Sull’effettività della pena: un importante caso in Spagna

Nel 2015 la Spagna ha aggiornato il reato di maltrattamento animale nel suo Codigo Penal.

Avv. Maria Cristina Giussani

Avvocato penalista in Milano, affianca la libera professione  alla collaborazione con associazioni animaliste e antispeciste occupandosi della difesa degli attivisti e della tutela legale dei diritti degli animali.

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Il panorama giurisprudenziale Spagnolo è ricco di recenti sentenze di condanna nei confronti di soggetti che hanno maltrattato o ucciso animali non umani. Merita grande rilievo però, in particolare, la sentenza del “ Caballo Sorky das Pont” (n. 173/2015 del 30 de abril).

Questa pronuncia è importante e pionieristica sia dal punto di vista sociale sia per la rilevanza giuridica in quanto è la prima sentenza in seguito alla quale il condannato ha scontato, almeno in parte, effettivamente e realmente la condanna in carcere.

Sorky era un cavallo minorchino che, come tanti altri, partecipava alle gare di trotto nell’ippodromo di Manacor. Il motivo della sua esecuzione fu che, di fronte alla regola secondo la quale, durante questa competizione, si deve solo trottare, Sorky iniziò viceversa a galoppare provocando la squalifica propria e del suo conduttore.

Una immagine del cavallo ucciso diffusa dai media spagnoli.

Espulso dalla gara, Eugenio Sanchez, il conduttore, portò lo sfortunato cavallo nella sua stalla e qui, alla presenza di altre due persone (il proprietario di Sorky e un suo socio), prese a colpire ripetutamente alla testa l’animale con un oggetto contundente di legno, fino a provocarne la morte, che non giunse subito ma dopo una lunga agonia. Successivamente, i tre attesero la fine della gara, e nottetempo, traspostarono Sorky fuori dall’ippodromo e lo seppellirono illegalmente in uno parco zoologico privato.

Il conduttore del cavallo.

Grazie ad un giornalista del Diario de Mallorca, si venne a conoscenza del delitto. L’Autorità  dispose l’esumazione del cadavere del cavallo, dalla quale parve in tutta evidenza la sua morte violenta.

Durante il processo i tre imputati cambiarono diverse volte versione dei fatti e furono evidenti le loro contraddizioni. Il conduttore del cavallo tentò addirittura di rappresentare la morte dell’animale come il frutto di una fatalità. La difesa, a seguito della condanna del conduttore ad otto mesi di prigione (oltre alle inabilitazioni speciali) sollecitò la sospensione della pena per essere inferiore a due anni e la sua sostituzione con i lavori di pubblica utilità.

Le parti civili (Asociacion Balear de Abogados por los Derechos de los Animales) si opposero fermamente alla concessione di entrambi questi benefici, fondando le proprie argomentazioni sulla particolare brutalità delle modalità del fatto, sull’allarme sociale creato, e sulla necessità di conseguenze penali proporzionate ai fatti compiuti. Nella lingua spagnola c’è un termine molto efficace: “un innovación en el sentido” (un cambiamento nel sentire) per esprimere quella che è davvero una rivoluzione culturale nel modo di sentire e quindi di percepire un fatto.

La sentenza (Auto) dettata dal Juzgado n. 8 de Palma de Mallorca può, ad ogni buon conto, considerarsi un “innovación en el sentido” per avere stabilito, per la prima volta in Spagna, che il condannato per questo reato entrasse effettivamente in carcere a scontare la pena.

Il Giudice, nella motivazioni, sottolinea questi aspetti:

  • La procurata morte di un cavallo sano si può spiegare solo con il disprezzo del proprietario per la vita del medesimo;
  • La morte atroce dell’animale nella sua stalla dell’ippodromo è un’aberrazione nella nostra epoca storica ed è per questo motivo che la risposta punitiva dello Stato non deve, nel caso di specie, solo tendere alla rieducazione sociale del condannato, ma altresì perseguire anche gli altri fini connaturati alla pena;
  • Tra i principi che ispirano l’esecuzione penale si deve tenere in debito conto l’effettività e spesso la pratica dell’automatismo con la quale si concede il benefico della sospensione condizionale frustra proprio questo principio;
  • Il conduttore di un cavallo da corsa per la sua esperienza in questo ambito e per la sua qualifica non poteva inoltre non conoscere la legislazione in materia e non sapere che il maltrattamento animale è un reato punito dal Codice Penale;
  • Il medesimo, già condannato davanti alla giurisdizione penale e il cui precedente venne cancellato nel giugno del 2012, delinque nuovamente in dicembre del medesimo anno e questo mostra, con tutta evidenza, che la pena del lavoro di pubblica utilità che gli fu imposta in sede di prima condanna, non ha portato alcuna elaborazione critica del fatto commesso.

Questa sentenza coraggiosa e illuminata purtroppo fu poi ridimensionata, quanto alla fase esecutiva, da la Audiencia Provincial de Baleares che ordinò la scarcerazione del condannato alla condizione che il medesimo seguisse un programma di protezione degli animali (!!!). Motiva la Audencia Provincial l’impossibilità di mantenere in carcere il conduttore del cavallo per ragioni di prevenzione generale e tenendo in conto altresì alcune circostanze personali e familiari del reo. Viene da dire che, ancora una volta, il coraggio e l’indipendenza di pensiero rispetto a principi consolidati e tradizioni è stata frustrata.

È evidente che la soglia della pena contenuta entro i due anni, non aiuta gli operatori del diritto ad applicare realmente una pena che, al di là del quantum, abbia  una funzione deterrente. A parere di chi scrive, la legislazione dovrebbe prevedere l’effettività della pena unita ad un programma  di “riabilitazione” del condannato da svolgersi a contatto con gli animali.

Consoliamoci: la difficoltà, per non dire l’impossibilità, di “far entrare in carcere” un condannato per reati a danno di animali non umani accomuna la Spagna all’Italia dove non esistono nemmeno precedenti come quello del caballo Sorky, prima sfruttato per lucro nelle “pratiche sportive” e infine ucciso per mano umana.

Non perdiamoci di vista!

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