Dossier: illegalità nei circhi con animali

Non solo sfruttamento degli immigrati: dal Piemonte alla Sicilia, i circensi si rendono responsabili di tante illegalità, più o meno gravi.
Becky Phan/Unsplash
Avv. Alessandro Ricciuti

Pochi giorni fa una scure si è abbattuta sul mondo del circo: la squadra mobile di Palermo ha arrestato 41 persone in tutta Italia, tra le quali i titolari di 18 circhi e un funzionario della Regione Siciliana, nell’ambito di un’operazione denominata “Golden Circus”. Sono tutti accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, per aver fatto entrare illegalmente in Italia circa 500 migranti, facendoli risultare come lavoratori dei circhi. In cambio, avrebbero intascato da ciascun migrante una “commissione” dai due ai tremila euro. 

Si tratta di accuse pesanti, che rappresentano un duro colpo per la reputazione dell’intera categoria. Eppure, è solo la punta dell’iceberg: dal Piemonte alla Sicilia, sono tantissime le illegalità commesse dai circensi, alcune anche molto gravi.

Ad esempio, pochi giorni prima degli arresti di Palermo, a Nichelino (TO) sono volati calci e pugni tra le storiche famiglie Niemen e Medini, titolari degli omonimi circhi piemontesi, nel corso di un incontro in cui si discuteva della spartizione delle piazze in cui esibirsi. Come curiosità, va aggiunto che il Peppino Medini è uno dei pochi circhi in Italia in cui ad esibirsi e fare spettacolo non ci sono animali ma giocolieri, trapezisti funamboli, pagliacci e altri artisti.
La “discussione” è finita con 3 feriti in ospedale, tra i quali un minorenne. I carabinieri, intervenuti in tempo per evitare il peggio, hanno denunciato 5 persone del circo Niemer, 2 del Medini e sequestrato una catena, tre bastoni, un tirapugni e tre coltelli. Non proprio il kit ideale per una discussione di lavoro.

La violenza non è un fattore isolato nel mondo circense. Gli archivi delle Procure e le cronache locali sono piene di episodi di aggressioni verso chi manifesta pacificamente chiedendo la fine degli spettacoli con animali. La dinamica è la stessa: nel corso di un presidio autorizzato davanti al circo, i lavoratori si affacciano all’esterno, cercando di provocare i presenti. In molti casi vengono ignorati e decidono di ritirarsi ma altre volte non riescono a trattenere la propria aggressività e si sfogano dando vita a veri e propri pestaggi a danno dei manifestanti, come capitato nel 2015 a fine agosto a Mestre, a maggio a La Spezia, a inizio anno a Milano e nel 2014 a Pordenone e Brescia. In tante altre occasioni, non registrate dalle cronache, i circensi si limitano a mostrare la propria intolleranza con insulti e minacce.

Ma questo è il meno: negli ultimi anni diversi circhi sono stati condannati, anche in via definitiva, per maltrattamento di animali o detenzione in condizioni incompatibili con la loro natura e diversi procedimenti sono ancora pendenti in tutta Italia. Soltanto tra i 18 circhi coinvolti nell’operazione Golden Circus, ad esempio, il Circo Città di Roma aveva subito una condanna per maltrattamento di animali, mentre il Martini Cinque d’Europe e il Caroli hanno ciascuno due procedimenti aperti (dati LAV).
Vi è poi il capitolo delle fughe di animali. A fine dicembre 2014 il circo Miranda Orfei aveva accusato ignoti “animalisti” di aver aperto le gabbie e liberato l’ippopotamo Aisha, poi tragicamente morto investito da un auto. La notizia era stata ripresa da tutti gli organi di stampa riportando le dichiarazioni del circo come vere, anche in assenza di prove e nonostante quel circo fosse stato condannato l’anno prima a Como per maltrattamento di animali e avesse quindi un ottimo motivo per incolpare gli “animalisti”.
In realtà, l’episodio va registrato tra i tanti incidenti di cui si rendono responsabili gli stessi circhi per propria negligenza, come già accaduto nel 2012 con la giraffa Alexander, morta a Imola dopo essere scappata dal circo.
Secondo le statistiche, i circhi in Italia continuano a “perdere” animali con una frequenza allarmante: ci sono state almeno 15 fughe tra il 2008 e il 2014. Un pericolo per l’incolumità pubblica, considerato che spesso si tratta di elefanti, ippopotami e grandi felini, come tigri e leoni.

Né si può dire che i circensi manchino di fantasia. Nel dicembre 2014, il circo Orfei è stato scoperto aver dipinto dei cani di razza Chow chow a chiazze nere, spacciandoli per panda in modo da lucrare sulle fotografie con i bambini. A carico di un altro Circo Orfei, pochi mesi fa erano state accertate presunte irregolarità nella posizione di una ventina di lavoratori in maggioranza stranieri e altre violazioni fiscali e previdenziali e il titolare Nando Orfei era finito indagato per sfruttamento del lavoro e intermediazione illegale.

Ulteriore capitolo è la la violazione delle regole di base della collettività, a partire dalle affissioni pubblicitarie: spesso i manifesti del circo vengono attaccati in modo abusivo, senza pagare le tasse di affissione o pagandole solo per una minima parte dei manifesti, che peraltro finiscono spesso attaccati selvaggiamente a pensiline degli autobus, pali della luce e altri posti dove l’affissione è vietata.

Per non parlare del volantinaggio non autorizzato per strada o davanti alle scuole, oltre che degli animali esposti in appositi carri e fatti circolare come richiamo nelle città, in spregio delle più basilari norme di sicurezza. Tutte situazioni ai margini della legalità o che violano precise ordinanze locali, che però è difficile accertare, poiché oltre ad essere sempre in movimento, i circhi sono esperti nel cambiare ragione sociale di tanto in tanto, così da scampare alle sanzioni delle amministrazioni locali.

Un quadro più che preoccupante, che richiede una rapida modifica della normativa sui circhi equestri, vecchia di quasi 50 anni e non più al passo con la sensibilità attuale, oltre che delle regole sul finanziamento pubblico, che ogni anno riserva a questa forma di spettacolo oramai antiquata e controversa oltre 5 milioni di euro.

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