Il fenomeno della zoomafia
Partendo dalla definizione di “zoomafia”, possiamo definire tale fenomeno come quel “settore della mafia che gestisce attività illegali legate al traffico o allo sfruttamento degli animali” (Zingarelli, vocabolario della lingua italiana, cit.) o, ancora, “l’organizzazione criminale che trae profitto dal controllo di attività illegali che hanno al centro gli animali, quali corse clandestine, traffico di specie esotiche, etc.” (Aldo Gabrielli, grammatico, linguista, lessicografo e scrittore italiano, cit.).
Pertanto, intendiamo per “zoomafia” lo sfruttamento degli animali non umani per ragioni economiche, di controllo sociale e di dominio sul territorio, da parte di singoli che si riuniscono ed associano in clan mafiosi ed il contestuale sviluppo di un substrato delinquenziale radicato sul territorio che fa dello sfruttamento degli animali non umani il perno delle proprie attività criminali, in una cornice di violenza, prevaricazione e specismo.
La zoomafia, fenomeno che si registra soprattutto nel sud nostro paese, si nutre di un apparato che ha relazioni collusive con le realtà istituzionali e tristemente comprende: corse e scommesse clandestine di cavalli, svariati fenomeni illegali nel mondo dell’ippica, mercato e pesca illegale, macellazione clandestina, controllo dei pascoli, traffico illegale di cuccioli domestici e selvatici, combattimenti tra cani ma anche bracconaggio, mercato illegale di armi da caccia e controllo sui rifugi. Tale triste ed allarmante fenomeno, studiato e contrastato dalle associazioni animaliste da più di 25 anni e tenuto sotto controllo dalla Direzione investigativa antimafia, si è sviluppato soprattutto nelle regioni Sicilia, Calabria, Puglia, Campania, Abbruzzo e Lazio, ma diversi casi sono stati registrati e documentati anche in Basilicata, Molise, Marche ed Emilia-Romagna.
Le corse clandestine di cavalli
Nel macro-contesto della zoomafia, assumono particolare rilevanza le corse clandestine dei cavalli, attività criminale probabilmente sottovalutata dall’opinione pubblica. Tale fenomeno, insieme alle scommesse illegali, rappresenta, oltre che un rischio per l’incolumità degli animali1umani e non umani, una plateale dimostrazione che, ancora oggi, la criminalità organizzata esercita sui nostri territori un potere che si riversa sulle nostre vite attraverso il controllo dei corpi e la violenza sugli stessi per amplificarne la portata. Potere che viene intensificato anche servendosi delle piattaforme social più moderne (soprattutto Tiktok) dove, sempre più spesso, queste attività vengono trasmesse e pubblicizzate. Le corse clandestine di cavalli sono trasmesse anche in diretta streaming sui social, e più che una mera ostentazione goliardica, si tratta di una vera e propria operazione di marketing finalizzata a canalizzare gli “spettatori” interessati.
Il rapido guadagno, la possibilità di riciclaggio, i bassi rischi giudiziari rappresentano terreno fertile per le infiltrazioni criminali nell’organizzazione delle corse dei cavalli, in un oscuro contesto in cui omertà e simpatie popolari si mescolano a violenza ed intimidazione, alimentando una preoccupante spirale di omertà ed indifferenza verso la sofferenza animale.Le organizzazioni mafiose hanno, di fatto, storicamente sfruttato le corse di cavalli come attività lucrativa, organizzando le corse durante feste religiose ed in circuiti impropri, finanche sulle principali strade delle città interessate. Questi eventi coinvolgono moltissime persone ogni anno, in un vero e proprio rito collettivo in cui il cavallo è diventato il simbolo stesso della cultura mafiosa: basti pensare che ai cavalli viene sovente dato il nome dei boss, oppure vengono loro dedicate canzoni neomelodiche che fanno da sfondo ai video delle corse sui social.
L’organizzazione delle corse segue sempre un rituale standardizzato e ben definito (per approfondire la fenomenologia delle corse clandestine cfr. anche Cassazione Penale – Sezione III – 28 febbraio 2012, sentenza n. 7671), che comprende fasi di ispezione preventiva del percorso, raduno degli spettatori e ronde motocicliste per assicurare lo svolgimento della gara: tutti metodi atti a ribadire il controllo sul territorio, garantire il sodalizio, favorire il giro del danaro sporco ed il riciclaggio, nonché a dare occupazione ai membri che organicamente fanno parte del gruppo criminale. Un modo, insomma, per rendere nota e rafforzare la propria presenza sul territorio in un’ottica di dominio ben radicata, a discapito, ancora una volta, delle terre e degli animali che le abitano2.
Le inchieste che sono state condotte negli anni riportano condotte comuni, ricorrenti e seriali, in cui gli stessi individui commettono più volte gli stessi reati, seguendo un preciso modus operandi che si reitera e che rappresenta quella cornice di contesto che dobbiamo assolutamente imparare a riconoscere ed osservare per poter pienamente comprendere il fenomeno della zoomafia nella sua interezza. Le indagini condotte dalle Procure, dalla DIA e seguite dalla Lav hanno, nel corso degli anni, documentato come, parallelamente alle corse clandestine dei cavalli, l’attenzione della consorteria si rivolga anche all’attività di riciclaggio del denaro ricavato, per garantire la stabilità economica delle associazioni mafiose.
Le infiltrazioni nell’ippica ufficiale
Non è solo l’ippica clandestina, infatti, ad essere inquinata dalle infiltrazioni della zoomafia, ma anche quella ufficiale3. Tra allibratori, scommesse clandestine, gare truccate, cavalli rubati e dopati, influenze illecite, minacce e malaffare, numerose sono state le indagini che hanno portato a sequestri di beni e di cavalli e che hanno svelato la chiara associazione esistente tra le grandi famiglie mafiose ed il mondo dell’ippica (per approfondire, vedasi anche la Relazione del Ministero dell’Interno al Parlamento sull’attività svolta e risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia, gennaio – giugno 2020).
Gli ambiti di illegalità che riguardano le gare anche ufficiali sono purtroppo tantissimi: gestione delle puntate clandestine nei centri scommesse ma anche azioni che incidono sulla regolarità delle corse (accordi scuderie – driver, intimidazioni verso i fantini, somministrazione di sostanze dopanti ai cavalli).
È importante comprendere che il fenomeno della zoomafia, in sé, richiede necessariamente un assetto piramidale associativo, per esigenze logistiche, tecnico-organizzative, economiche; richiede disponibilità ingente di capitali, organizzazione, suddivisione dei ruoli, conoscenza approfondita della geografia dei territori. L’organizzazione delle corse richiede, di fatto, una rapida abilità organizzativa sul territorio ed una capacità di adattamento alle situazioni impreviste.
Non a caso, “Le corse clandestine di cavalli, fanno ormai parte di quel pericoloso percorso di devianza delle coscienze, soprattutto delle nuove leve, verso azioni e comportamenti delinquenziali, paralleli e contigui a quelli mafiosi e, allo stesso tempo, fanno da “contorno” alla loro quotidiana attività incentrata sulla violenza e la prevaricazione” (così, “Nuova normativa a tutela degli animali e contrasto alla criminalità organizzata” di Ciro Troiano, criminologo e responsabile dell’Osservatorio Nazionale zoomafia – LAV, pag. 3).
Contrastare questo fenomeno, quindi, rappresenta per noi tutti un necessario atto di riscatto sociale e di riconsegna del territorio alla legalità ed ai suoi abitanti umani e non. È un lavoro che da anni fanno le associazioni animaliste, in prima linea la Lav: in 25 anni sono state denunciate 4223 persone, 1389 cavalli sono stati sequestrati e 155 corse e gare clandestine sono state bloccate o denunciate (dai rapporti Zoomafia di LAV, a cura di Ciro Troiano, criminologo e responsabile dell’Osservatorio zoomafia LAV).
Già nel 2020, erano stati registrati 12 interventi delle forze dell’ordine, denunciate 10 corse clandestine, e 133 persone denunciate, sequestrati 48 cavalli; nel 2021 sono stati registrati 17 interventi delle forze dell’ordine, 12 corse clandestine denunciate, 130 persone denunciate, 32 cavalli sequestrati. Nel 2022, infine, sono stati registrati 6 interventi delle forze dell’ordine, 6 corse clandestine denunciate, 54 persone denunciate, 5 cavalli sequestrati (dai rapporti Zoomafia di LAV anni 2021, 2022 e 2023).
Possiamo quindi dire che, nonostante le leggi e regolamentazioni che ne vietano l’organizzazione e la partecipazione, le corse clandestine di cavalli continuano a rappresentare un grave problema per gli animali e, in generale, un allarmante fenomeno sociale per il nostro Paese.
La normativa di riferimento
Venendo ad un’analisi più tecnica, osserviamo che la nostra normativa prevede attualmente una serie di norme atte a contrastare il fenomeno della zoomafia.
L’art. 544-bis c.p., in primis, punisce chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagioni la morte di un animale con la reclusione da quattro mesi a due anni e la stessa pena è prevista per chiunque somministri ad animali sostanze stupefacenti o vietate o li sottoponga a trattamenti che procurano loro un danno alla salute. Secondo la giurisprudenza non è necessario, per la sussistenza del reato, che dai maltrattamenti sia derivata una vera e propria lesione all’integrità fisica dell’animale4.
L’articolo 544-ter c.p. punisce, poi, chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagioni una lesione ad un animale ovvero lo sottoponga a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro. La stessa pena si applica a chiunque somministri agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottoponga a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi. La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui sopra derivi la morte dell’animale5.
A tal proposito, è fondamentale ricordare che la somministrazione ad un animale di sostanze dopanti costituisce di per sé un danno per l’animale, così come quella di farmaci dopanti (e non) senza specifiche necessità terapeutiche non può certo rientrare nel concetto di garanzia del “benessere animale”, anche perché, in realtà, tali azioni tendono a ben altre finalità, principalmente di tipo economico.
Ancora, l’art. 544 quinquies del codice penale, punisce, con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 50.000 a 160.000 euro “chiunque promuove, organizza o dirige competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l’integrità fisica”6.
Gli elementi necessari per la realizzazione del reato in esame sono, dunque, l’assenza di autorizzazione ed il carattere di “pericolo” per l’integrità fisica degli animali che tali competizioni devono rappresentare. Perché si integri il reato è sufficiente, trattandosi in tal caso di reato di pericolo, che la condotta sia
foriera di rischi per la incolumità fisica degli animali e, quindi, non richiede che agli animali sia stata causata una concreta sofferenza, ma presuppone una valutazione ex ante sul possibile verificarsi della situazione di pericolo7.
La norma specifica che la pena è aumentata da un terzo alla metà se tali attività vengono compiute in concorso con minorenni e persone armate; utilizzando videoproduzioni o materiale di qualsiasi tipo contenente scene o immagini dei combattimenti e delle competizioni; e, ancora, se il colpevole cura la ripresa o la registrazione in qualsiasi forma dei combattimenti e delle competizioni.
La presenza di bambini o minorenni nel giro delle corse clandestine è stata accertata più volte in sede giudiziaria. Nell’ambito della zoomafia, infatti, i bambini vengono impiegati nell’ausilio alla raccolta di scommesse, all’accudimento degli animali (ad es. i pony), nel fare da “palo”, etc. Il fenomeno è, purtroppo, molto diffuso sia nel mondo dei combattimenti tra animali che nelle corse clandestine; la partecipazione ad eventi cruenti può certamente e tristemente incoraggiare l’apprendimento, nei bambini, di valori e modelli antisociali e trasmettere ideologie di supremazia specista e violenza, aumentando così il rischio di recidiva delinquenziale nel loro futuro da adulti.
Il coinvolgimento dei minorenni in ambito zoomafioso è inquietante: vengono coinvolti nel sistema delinquenziale già da giovanissimi per replicare modelli specisti e di sopraffazione antisociale, partecipando attivamente alle pratiche di crudeltà verso gli animali non umani.
La cultura della zoomafia porta con sé un modello di vita basato sulla prevaricazione e la violenza; i valori che la guidano sono sopraffazione, mancanza di empatia, non curanza per l’altro da sé e per l’ambiente, la mascolinità tossica e la sete di danaro ad ogni costo.
L’aggravante per il concorso di persone armate mira, invece, ad impedire il verificarsi di fatti dannosi per l’ordine e la sicurezza pubblica. Il legislatore, in questo caso, ha anticipato la punibilità a condotte prodromiche all’impiego di armi al fine di prevenire comportamenti lesivi dell’ordine e della tranquillità pubblica in occasione delle corse.
L’aggravante per l’utilizzo di videoproduzioni e materiale contenente scene e immagini delle corse è stata, invece, prevista al fine di punire tutte le condotte che pubblicizzino o diffondano, sostengano o incoraggino tali condotte delittuose, anche al fine di scoraggiare abitudini sociali e atteggiamenti violenti che da tali immagini, oggi sempre più diffuse per via dei social, traspaiono chiaramente.
La norma punisce, altresì, chi, fuori dei casi di concorso nel reato, allevando o addestrando animali li destina alla partecipazione ai combattimenti con la reclusione da tre mesi a due anni e la multa da 5.000 a 30.000 euro. La stessa pena viene applicata anche ai proprietari o detentori (consenzienti) degli animali che in tali combattimenti vengano impiegati.
A tal proposito, sono purtroppo molto note le pratiche cruente che la criminalità organizzata utilizza soprattutto nell’ambito della cinomachia.
Nemmeno l’ambito delle corse clandestine e dell’addestramento dei cavalli è esente da tali pratiche; nonostante, infatti, “i mezzi e strumenti utilizzati per addestrare gli animali o correggerne il carattere comportamentale devono considerarsi leciti fino al punto in cui il loro uso non superi il mero e realistico effetto deterrente, incidendo sulla sensibilità dell’animale e non generi nello stesso il superamento della soglia delle reattività al dolore” (così, Pretore di Amelia – 7 ottobre 1987, Est. Santoloci), è pratica fissa utilizzare sui cavalli mezzi e strumenti di tortura quali frustate, bastoni, collari chiodati o elettrici, catene.
I cavalli riportano spesso, se non sempre, danni seri alle articolazioni e ferite per le cadute dovute all’alta velocità a cui vengono costretti a correre lungo le strade asfaltate, vengono imbottiti di droghe e anabolizzanti e vengono vessati in continuazione prima e durante la gara. Gli incidenti, noti alla cronaca, sono frequentissimi e, quando purtroppo accadono, i cavalli vengono lasciati sul posto oppure condotti in macelli abusivi. Come se non bastasse, esistono anche gare di forza, in cui il cavallo viene caricato con sacchi pesanti quintali di sabbia o altro materiale e costretto a trainarlo.
La macabra scommessa, in questi casi, consiste nell’ipotizzare quanti chili il cavallo sarà in grado di sopportare e per quanti chilometri.
Da ultimo, la norma prevede, altresì, la punizione di coloro che, fuori dai casi di concorso nel reato, organizzino o effettuino scommesse sui combattimenti e sulle competizioni suddette, con la reclusione da tre mesi a due anni e la multa da 5.000 a 30.000 euro.
Elemento costitutivo della fattispecie in esame è un’organizzazione, cioè la predisposizione sistematica di un complesso di persone o di mezzi apprestati e utilizzati a tale fine. Il reato presuppone l’unione di più soggetti che gestiscono la scommessa (benché sia ipotizzabile il caso residuale di una persona che riesca a mantenere l’organizzazione con il solo ausilio di mezzi di comunicazione). Il reato non richiede poi l’abitualità o, comunque, la reiterazione della condotta tipizzata potendo l’illecito essere realizzato compiutamente mediante l’organizzazione di scommesse per un singolo evento.
A corollario, ricordiamo anche che l’articolo 727 c.p., per cui chiunque abbandoni animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 euro a 10.000 euro. Alla stessa pena soggiace chiunque detenga animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze.
A tal proposito, per avere “gravi sofferenze”, non sono necessarie lesioni fisiche, ben potendo la sofferenza consistere in soli patimenti.
Già, infatti, la sola posizione innaturale, la difficoltà a muoversi o cambiare posizione comportano danni sia a livello fisico che a livello di stress mentale.
Viene in rilievo anche l’articolo 348 c.p., “abusivo esercizio di una professione”, il quale stabilisce che chiunque abusivamente eserciti una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000. Il reato ha natura istantanea e si perfeziona con l’integrazione anche di un solo atto tipico della fattispecie. In tal senso, possiamo rilevare che tale reato si configura anche in tutti i casi in cui si sottopongano a trattamenti sanitari gli animali coinvolti nelle corse in maniera continua, somministrando farmaci senza le indicazioni medico veterinarie e senza la prescrizione di una terapia.
Naturalmente, il concorso di persone nei reati menzionati è regolato genericamente dall’art. 110 c.p., il quale stabilisce che quando più persone concorrono al medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita. Il concorso di persone può essere materiale, attraverso un concreto aiuto nella preparazione ed esecuzione del reato (come, ad esempio, il trasportare i cavalli sul luogo dell’incontro, l’individuare o allestire il sito, il curare i cavalli usati nelle corse clandestine, etc.), o morale, consistente nel far sorgere o nel rafforzare in un soggetto un proposito criminoso (incitare i cavalli nel corso del combattimento, partecipare e condividere moralmente il momento criminoso).
Il dolo nel concorso di reato non richiede una conoscenza completa dei dettagli dell’attività criminale ma la consapevolezza dell’evento finale; in tal senso, l’attività costitutiva del concorso, può essere rappresentata da qualsiasi comportamento esteriore che fornisca un contributo, in tutte o alcune delle fasi di ideazione, organizzazione ed esecuzione, alla realizzazione collettiva delle corse, anche soltanto mediante il rafforzamento dell’altrui proposito criminoso. Ne consegue che non è neppure necessario un previo accordo diretto alla causazione dell’evento, ben potendo il concorso manifestarsi in un intervento di carattere estemporaneo sopravvenuto a sostegno dell’azione altrui, ancora in corso, quand’anche iniziata all’insaputa del correo.
L’art. 416 c.p. disciplina, come noto, il reato di associazione per delinquere, che ricorre quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti; il reato sussiste per il solo fatto di partecipare all’associazione. L’elemento di discrimine tra la fattispecie dell’associazione per delinquere ed il semplice concorso nel reato è costituito dalla natura dell’accordo criminoso. Nel concorso di persone nel reato, l’accordo avviene in via occasionale e accidentale per il compimento di uno o più reati determinati, con la realizzazione dei quali l’accordo si esaurisce; nel delitto associativo, invece, l’accordo criminoso è diretto all’attuazione di un più vasto programma delittuoso, che precede e contiene gli accordi concernenti la realizzazione dei singoli crimini e che è permanente, proprio come avviene nel caso della zoomafia8.
Le varie inchieste succedutesi negli anni nel filone della zoomafia hanno fatto emergere in maniera lampante l’elemento associativo, sia sotto il profilo economico che organizzativo, specialmente nel filone delle corse clandestine dei cavalli. La presenza di gruppi simili è stata riscontrata in modo particolare nei combattimenti tra cani e, appunto, nelle corse clandestine di cavalli, in cui i reati di tipo associativo fungono da presupposto e cornice alla commissione dei reati più specifici (furto, ricettazione, maltrattamento ed uccisione di animali, traffico di anabolizzanti e sostanze dopanti, riciclaggio di denaro proveniente dal delitto).
Conclusioni
Nonostante la sua gravità e la sua pericolosità, possiamo dire che le corse clandestine di cavalli, una tra le più cruente e spregevoli attività della zoomafia, meriterebbero ancora maggiore attenzione da parte del legislatore. Le associazioni animaliste domandano – principalmente – controlli, anche di natura fiscale, sulla compravendita dei cavalli “dismessi” dall’ippica ufficiale per prevenire il loro riutilizzo nelle corse clandestine; il divieto di circolazione su strada di mezzi trainati da animali; l’approvazione di una sanzione penale, sotto forma di delitto, per chi partecipi a qualsiasi titolo, anche in qualità di spettatore, alle corse clandestine; il divieto di possedere cavalli, scuderie o attività inerenti l’ippica per i pregiudicati per reati a danno di animali, scommesse clandestine, gioco d’azzardo, associazione per delinquere e reati di mafia.
Oltre ciò, occorre certamente comprendere che siamo tutti responsabili per la nostra parte in questo processo che ci coinvolge come cittadine e cittadini.
È fondamentale contrastare questa attività criminale che, oltre a sottoporre gli animali coinvolti ad orribili maltrattamenti ed a condizioni di detenzione esasperate, rappresenta anche un mezzo di riciclaggio di proventi illegali, di controllo sociale e di dominio delle nostre terre. Non sarà certo possibile arginare la zoomafia fin quando l’omertà farà da padrone e si agirà per interventi spot. È necessario, piuttosto, avvicinarsi ad una visione d’insieme dei vari volti dell’illegalità zoomafiosa, adottando iniziative investigative modellate sul contrasto sistemico ai sodalizi criminali che fanno dello sfruttamento degli animali non umani il centro nevralgico del loro dominio.
Comprendere il fenomeno nella sua interezza e non chiudere mai gli occhi di fronte alle ingiustizie nei confronti degli animali non umani, per smantellare definitivamente questa ennesima gabbia.
1 Diverse inchieste degli ultimi anni hanno confermato l’interesse di alcuni sodalizi mafiosi per le corse clandestine di cavalli, in particolare il clan Giostra (Galli – Tibia) di Messina, i Santapaola di Catania, i Marotta della Campania. A questi vanno aggiunti i Casalesi del Casertano; il clan Spartà e i “Mazzaroti” della provincia di Messina; i Parisi di Bari; i Piacenti -Ceusi di Catania; i “ Ti Mangiu”, i Condello e gli Stillitano di Reggio Calabria.
2 “le corse clandestine di cavalli, oltre che fonte di introiti illeciti connessi alle scommesse, integrano una delle più eclatanti manifestazioni del prestigio criminale e del controllo mafioso del territorio” e, ancora “consentono di manifestare all’esterno il completo governo del territorio, attraverso l’occupazione e lo sbarramento delle strade pubbliche e l’impegno di uomini e mezzi” (così, pag. 100 rapporto Zoomafia Lav a cura di Ciro Troiano, 2024). In merito, vedasi Cassazione penale sez. I – 10 settembre 2020, n. 32118 e Cassazione penale sez. I – 13 gennaio 2022, n. 142309.
3 Nel 2020, 69 cavalli che hanno partecipato a gare ufficiali sono risultati positivi a qualche sostanza vietata. Nel 2022, 48 cavalli che hanno corso in ippodromo sono risultati positivi a sostanze vietate dal Regolamento antidoping, nel 2023 53 cavalli che hanno partecipato a gare ufficiali sono risultati positivi a sostanze dopanti. (cfr. Rapporto Zoomafia LAV anni 2021 e 2023, 2024 – pag. 106).
4 La Corte di Cassazione ha precisato che per la commissione del reato di maltrattamento “non è necessario che si cagioni una lesione all’integrità fisica, potendo la sofferenza consistere in soli patimenti”, poiché è “sufficiente una sofferenza, in quanto la norma mira a tutelare gli animali quali esseri viventi capaci di percepire dolore” (cfr., tra le altre, Cass. Pen. Sent. del 3 dicembre 2003, n. 46291).
5 Indubbiamente, “drogare” un animale e provocargli così una condizione di complessivo disagio, ancorché momentaneo, dovuto all’alterazione della sua integrità e identità psico-fisica, è un comportamento che non rispetta “le leggi naturali e biologiche, fisiche e psichiche, di cui ogni animale, nella sua specificità, è portatore” (cfr., in merito, Cass. Pen., Sez. III, Sent. del 27 aprile 1990 n. 06122).
6 La giurisprudenza della Suprema Corte ha affermato che “promotore” non è soltanto chi progetta, indice, promuove e organizza la manifestazione, ma anche chi collabora alla realizzazione pratica del progetto ed al buon esito della manifestazione, partecipando alla fase preparatoria della medesima (cfr., in merito, Cass. del 21 maggio 1973, n. 1 – Cianci, RV 125957).
7 Cfr. Cassazione penale sez. III del 10 maggio 2023, n. 24673.
8 La condotta punibile va individuata, infatti, proprio nel contributo effettivo e attuale apportato dai singoli associati attraverso l’assunzione di un ruolo continuativo che dimostri quella che chiamiamo “affectio societatis”, ossia la consapevolezza e la volontà di fare effettivamente parte del sodalizio apportandovi un contributo effettivo per il perseguimento dei suoi scopi criminosi.