di David Morettini (istruttore cinofilo con approccio zooantropologico)
Negli ultimi anni in Italia si sta diffondendo un fenomeno di grande rilevanza in materia di movimentazione di cani. Il fenomeno in questione riguarda, in particolar modo, il trasferimento di cani provenienti dal sud Italia e dalle isole verso località del centro-nord, con l’obiettivo di trovare loro un’adozione in famiglia. Esigenza che nasce dall’urgenza reale che si avverte nel Meridione, di ricollocare un numero sempre crescente di cani abbandonati.
L’aumento demografico di cani in queste regioni del nostro paese è frutto di una molteplicità di fattori, molti dei quali ascrivibili ad un tardivo o incompleto recepimento da parte delle regioni in questione (Abruzzo, Campania, Puglia, Sicilia, Calabria e Sardegna) della legge quadro 281/91, che obbliga ogni Comune a mettere in atto politiche idonee alla tutela del diritto degli animali, in primis, dotandosi in maniera capillare di canili sanitari e rifugi in grado di contenere cani non di proprietà vacanti sul territorio.
Anche se non esistono dati ministeriali, l’esperienza attiva e decennale all’interno dei canili, dove vengono accolti migliaia di cani provenienti dal sud Italia, ci porta ad affermare con certezza che il maggior numero di cani che si trovano nella necessità di trovare una famiglia e che vengono ad ora accolti presso luoghi di fortuna, appartamenti di persone che si offrono di tenere il cane in stallo a tempo determinato e canili con le dovute autorizzazioni sanitarie, proviene da cucciolate indesiderate frutto della presenza su questi territori di cani padronali liberi di ambo i sessi non sterilizzati né castrati.
Una maggiore sensibilità sviluppatasi nella popolazione dell’intero paese grazie all’impegno delle associazioni animaliste a partire dagli anni ’80, ha consentito che fossero sempre più rare le mattanze di cani o il disfarsi della cucciolata appena venuta alla luce, seppure purtroppo fenomeni ancora non del tutto estinti. È per questo che le associazioni animaliste si trovano a gestire un numero altissimo di cani al mese da smistare all’interno di quella rete capillare di singoli e canili che si dovrebbe concludere con l’adozione.
Il dato allarmante da analizzare è che moltissime adozioni vengono effettuate attraverso internet, dove il futuro adottante può scegliere il cane attraverso una foto ed una stringata descrizione, spesso non veritiera soprattutto nella sua parte comportamentale.
Il trasporto degli animali e la consegna alle famiglie residenti al centro-nord Italia viene effettuato in diversi modi: a mezzo di staffetta con autoveicoli autorizzati a livello sanitario al trasporto di animali vivi, oppure con aereo e tutore accompagnatore, ma troppo spesso il trasporto viene fatto con veicoli non autorizzati e che non rispettano sostanzialmente il benessere animale.
I cani ammassati in gabbiette e stipati uno sopra l’altro, fanno viaggi anche di 48 ore, senza mangiare ed evacuare in luoghi adeguati. I livelli di stress sono altissimi e spesso si creano, su cani già instabili per le esperienze vissute e antecedenti il viaggio, dei veri e propri traumi che rendono i cani inadottabili e comunque di difficilissima gestione da parte degli adottanti che spesso vivono in città, contesto nel quale questi cani troveranno vita difficile.
Il fenomeno purtroppo non riguarda solo i cuccioli ma anche cani adolescenti e adulti con i quali si rende ancora più problematica la tematica dell’inserimento nel contesto urbano. Cani che non hanno mai vissuto all’interno di una casa, che non sono abituati alla stretta vicinanza dell’uomo, che si trovano da un giorno all’altro ad essere manipolati da adulti e bambini e condotti al guinzaglio. Cani che oltretutto non sono mai saliti in macchina se non per affrontare un viaggio piuttosto pesante, quello che li ha condotti dal lontano sud all’adozione e che spesso si rifiutano in seguito di risalirci.
Tali difficoltà frequentemente evolvono in veri e propri problemi comportamentali che hanno portato a coniare definizioni come cane fobico, termine atto ad indicare lo stato di paura diffusa ed ansia nel quale il cane vive, riuscendo a fatica e dopo molto tempo ad instaurare, nella migliore delle ipotesi, una relazione con i proprietari, ma di totale diffidenza con tutto il resto. Molti soggetti vengono sottoposti a terapia farmacologica con degli stabilizzatori del umore, al fine di creare una migliore integrazione ma perlopiù con l’unico risultato di creare una dipendenza dal farmaco, senza ottenere sostanziali miglioramenti comportamentali.
Il fenomeno di transito di cani di questo tipo negli ultimi anni ha assunto dimensioni davvero importanti tali da indurre alla necessità di dichiarare un vero e proprio stato di emergenza. Ogni fine settimana, infatti, partono dalle regioni meridionali e dalle isole dai 600 agli 800 cani. All’incirca 2.000 cani al mese, 20.000 l’anno. Cifre spropositate che nonostante l’impegno di centinaia di associazioni animaliste, non riescono a trovare una giusta sistemazione ai cani. Una buona percentuale di quelli che vengono adottati rientrano in canile per problemi comportamentali di integrazione nel nuovo contesto, senza ancora aver effettuato regolari passaggi di proprietà.
I canili del nord si trovano dunque a dover riassorbire il fenomeno piuttosto diffuso del rifiuto dell’adozione da parte delle famiglie che hanno concordato l’adozione attraverso internet, senza avere le giuste garanzie di assistenza da parte delle associazioni e dei privati cittadini che hanno effettuato il transito dei cani verso nord. Il motivo che si trova alla base di questo caos è anche ascrivibile alla mancanza di professionalità da parte, in primis, di chi invia i cani, senza averli opportunamente valutati e preparati all’adozione, in contesti complessi come quelli che li aspettano nelle grandi città.
Il modo per iniziare a risolvere la questione non è naturalmente affrontarlo come un problema di ordine pubblico e vietare il transito di cani dal sud al nord, quanto piuttosto nel costruire, a partire da ora, delle reti virtuose di associazioni e privati, in stretta collaborazione tra sud e nord. Sarebbe necessario che i cani destinati al transito e temporaneamente accolti nelle strutture più o meno di fortuna del Meridione, venissero valutati da professionisti, nello specifico istruttori cinofili e veterinari comportamentalisti, presenti sul territorio. Dopo una opportuna valutazione si dovrebbe capire il profilo comportamentale del cane, definirne preventivamente il suo indice di adottabilità (I.D.A.) e dunque il contesto ideale di adozione. Una volta che il professionista meridionale ha fatto le sue valutazioni tecniche predispone un lavoro specifico sui soggetti selezionati con indice di adottabilità alto, si dovrebbe mettere in contatto con figure professionali gemelle nei luoghi di destinazione dell’adozione. Questi dovrebbero effettuare i pre-affidi presso le famiglie propostesi come adottanti del cane. Solo una volta stabilite le condizioni ideali di adottabilità, i cani residenti al sud e isole, in attesa di adozione, dovrebbero essere inviati mezzo staffetta corredata da autorizzazioni sanitarie e tutelare il buon esito dell’adozione, attraverso il sostegno di istruttori cinofili in grado di coaudiuvare le famiglie adottanti del necessario supporto al corretto inserimento del cane nel nuovo contesto di vita.
Questa filiera definisce i termini delle adozioni consapevoli, unica garanzia di un transito di cani che ne tuteli il benessere e determini per gli stessi un aumento degli standard di vita. A fronte di questa strutturata modalità di transito le autorità nazionali e locali dovrebbero impegnarsi nella formazione del volontariato del Mezzogiorno d’Italia che si trova a far fronte alla gestione di un numero così alto di cani senza proprietario e saper intervenire oculatamente sul prelievo dei cani sul territorio.
Non sempre infatti l’accalappiamento, la reclusione temporanea presso canili e stalli e l’invio mezzo staffetta sono le scelte giuste per combattere il fenomeno demografico dei cani nel Mezzogiorno d’Italia. Più intelligente sarebbe far funzionare leggi già esistenti che consentono ad esempio l’istituzione dei cani di quartiere, sterilizzati o castrati e reimmessi sul territorio, insistere su campagne di microchippatura di massa ed evitare il fenomeno dei cani padronali liberi, vettore di cucciolate indesiderate.
Qualcosa si sta muovendo in tal senso, ad esempio nella regione Sicilia si sta mettendo in atto una campagna di prelievo del DNA dei cani in modo da risalire alla progenìa dei cani che vengono abbandonati. Ad oggi le cucciolate appena nate in assenza di canili sul territorio vengono abbandonate nei cassonetti, o presso abitazioni di privati cittadini che in maniera del tutto volontaria li accolgono provvedendo alle spese veterinarie di base. La custodia dei cani in strutture non autorizzate a livello sanitario dalle ASL locali, comporta una maggiore esposizione degli stessi a sviluppare problemi comportamentali frutto di stress e deprivazioni accumulate per le condizioni di detenzione inappropriate e consente di conseguenza un probabile transito illegale e non rispettoso del benessere e del futuro dei cani.