Randagismo e posizione di garanzia

Chi sfama un randagio assume una posizione di garanzia e risponde dei danni che l'animale provoca a terzi. Commento a Cass. pen. 17145/17
Avv. Annalisa Gasparre

Avv. Annalisa Gasparre

Avvocato, dottore di ricerca, vanta una decennale esperienza nel settore della tutela degli animali e dei soggetti deboli. <a href="https://www.avvocatoannalisagasparre.it/">Sito internet</a>

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Destinata ad aprire un dibattito è la sentenza con cui la Corte di cassazione ha affermato che chi sfama un randagio assume una posizione di garanzia nei confronti di esso, nel senso che deve controllare e custodire l’animale adottando ogni cautela per evitare e prevenire possibili aggressioni a terzi.

Nel caso esaminato, una persona a piedi era stata improvvisamente attaccata da due cani usciti da una villetta: di qui la ritenuta responsabilità penale per lesioni personali colpose per omessa custodia di animali in capo al proprietario della casa. Quest’ultimo, però, ricorreva in Cassazione lamentando che i cani fossero randagi introdottisi casualmente nella sua abitazione dove venivano solo saltuariamente accuditi.

I giudici, però, sottolineano il costante orientamento secondo cui il detentore di un cane assume una posizione di garanzia con il conseguente obbligo di controllare e custodire l’animale adottando ogni cautela per evitare e prevenire possibili aggressioni a terzi, anche all’interno della propria abitazione. Tale posizione di garanzia prescinde dalla nozione di appartenenza ed è dunque irrilevante il dato formale relativo alla registrazione dell’animale all’anagrafe canina o all’apposizione di un microchip di identificazione. In breve: l’obbligo di custodia sorge ogniqualvolta sussista una relazione anche di semplice detenzione tra l’animale e una data persona. È del tutto ininfluente il riferimento alla proprietà in senso civilistico, secondo la Corte, perché gli oneri scaturenti dall’art. 672 c.p. (omessa custodia e malgoverno di animali) riguardano la detenzione materiale e di fatto. La fattispecie, pur essendo stata depenalizzata (non costituendo, in sé, un reato), torna attuale in riferimento all’individuazione di chi sia l’essere umano responsabile del reato di lesioni personali colpose cagionate dall’animale.

Sul tema, per approfondimenti, Gasparre, Convivere con gli animali. Le ricadute civili e penali della responsabilità per fatto dell’animale, Key editore (disponibile anche su IBS, Amazon nonché nelle librerie giuridiche); circa il fenomeno del randagismo, Gasparre, Randagismo: un fenomeno insidioso. Danni e responsabilità in tema di randagismo e sinistri stradali.

Nella prossima pagina pubblichiamo la sentenza.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 17 gennaio – 5 aprile 2017, n. 17145 – Presidente Ciampi – Relatore Bellini

Ritenuto in fatto

Il Tribunale di Termini Imerese con la sentenza impugnata, in parziale riforma della decisione del Giudice di Pace di Termini Imerese il quale aveva riconosciuto G.F. colpevole del reato di lesioni personali colpose ai danni di I.V. , in ragione della omessa custodia di due cani che avevano aggredito e morso la persona offesa, rideterminava la pena applicata nei suoi confronti in Euro 200 di multa, confermando per il resto la gravata sentenza e in particolare la statuizione di condanna al risarcimento del danno a favore della parte civile.

2. In particolare il giudice di appello riconosceva la posizione di garanzia in capo al G. quale custode dei cani, che erano usciti da un varco della sua abitazione prima di aggredire il passante, nonché quale soggetto che aveva rassicurato lo I., al momento dell’incrocio, sul fatto che gli animali erano miti e non aggressivi.

3. Avverso tale pronuncia ricorreva l’imputato denunciando inosservanza e erronea applicazione della legge penale stante la assenza di qualsivoglia relazione di appartenenza dei cani al G. , essendo stato rilevato dalla stessa polizia municipale la condizione di randagismo dei suddetti cani, ai quali era somministrata una profilassi antirabbica e ne veniva accertata l’assenza di microchip.
Da tali accertamenti se ne doveva inferire che gli animali erano sotto la responsabilità del comune che ne avrebbe dovuto disporre la destinazione al canile municipale, mentre il fatto che gli stessi fossero stati visti uscire dalla villetta in cui abitava il G., indicava solo che gli animali vi si erano introdotti del tutto fortuitamente, anche in ragione del fatto che il prevenuto li accudiva saltuariamente senza peraltro instaurare con essi nessuna relazione giuridicamente rilevante. Sul punto deduceva altresì vizio motivazionale per carenza di struttura argomentativa ridondante anche quale violazione di legge in punto ad obbligo motivazionale.

Considerato in diritto

1. In materia di lesioni colpose è costante l’insegnamento della Corte di Cassazione la posizione di garanzia assunta dal detentore di un cane impone l’obbligo di controllare e di custodire l’animale adottando ogni cautela per evitare e prevenire le possibili aggressioni a terzi anche all’interno dell’abitazione (sez. IV 16.12.2011 n.18814), laddove la pericolosità del genere animale non è limitata esclusivamente ad animali feroci ma può sussistere anche in relazione ad animali domestici o di compagnia quali il cane, di regola mansueto così da obbligare il proprietario ad adottare tutte le cautele necessarie a prevenire le prevedibili reazioni dell’animale (sez. IV, 10.1.2012 n. 6393).
D’altro canto i giudici di merito hanno adeguatamente rappresentato come l’insorgere della posizione di garanzia relativa alla custodia di un animale prescinde dalla nozione di appartenenza, di talché risulta irrilevante il dato della registrazione del cane all’anagrafe canina ovvero dalla apposizione di un micro chip di identificazione, atteso che l’obbligo di custodia sorge ogni qualvolta sussista una relazione anche di semplice detenzione tra l’animale e una data persona, in quanto l’art. 672 cod. pen. collega il dovere di non lasciare libero l’animale o di custodirlo con le debite cautele al suo possesso, da intendere come detenzione anche solo materiale e di fatto, non essendo necessaria un rapporto di proprietà in senso civilistico (sez. IV, 2.7.2010, Vallone, Rv. 248090).
2. Nel caso che ci occupa non emergono pertanto nella struttura motivazionale carenze e contraddittorietà da cui potersi trarre che nei confronti dell’imputato potesse essere escluso un potere di controllo sull’animale e quindi di garanzia, ma al contrario il giudice di appello ha fornito adeguata giustificazione delle ragioni che lo hanno indotto a ritenere il G. detentore e custode dei due animali.

Invero, in maniera del tutto coerente alle emergenze processuali, la corte territoriale ha dato atto che i cani erano fuoriusciti dal cancello dell’abitazione del prevenuto, da questi aperto; ha inoltre rappresentato che dall’istruttoria testimoniale era emerso che l’imputato era solito accudire i due cani, dando loro da mangiare sebbene in maniera occasionale; risultava ammesso dalla stessa difesa dell’imputato che il G. aveva rassicurato il pedone sulla indole docile e non mordace degli animali.

3. Alla stregua di tali circostanze il giudice di appello inferiva, con ragionamento assolutamente logico e privo di incongruenze che, a prescindere dall’appartenenza degli animali al G. , si era inequivocabilmente costituito una relazione di detenzione tra i prevenuto e i due cani che frequentavano il cortile delimitato della sua abitazione, trovando ivi ricovero e cibo e rispetto ai quali il ricorrente si era volontariamente assunto la custodia, facendoli uscire dal cancello della propria abitazione che immette sulla pubblica via percorsa da pedoni e rassicurando la persona offesa, timorosa all’approccio, sulla indole non aggressiva dei cani, determinando pertanto l’affidamento dello I. sulla non pericolosità dell’incrocio.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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