Ho iniziato a leggere questo libro convinto che si trattasse di una furba operazione commerciale. Autore giovane ma con una già affermata popolarità e autorevolezza. Tema di assoluto richiamo e non poco utilizzato. Titolo e sovraccoperta accattivanti.
La iniziale pruriginosa curiosità che mi accompagna nelle prime pagine cede presto il passo ad una autentica condivisione di quello che l’autore vuole raccontare utilizzando in modo opportuno la forma narrativa della focalizzazione interna variabile. Caffo (Edo) e il suo cane, Pepe. E’ la loro storia, il loro incontro, la loro vita vissuta uno dentro all’altro. Senza l’altro ma con l’altro. Inseparabili anche se lontani. Edo diviso tra Milano e Torino, lontano dalla sua Catania dove invece rimane Pepe. Una narrazione intrecciata che si cala negli stati psicologici dei due personaggi, fino alla loro anima. Che ci racconta cosa loro vedono, sentono, pensano. Invitandoci, credo volutamente, ad alcune riflessioni profonde sul rapporto umano- non umano. Perché questo è il libro.
Cosa può significare per un cane trovarsi in una casa senza i suoi simili, lontano dalla natura, in un ambiente estraneo e doversi costringere a una vita che non ha mai scelto? Pepe risponde a questa domanda “abbaiando” che per loro (animali) la libertà più grande è sempre una qualche forma di prigionia. Che senso ha, si chiede sempre Pepe, la libertà per una specie che è nata solo per essere vicina a quella umana? E si arrabbia tantissimo quando sente dire che a loro (sempre animali) mancherebbe solo la parola dal momento che agli umani non crede manchi abbaiare.
Invece, ricorda Edo, il silenzio degli animali talvolta può essere assordante e la presunzione nostra (umani) di volere tradurre in parole il loro silenzioso linguaggio dimostrerebbe la nostra incapacità di saperli osservare in profondità.
“Il cane e il filosofo” racconta una storia come tante, in qualche passaggio forse indugia eccessivamente nel tratteggiare la vita privata di Edo, il suo vero o cercato pessimismo. La sua disillusione per tutto e tutti. Ma attraverso questa storia di vita e di amore reciproco, ripeto molto simile a tante altre anche nell’epilogo, doloroso, l’autore dissemina nelle piacevoli pagine, che si leggono una via l’altra, senza eccessivi appesantimenti filosofici, spunti di riflessione molto seri. Che mi auguro siano colti dai più, come quando Pepe ricorda ad Edo che nulla è per sempre e che quando si può essere felici, bisogna esserlo subito e senza rimandare. Le seconde occasioni sono un lusso che non appartiene ai viventi.
Grazie Pepe, anche da parte mia che non ho avuto il piacere di conoscerti.