Cuccioli di razza: introduzione illegale nel territorio dello Stato e altri crimini odiosi

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Con la sentenza in esame la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi proposti dagli imputati avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano che aveva condannato i medesimi alla pena di anni 4 di reclusione ed Euro 3000,00 di multa ciascuno, riconoscendoli colpevoli del reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di più reati di importazione illecita aggravata di cuccioli di animali da compagnia (articolo 110 c.p. e L. n. 201 del 2010, articolo 4, commi 1, 2 e 3), di maltrattamento dei medesimi animali (articoli 110, 81 cpv c.p. e articolo 544-ter c.p., commi 1 e 2) aggravato dalla morte di numerosi cuccioli nonché, infine, dei reati di frode nell’esercizio del commercio (articoli 110, articolo 81 cpv e 515 c.p.) e di falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità (articoli 110, 81 cpv e 481 c.p.).

Nel processo di merito era stato infatti accertata, tramite intercettazioni telefoniche e ambientali, l’esistenza di un’organizzazione, volta all’approvvigionamento all’estero di cuccioli di razza destinati alla vendita clandestina; tale organizzazione era risultata costituita da almeno tre persone, delle quali l’una provvedeva a reperire i cuccioli di eta’ inferiore a 12 settimane, privi dei sistemi di identificazione individuale e delle necessarie certificazioni, li trasportava in condizioni cliniche e igieniche precarie, sì da cagionarne in taluni casi il decesso e li consegnava ad un’altra che, con l’aiuto della madre, provvedeva alla custodia e alla rivendita dopo aver fatto attestare il falso nei libretti sanitari circa l’età, la nascita, la provenienza dei cuccioli, nonché lo stato di salute.

I ricorsi proposti avevano variamente contestato la sentenza di seconde cure, in particolare con riguardo alla sussistenza del numero legale dei partecipanti e alla durata dell’associazione.

I giudici di legittimità, come anticipato, hanno respinto i gravami ritenendo immune da vizi la motivazione dei giudici di merito che avevano riconosciuto la colpevolezza degli imputati sulla scorta di un quadro probatorio inequivoco non solo della commissione dei singoli fatti criminosi, ma anche dell’esistenza di uno stabile sodalizio criminoso, sia pure rudimentale, per un ampio lasso temporale, nel quale i soggetti si erano accordati per commettere una serie indeterminata di reati.

In particolare la donna, di cui veniva contestato il ruolo di partecipe, aveva collaborato quotidianamente e in piena consapevolezza in tutte le attività del figlio che aveva gestito i cuccioli nell’abitazione della madre — attraverso le attività di custodia, cura e regolarizzazione — aveva intrattenuto i rapporti con il veterinario dal quale aveva portato gli animali e aveva svolto l’attività illecita di rivendita dei cani con la collaborazione della madre.

In questo quadro, ad avviso della Corte, l’esistenza della consorteria criminosa non poteva ritenersi esclusa per il fatto che la stessa fosse imperniata per lo più intorno a componenti della stessa famiglia, atteso che, al contrario, i rapporti parentali, sommandosi al vincolo associativo, rendevano quest’ultimo ancora più pericoloso.

Inoltre la partecipazione della donna — ha precisato la Corte — poteva ben prescindere dalla dimostrazione del ruolo specifico svolto nell’ambito dell’associazione, poiché la partecipazione al sodalizio criminoso può realizzarsi nei modi più svariati, la cui specificazione non è richiesta dalla norma incriminatrice e non può, quindi, essere richiesta nemmeno nella sentenza di condanna.

Quanto alla durata dell’associazione la Corte ha sottolineato che, ai fini della configurabilità di una associazione a delinquere, è necessaria la esistenza di un programma criminoso che preveda un numero indeterminato di delitti da commettere, ben potendo tuttavia l’associazione essere progettata per operare per un tempo determinato, come nel caso di specie in cui i soggetti, partecipando a vario titolo, avevano costituito un’organizzazione rudimentale finalizzata alla commissione di una pluralità di delitti che erano stati perpetrati in un ampio arco di tempo.

Una statuizione di particolare interesse nell’ambito della sentenza che si annota è quella relativa alla ritenuta legittimità e congruità della condanna civile al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva disposta dai giudici di merito in favore dell’associazione costituitasi parte civile e riconosciuta nella misura di 5000 euro, tenuto conto non solo del danno patrimoniale derivato all’associazione (che era stata nominata custode dei cani caduti in sequestro nel corso del procedimento, ed aveva dunque provveduto alla loro cura e mantenimento), ma anche del danno morale conseguito all’illecito (attesa la corrispondenza ontologica degli interessi tutelati dall’Ente, evincibili dallo statuto, con quelli protetti dai reati contestati).

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