Presentare il lavoro del medico veterinario pubblico è cosa complessa, perché le sue mansioni vengono declinate in modo differente nelle diverse Regioni italiane in virtù della loro autonomia sanitaria. Comunque, non si sbaglia dicendo che, essendo incardinati funzionalmente nel Dipartimento di Prevenzione, il nostro compito principale è quello di prevenire i danni alla salute e al benessere delle persone e degli animali, quindi è pure quello di prevenire e perseguire il consumo dei reati e dei maltrattamenti nei confronti di tutti gli animali.
In questa veste operiamo come ufficiali di polizia giudiziaria (UPG). La qualifica di UPG del veterinario pubblico dipendente del Sistema Sanitario Nazionale (SSN) ha subito un’evoluzione nel corso del tempo.
L’art. 57 comma 3 del codice di procedura penale lo definiva tale in virtù delle sue competenze sull’igiene degli alimenti di origine animale ai sensi della Legge n. 281 del 30 aprile 1962, quando era prevista una sola figura di veterinario generalista che operava trasversalmente in tutti gli ambiti sanitari di sua competenza, non specialista per le tre aree distinte e separate Sanità animale (Area A), Igiene degli alimenti di origine animale e derivati (Area B) e Servizio di Igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche (Area C) come succede adesso.
Un breve excursus storico: a quel tempo i medici veterinari che lavoravano nel SSN facevano un po’ di tutto, c’era un veterinario unico che aveva varie competenze e in base a queste competenze generiche, che riguardavano anche gli alimenti, vennero loro attribuite le funzioni di ufficiali di Polizia Giudiziaria. Successivamente, le competenze si sono ampliate e divise, per arrivare agli attuali tre servizi o unità operative complesse veterinarie (UOC).
Io mi interesso di benessere animale, anche se lavoro nel servizio della UOC veterinaria Area C (o SVET C). Svolgendo più funzioni con diversi compiti, a volte il nostro lavoro sembrerebbe avere aspetti contraddittori specie in campo zootecnico, poiché dovendo incrementare le produzioni degli animali allevati intensivamente questo potrebbe comportare una diversa, e forse minore, considerazione dell’importanza del benessere animale tout court.
Attualmente le nostre conoscenze si sono ampliate, toccando nuovi ambiti prima poco esplorati che permettono prestazioni migliori e più efficaci.
Le competenze che ci qualificano come UPG riguardano più norme e partono anche da regolamenti comunitari: il primo è il Regolamento (CE) n. 882 del 29 aprile 2004 che ci attribuisce queste funzioni per quanto riguarda una serie di attività e di materie che vanno dai mangimi, agli alimenti, alle norme sulla salute e benessere degli animali.
Tale Regolamento comunitario è stato rinforzato dal D.Lgvo n.193 del 6 novembre 2007, laddove prevede quale Autorità competente veterinaria dei controlli ufficiali a livello locale i medici veterinari delle Aulss.
Il Regolamento (UE) n. 625 del 15 marzo 2017 (che abroga e sostituisce il precedente Regolamento 882/2004) allarga ulteriormente le competenze veterinarie pure all’igiene ambientale. E quest’ultima competenza è una novità importante, perché ci fa capire che non possiamo garantire a priori la tutela del benessere animale e della salute delle persone senza considerare anche il rispetto dell’ambiente entro cui queste due componenti si trovano inserite, venendo a costituire fra loro un “unicum” globale entro cui i comportamenti di tutti si influenzano e condizionano reciprocamente.
Mi preme fare un piccolo riferimento ai LEA. I LEA sono i Livelli Essenziali di Assistenza; essi vengono definiti periodicamente con un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che stabilisce le prestazioni che i dirigenti sanitari del SSN, medici e veterinari, devono erogare alla collettività obbligatoriamente e a titolo gratuito. Per quanto riguarda i LEA del SVET C essi sono esplicitati nell’allegato 1 “Prevenzioni collettive e sanità pubblica” del DPCM 12 gennaio 2017.
Quelli che interessa citare in questa sede sono: il LEA D4 “Controllo sul benessere degli animali da reddito”, il D9 “Lotta al randagismo e controllo sul benessere degli animali da affezione”, il D13 “Vigilanza e controllo sull’impiego di animali nella sperimentazione”, e il D14 “Soccorso degli animali a seguito di incidente stradale”, che testimoniano il nostro impegno nella tutela e controllo del benessere di tutti animali mediante la vigilanza veterinaria continua e la prevenzione dei reati nei loro confronti a 360 gradi.
Il campo d’azione è così vasto da rendere difficile sapere cosa effettivamente faccia un veterinario di sanità pubblica. Spesso non si conosce la funzione e cosa effettivamente debba fare un veterinario del SVET C.
Nell’immaginario collettivo il veterinario è solo quello che sta negli ambulatori per la cura degli animali da affezione, insomma è “quello dei cani e gatti”; ignorando così che ci sia anche un veterinario all’interno delle ASL che lavora per il bene degli animali e delle persone.
Per colmare questa lacuna ritengo che spetti a noi veterinari pubblici farci conoscere anche al di fuori del nostro ambito lavorativo dove magari, fino a qualche tempo fa, qualcuno cercava di apparire il meno possibile. E ritengo che questo impegno debba essere, in primis, un compito nostro e, in secundis, dei nostri interlocutori affinché essi stessi sappiano cosa effettivamente possiamo fare e dare a loro.
A esempio, vi descrivo brevemente cosa abbiamo fatto nel corso degli ultimi anni nella prevenzione dei reati contro gli animali.
Vedremo come l’esito degli interventi eseguiti sia stato diverso e non sempre tutto a favore degli animali, a seconda dei relativi pronunciamenti finali della Magistratura che, ne sono convinto, abbiano risentito del momento storico di allora, caratterizzato dal considerare l’animale ancora “res” piuttosto che “essere senziente”.
Primo episodio
Nel 2016 operammo a supporto dei Baschi Verdi della Guardia di Finanza di Venezia che, cercando al Porto di Venezia delle sigarette di contrabbando su una nave traghetto proveniente dalla Grecia, trovarono invece 4 persone tedesche dentro due furgoni e un’automobile con 25 cani sia adulti che cuccioli. Tra questi c’erano pure due femmine gravide.
La situazione era piuttosto confusa: queste persone prendevano i cani dalla Grecia, li portavano in Germania e dicevano di far parte di un’associazione animalista tedesca che si interessava di far adottare cani randagi greci.
Noi ci siamo trovati di colpo a dover sistemare 25 cani. Nel 2016 il Comune di Venezia aveva un canile rifugio con diverse criticità strutturali, dove i volontari presenti facevano miracoli nelle condizioni di grande difficoltà gestionale di quella struttura: ricoverare ed assistere quei 25 cani non è stata una cosa facile.
Noi li abbiamo curati, identificati con i microchip ed abbiamo assistito le partorienti e relativi cuccioli dopodiché, dopo un anno e mezzo, l’esito è stato il loro dissequestro e la relativa riconsegna a chi li aveva così irregolarmente prelevati e trasportati.
Quando parlai col Magistrato per esprimere il mio disappunto, in quanto il nostro lavoro era stato vanificato dalla restituzione degli animali a chi li aveva maltrattati, lei mi rispose autorevolmente: “Dottore, guardi che la legge in questi casi è chiara e dice che non si poteva fare altrimenti”.
Sicuramente era così, ma sono convinto che allora fossero altri tempi e che ora, con l’attuale maggiore sensibilità nei confronti degli animali familiari, le cose sarebbero potute andare diversamente, prevedendo il loro affidamento a persone migliori di quelle.
Secondo episodio
Nel 2018 in attività di normale vigilanza veterinaria venni avvisato che stavano per arrivare nella nostra Provincia, tramite delle “staffette”, dei cani randagi provenienti dalla Sicilia.
Ora qui, parlando di staffette, si apre un capitolo ampio e complesso, infatti è cosa nota che il mondo delle staffette animaliste sia affollato di molte persone (qualcuno sostiene troppe) e che fra queste a volte qualcuna scantoni, attuando comportamenti egocentrici tesi a soddisfare più le esigenze personali che i bisogni degli animali che dicono di tutelare.
Dico questo perché con i cani siciliani ci trovammo proprio in un caso del genere: io conoscevo bene la volontaria animalista che doveva ricevere i cani destinati al Veneto e questa, candidamente contrariata, mi dichiarò che non aveva dato la sua disponibilità a riceverli in quanto anziana, malata e sprovvista di locali idonei ad ospitarli.
Ma la cosa strana fu che i cani arrivarono lo stesso, infatti quattro persone li portarono in due automezzi non autorizzati al loro trasporto, con l’avvallo di una sorta di finanziatrice dell’operazione che, una volta convocata nel mio ufficio, si prese la piena responsabilità dell’operazione con la motivazione che aveva fatto il tutto a scopo benefico per i cani.
Peccato però che ben otto dei cuccioli trasportati morirono per parvovirosi (malattia altamente mortale per la quale la vaccinazione, seppure non obbligatoria per legge, è vivamente consigliata).
Chiunque ometta di assicurare il livello minimo di tutela della salute di un animale di cui ha disponibilità e che per questo suo comportamento venga a morte, è responsabile del maltrattamento di quell’animale.
Considerato che nessuno si sognerebbe di non vaccinare un cucciolo di cane per quelle malattie (tra cui la parvovirosi) che ormai tutti (comunità scientifica e cittadino comune) riconoscono come obbligatorie da farsi, pena il rischio inaccettabile della sua morte, e ritenendo di trovarmi nella fattispecie dell’art. 544 bis c.p. (uccisione di animali) mi rivolsi ai Carabinieri NAS di Treviso (con i quali si collabora regolarmente) per cercare di perseguire a termine di legge chi aveva causato la morte di quei cuccioli.
Ne seguì la regolare segnalazione in Procura ma, alla fine del procedimento, il caso fu archiviato e noi abbiamo ancora parte di quei cani nel Canile rifugio ENPA di Mira (VE) in attesa di essere adottati.
Terzo episodio
A fine 2018 abbiamo lavorato a supporto ed in sinergia con i Carabinieri CITES di Mestre (VE) per il caso dei cavalli di Chioggia. Non mi dilungo sui dettagli, ma sintetizzo solo dicendo che in questo caso l’esito per gli animali è stato migliore dei precedenti, in quanto siamo riusciti a darne un certo numero in affidamento definitivo all’Associazione Salto Oltre il Muro di Milano, evitando la loro restituzione a chi li aveva maltrattati. Devo anche ringraziare per questo risultato l’associazione Animal Law Italia che ha fatto da tramite mettendoli in contatto con noi.
Quarto episodio
Siamo nel 2020. A Marzo, il GIP del Tribunale di Venezia, a seguito della presenza incustodita di 2 pitoni reali nell’appartamento di una persona tradotta in carcere che ne era il proprietario, incarica per la prima volta il SVET C dell’Aulss 3 Serenissima (come primo attore e non più a supporto di altri) affinché “compia tutto quanto necessario agli animali ivi presenti”, “con facoltà di subdelega” a tutela della salute dei serpenti e dell’incolumità delle persone ivi presenti.
Questa volta, diversamente da prima, su mandato del GIP siamo stati noi a chiedere supporto alla Polizia di Stato (che aveva arrestato il proprietario degli animali) e ai Carabinieri CITES di Mestre (competenti alla gestione dei serpenti).
Bisognava agire velocemente, perché in questa abitazione, oltre ai 2 pitoni liberi, sembrava ci fossero pure un cane e un gatto che correvano seri rischi per la loro incolumità.
Le cose fortunatamente sono andate bene in quanto, quando abbiamo svolto l’intervento, abbiamo appurato che il giorno stesso dell’arresto il cane e il gatto erano stati affidati ad amici e parenti, mentre i serpenti non erano liberi ma stavano in una sorta di teca riscaldata poco adatta alla loro custodia, senza cibo e acqua.
Quindi si è potuto intervenire e fare una prima relazione al GIP, proponendo in questo caso il loro sequestro e immediato trasferimento in luogo di cura e riabilitazione in attesa della definitiva collocazione in una struttura autorizzata alla loro detenzione.
A seguito di un reciproco scambio di informazioni con il GIP, questi decise che avrebbe fatto in modo che il proprietario cedesse i serpenti a terzi in grado di tenerli rispettando le norme vigenti in tema di benessere animale riferito ai pitoni reali.
Questa volta l’esito finale sarà ben diverso e migliore dei primi due per gli animali coinvolti.
Conclusioni
A mio parere, sarebbe utile creare una sorta di “ponte operativo” comune fra tutte le realtà istituzionali interessate a rendere più efficaci ed efficienti le reciproche azioni di contrasto e repressione dei reati contro gli animali per non vanificare il nostro operato nel perseguire chi commette reati e altri comportamenti illeciti responsabili di indebite sofferenze e maltrattamenti.
Il compito principale spetta all’Autorità Giudiziaria, la quale deve dare l’avvio ad agire a noi sanitari che, in questo ambito, siamo il competente braccio tecnico più qualificato e con compiti ineludibili.
Personalmente sento sulla pelle l’esigenza di condividere un “modus operandi” comune, magari elaborando documenti di lavoro preparati insieme, tipo delle check list precise che, specie durante interventi particolarmente difficili e disagiati, ci permettano di scrivere i verbali in modo corretto ed inattaccabile da parte dei difensori della nostra controparte.
A Venezia abbiamo già avuto un esempio di simile collaborazione inter-forze, ossia quello che riguarda il monitoraggio sanitario dei colombi di città, che a suo tempo fu elaborato dalla Procura di Venezia insieme al Comune di Venezia e ai Servizi veterinari e che è ancora valido ed efficace a tutela della sanità animale e della salute dei cittadini.
Questo monitoraggio è tutt’ora efficace dimostrando ancora la presenza di zoonosi trasmissibili dai colombi all’Uomo (Salmonella typhimurium, Clamidia psittaci, Toxoplasmosi).
Tale collaborazione reciproca sarebbe particolarmente utile nei confronti di nuove tipologie di reati che riguardano i nostri animali e che risultano molto difficili da contrastare con gli attuali mezzi a nostra disposizione: mi riferisco al commercio illecito di animali on line che va ben oltre quello, ugualmente difficile da perseguire, che avviene per gomma dai paesi esteri in particolare dall’Est europeo.
Mi piace sognare, perché ho visto che qualche volta i sogni si realizzano e “fanno il botto”.
Quindi sogno ancora e quello che auspico, ve lo dico proprio dal profondo del cuore, è di poter lavorare insieme, di fare rete, di fare qualcosa che sia efficace per tutti, perché non è vero che il Servizio Veterinario ha degli obiettivi opposti a quelli delle associazioni animaliste, anzi! Ci sono solo modi di operare diversi, ma che possono e devono avere punti di convergenza comune affinché il fine da perseguire sia lo stesso.
Perdonate l’autoreferenzialità, ma nel 2018 un esempio di questo è stato fatto nel nostro territorio all’atto della fusione delle precedenti 3 Aulss: la 12 Veneziana con la 13 di Mirano Dolo e la 14 di Chioggia nell’unica attuale Aulss 3 Serenissima. Ci fu la necessità di uniformare i comportamenti per la lotta al randagismo animale e la tutela dei gatti a vita libera nelle colonie feline.
Proprio per cercare di evitare il più possibile i conflitti causati da tre modi diversi di affrontare le cose, all’inizio del mio mandato convocai le associazioni animaliste più rappresentative presenti sul territorio in una Conferenza comune dove esposi cosa la Veterinaria pubblica poteva mettere in atto con le esigue risorse a disposizione, chiedendo l’aiuto e la collaborazione dei presenti per poter fare di più. Temevo un’accanita richiesta di prestazioni da parte di tutti, avanzando le solite motivazioni e la rivendicazione di particolari diritti da parte di ognuno.
E invece no: seppur dopo una vivace discussione, ci fu “il miracolo” e riuscimmo a preparare un programma comune di interventi che accontentava un po’ tutti e che ancora funziona.
Questa collaborazione continua tutt’ora, permettendo di dare un buon servizio ad animali e cittadini.
Quindi questo io vorrei che si sapesse: che c’è un Servizio Veterinario che ha idee chiare e personale molto preparato. Ciò di cui la Classe veterinaria ha bisogno ora è di collaborazione e di maggiori cognizioni bioetiche da applicare nei propri ambiti lavorativi.