All’ingresso della Repubblica di San Marino, un cartello recita: “Antica terra della libertà”.
Ma può davvero dirsi libera una terra in cui per oltre un decennio decine di animali sono stati uccisi senza che si riuscisse a fermare l’autore di tali atrocità?
Per ben quattordici anni, infatti, la libertà di circolazione dei cani e dei loro proprietari è stata limitata, compromessa dal timore costante di avvelenamenti e morti atroci.
Una libertà negata, piegata sotto il peso della paura generata da colui che, secondo le accuse, ha causato la morte di almeno 40 esemplari e decine di altri avvelenamenti: il cosiddetto “serial killer dei cani”.
Un arresto atteso da tempo
Lo scorso 26 aprile, finalmente la notizia dell’arresto di un uomo di 84 anni, commerciante in pensione, sospettato di essere responsabile della sistematica uccisione di oltre 40 cani in un arco temporale che si estenderebbe dal 2011.
L’uomo, inizialmente denunciato a piede libero, è stato successivamente raggiunto da un provvedimento restrittivo che ha disposto la misura cautelare degli arresti domiciliari, in attesa del riesame. Sebbene l’indagato si proclami estraneo ai fatti, le indagini – condotte congiuntamente dalla Gendarmeria e dalla Polizia Civile – hanno permesso di raccogliere una serie di elementi indiziari ritenuti gravi e concordanti: tra questi, la presenza della sua autovettura nelle aree teatro degli avvelenamenti, documentata da registrazioni video, e il rinvenimento di involucri compatibili con quelli usati per confezionare le esche, da lui gettati in spazi pubblici.
Durante le perquisizioni, estese oltre alla casa anche ad altri immobili di proprietà del soggetto, sono stati sequestrati materiali sospetti e sostanze tossiche, tra cui l’Endosulfan, un pesticida bandito a livello globale.
Secondo le risultanze preliminari, le esche mortali venivano realizzate miscelando alimenti di uso comune – come formaggi o insaccati – con veleno per roditori o antilumaca, spesso arricchite con elementi metallici e oggetti taglienti, capaci di provocare gravissime emorragie interne.
Una scia di dolore lunga 14 anni
Era la primavera del 2011, quando l’APAS- Associazione Protezione Animali Sammarinese – segnalò nell’arco di qualche mese l’avvelenamento di trenta cani, di cui solo cinque sopravvissero. Le aree colpite coincidevano con zone residenziali o prossime a scuole, come accaduto da ultimo a Fiorentino, dove l’intervento di bonifica è stato sollecitato dai genitori degli alunni a seguito dell’avvelenamento di ben sette cani.
Nonostante anni di segnalazioni, pressioni da parte della cittadinanza e interventi delle autorità, il responsabile era sempre riuscito a eludere le indagini lasciando dietro di sé una scia di morte e sofferenza. Eppure, non aveva mai mutato le proprie modalità operative: una ripetitività che ha finito per svelarne il profilo.
Serialità e impatto sociale
Elemento rilevante sotto il profilo criminologico è la serialità della condotta, da cui l’appellativo di “serial killer dei cani”. Le uccisioni ripetute nel tempo con modalità costanti e coerenti, secondo un modus operandi che riflette un’intenzionalità strutturata e una volontà predatoria metodica. L’utilizzo reiterato di esche avvelenate, la scelta degli stessi luoghi e degli stessi strumenti offensivi rafforzano l’ipotesi di una personalità incline alla compulsività e alla ritualizzazione dell’atto.
Comportamenti finalizzati non solo a infliggere sofferenza fisica diretta agli animali, ma anche a colpire indirettamente l’equilibrio emotivo e affettivo delle persone che con essi condividono un legame. La crudeltà agisce su due livelli: da un lato, produce la morte cruenta di esseri senzienti; dall’altro, genera un trauma profondo nelle persone, costrette a convivere con la perdita, il sospetto, l’insicurezza e la paura.
La sostanza tossica diventa, così, solo uno degli strumenti di un’offesa più ampia, che investe l’intera collettività.
Alcune classificazioni, come quelle proposte dall’FBI nell’ambito dell’animal cruelty profiling, includono la violenza reiterata verso gli animali tra i comportamenti predittivi di rischio sociale elevato, anche in soggetti di età avanzata. Nel caso specifico, le informazioni emerse delineano un profilo aggravato da una storia pregressa di ostilità esplicita: l’indagato era già stato condannato per ingiurie e minacce, anche a mezzo di lettere anonime, nei confronti di cittadini e attivisti animalisti. Missive intrise di odio erano state recapitate anche all’associazione APAS San Marino. E proprio APAS ha espresso sollievo per l’adozione della misura cautelare nei confronti del presunto responsabile, sottolineando come per anni la comunità abbia vissuto in un clima di paura e dolore, chiedendo ora verità e giustizia.
A proposito di giustizia…
Proprio nei giorni antecedenti all’arresto dell’ottantaquattrenne sospettato delle uccisioni seriali di cani, il Consiglio Grande e Generale ha approvato una riforma epocale del Codice Penale in materia di tutela degli animali.
Per la prima volta, la Repubblica di San Marino riconosce formalmente agli animali la qualifica giuridica di “esseri senzienti”, e non più soltanto come oggetto di tutela in funzione della morale pubblica. Le nuove disposizioni ridefiniscono le fattispecie di reato, rendendole più chiare e incisive, e introducono per la prima volta pene detentive per chi maltratta, abbandona o uccide un animale: la prigionia di primo grado (da tre mesi a un anno) e di secondo grado (da sei mesi a tre anni) sostituiscono il precedente limite dell’arresto di secondo grado (da quindici giorni a due mesi). Anche le sanzioni pecuniarie sono state innalzate in modo significativo: da un minimo di 4.000 o 6.000 euro, fino a un massimo di 12.000. È stato inoltre introdotto il divieto temporaneo di detenzione di animali fino a cinque anni e una disciplina chiara per la confisca e il sequestro degli esemplari coinvolti.
Tuttavia, in base al principio di irretroattività della norma penale più sfavorevole, previsto anche nell’ordinamento sammarinese, le nuove disposizioni non potranno applicarsi al caso in oggetto, i cui fatti contestati risalgono a un arco temporale precedente all’entrata in vigore della riforma. Il soggetto verrà quindi giudicato secondo la normativa previgente, che prevede pene meno incisive.
Libertà autentica, per tutti
La vicenda del “serial killer dei cani” costringe a una riflessione profonda sul significato stesso di giustizia, dignità e libertà in una società civile che travalica i confini della Repubblica del Tritone. Non si tratta soltanto di riconoscere una responsabilità individuale, ma di comprendere quanto dolore possa radicarsi nel silenzio, nell’inazione e nell’assenza di strumenti adeguati al contrasto immediato di simili agiti.
E proprio da questa terra, baluardo storico di libertà, prenda le mosse la considerazione che in una società civile la libertà non può essere appannaggio esclusivo dell’uomo, ma deve potersi estendere ad ogni essere senziente.
Nessuna libertà può, infatti, dirsi autentica se fondata sull’impunità della crudeltà.