 – relativa ai combattimenti tra galli – ha stabilito, più in generale, che il benessere degli animali è un principio costituzionale implicito e come tale limita il diritto alle manifestazioni culturali che ne concepiscono la lesione.

Diverse città del Messico hanno cancellato gli spettacoli taurini mentre nella capitale la loro sospensione è oggetto di uno scontro giurisprudenziale.

Questi esempi dimostrano che il dibattito sulla tauromachia è tutt’altro che chiuso. Mentre alcuni paesi iniziano a riconoscere il diritto degli animali a non essere sottoposti a sofferenze, altri si aggrappano a tradizioni anacronistiche. Il cammino verso un mondo senza spettacoli taurini è ancora lungo, ma la crescente opposizione sociale lascia intravedere la possibilità di un futuro in cui la crudeltà sugli animali non sia più giustificata in nome della cultura.

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