A gennaio tutta l’Italia si era indignata per la vicenda di Aron, il pitbull che il suo padrone aveva legato a un palo nel centro di Palermo, appiccando poi il fuoco allo scopo di ucciderlo. Il cane era stato soccorso da volontari animalisti ma era ormai troppo tardi per salvargli la vita. Aron era morto il mattino seguente, dopo aver subito sofferenze inconcepibili.
L’uomo era indagato per maltrattamento e uccisione di animali e sottoposto alla misura di sicurezza della libertà vigilata, con l’aggiunta dell’obbligo di residenza in una comunità terapeutica assistita. Purtroppo però per tutto questo tempo è rimasto a piede libero, poiché tutte le strutture sono risultate piene.
Come reazione a quell’episodio, la Procura del capoluogo siciliano aveva avviato un pool dedicato ai reati contro gli animali, primo nel suo genere in Italia. Un segnale forte che Aron non sarebbe rimasto senza giustizia. Eppure, è arrivato nei giorni scorsi un aggiornamento che ha suscitato un’altra forte ventata di indignazione: il pubblico ministero ha chiesto l’archiviazione nei confronti dell’uomo, un senza fissa dimora con gravi problemi psichici e precedenti penali, perché a seguito di una perizia è risultato essere infermo di mente, quindi non imputabile.
L’art. 85 del codice penale stabilisce infatti che per essere imputabili e quindi per rispondere delle proprie azioni in un processo, è necessaria la capacità di intendere e volere al momento in cui il fatto è stato commesso. L’art. 88 precisa che l’infermità mentale esclude la capacità di intendere e volere.
In tutti i casi in cui vi siano dubbi sulla presenza o meno di uno stato di infermità mentale, si ricorre a una perizia psichiatrica, che ha proprio lo scopo di stabilire se il soggetto fosse o meno capace di intendere e volere quando ha commesso il delitto e quindi se sia o meno imputabile. Nel caso in cui la perizia stabilisca che vi è infermità mentale, il procedimento penale si chiude prima ancora dell’apertura di un processo, mentre qualora quest’ultimo sia già iniziato, si conclude immediatamente con una sentenza di non doversi procedere.
Ma andiamo con ordine. Cosa accade nell’immediato? Le associazioni che avevano presentato denuncia possono proporre opposizione, contestando nel merito le conclusioni dello psichiatra che aveva redatto la perizia e insistendo comunque per l’applicazione di misure di sicurezza. Sull’opposizione decide il giudice delle indagini preliminari, che potrebbe ordinare una nuova perizia. Se invece dovesse respingere la richiesta delle associazioni o la nuova perizia dovesse confermare quella della Procura, il processo non ci sarà, però sarà comunque possibile sottoporre l’uomo a misure di sicurezza, che vengono applicate dal giudice sul presupposto della sua pericolosità sociale, non come conseguenza della commissione di un reato (e quindi non occorre alcuna condanna per la loro applicazione).
Nei mesi scorsi, la Procura aveva già chiesto un inasprimento della misura iniziale, proponendo il ricovero in una REMS, struttura sanitaria di accoglienza per gli autori di reato affetti da disturbi mentali e socialmente pericolosi. Su questa richiesta sembrerebbe che il GIP non si sia ancora espresso e crediamo che alla luce della richiesta di archiviazione, fondata proprio sul presupposto del vizio di mente, sia diventato urgente provvedere al trattamento terapeutico di questa persona.
Da ultimo, in questa vicenda merita inoltre un approfondimento il fatto che il cane fosse stato regolarmente affidato all’uomo dall’ASP di Palermo. Su questo aspetto, noi di ALI faremo richiesta di accesso agli atti, per fare chiarezza se vi siano delle responsabilità nell’aver autorizzato il trasferimento di proprietà del cane a un soggetto con problemi psichici (che avrebbero dovuto essere noti alla stessa ASP) e precedenti penali.