Pochi giorni fa abbiamo pubblicato una sentenza interessante sotto il profilo dell’integrazione del maltrattamento di animali ex art. 544 ter c.p. attraverso una condotta di sostanziale isolamento di un cane. In quella sede abbiamo osservato che la Corte di cassazione, con un obiter dictum, aveva sostenuto che bene giuridico tutelato dall’apparato normativo introdotto con la legge n. 189/2004 fosse la pietas, il sentimento di pietà verso gli animali e non l’animale in sè. Criticando questa impostazione ed etichettandola come antiquata si è fatta menzione di posizioni più evolutive nella giurisprudenza di merito e di legittimità.
L’occasione per dimostrare l’assunto è data dalla recente e importante — per quanto inspiegabilmente ignorata — sentenza della Corte di cassazione n. 3674/2018 (Pres. Savani, Rel. Scarcella) che pone la parola fine a un fatto increscioso giudicato in primo grado davanti al Tribunale di Pavia.
Per la storia completa, vedi, Gasparre-Monzani, Camici sporchi. Quando dr. Jekill e Mr. Hyde sono tra noi. Due storie vere, Key editore.
Qui proponiamo, per ora, solo un estratto che smentisce la posizione della Corte assunta nella sentenza di qualche giorno fa e porta argomenti a favore del superamento di una tesi che, per varie ragioni, non è più condivisibile.
La Corte afferma il principio di diritto secondo cui:
«non integra elemento essenziale né del reato di uccisione né di maltrattamento di animali l’identificazione della persona offesa dallo stesso (ossia l’animale, posto che la previsione di tali reati riconosce il valore giuridico della vita dell’animale, che è soggetto passivo del reato e non mero oggetto materiale, seppur in una prospettiva di unità dell’ordinamento che esclude qualsivoglia conflitto con le attività lecite che sono espressione della natura e della cultura umana, avendo infatti il legislatore previsto tra gli elementi oggettivi del fatto l’assenza di “necessità” e la “crudeltà” che, anche oltre i limiti delle scrutinanti in senso stretto, escludono il potenziale conflitto con altri beni giuridici gravitanti attorno all’uomo), con la conseguenza che, una volta accertata la sussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie criminosa (omissis), la responsabilità dell’autore non è esclusa dal fatto che sia rimasta ignota o non compiutamente identificata la vittima di uno dei reati di cui agli arti. 544 bis e 544 ter c.p., ossia l’animale ucciso o maltrattato».
Per un ulteriore disamina di casi giudiziari, volendo, Gasparre, Diritti degli animali. Antologia di casi giudiziari oltre la lente dei mass media, Key editore