Il problema del randagismo in Europa è lampante, e in alcune delle aree mediterranee ben lontano da una soluzione, anche alla luce delle carenze giuridiche di legislazione dell’UE in materia di protezione degli animali, di cui si ignorano ancora le esatte dimensioni. La disomogeneità legislativa consente in alcuni Paesi l’applicazione dell’eutanasia dopo un determinato periodo di permanenza in canile, in altri come in Italia è vietata. Ad oggi in Europa non vi è una vera e propria regolamentazione che allinei i Paesi membri su questo tema. Con risultati quindi differenti. In Romania o in Spagna, nelle perreras, i cani nelle strutture pubbliche vengono soppressi (con metodi spesso brutali), così come nella emancipata Inghilterra dove l’obbligo del microchip è entrato in vigore solamente quest’anno e, in particolare nel nord, i canili pubblici possono sopprimere dopo 7 giorni per legge.
Un modello efficace
Ma esiste un modello virtuoso ed efficiente di gestione delle problematiche legate al randagismo, che, oltre a non essere accettabile per chi ama gli animali, è anche un rischio oggettivo per la salute pubblica. Ed è proprio in Romania, uno dei paesi più poveri dell’Unione Europea, dove la salvezza di centinaia di animali è resa possibile grazie alla lungimiranza, l’ingegno e l’esperienza di una ex-volontaria italiana, Sara Turetta, ora Presidente dell’associazione Save the Dogs and other Animals Onlus (www.savethedogs.eu), insignita della menzione di Cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia nel 2012.
La storia
Dal 2002, anno di inizio delle attività dell’associazione in Romania, nata per far fronte alla drammatica condizione dei randagi nel Paese, un problema che risale agli anni ’80, in seguito allo spostamento forzato di masse di lavoratori nei centri urbani e al progressivo svuotamento delle campagne (secondo una stima ad oggi sono 2 milioni di cani vaganti sul territorio rumeno, su una popolazione di circa 22 milioni di abitanti), Save the Dogs (StD), con sede italiana a Milano, opera attraverso il proprio ramo operativo nel sud-est della Romania, dove sviluppa diversi progetti di prevenzione e lotta al randagismo.
Gli interventi
Le aree di attività sono di tipo veterinario (sterilizzazioni e pronto soccorso), educativo (intervento nelle scuole), terapeutico (l’onoterapia o terapia assistita che coinvolge l’asino a favore dei bambini disabili). Inoltre l’associazione opera a livello internazionale con attività di lobbying per migliorare la legislazione – in Romania e in Europa – riguardante gli animali da compagnia e sensibilizza l’opinione pubblica sui loro diritti.
Le adozioni consapevoli
Nel solo anno 2015, ad esempio, sono stati sterilizzati 3000 cani. Le azioni sinergiche intraprese con alcune associazioni presenti in altri paesi della Comunità Europea ha quindi permesso che, di questi cani, più di 500 fossero dati in adozione; nei paesi Scandinavi, Svezia e Finlandia, da sempre Paesi modello per il rispetto degli animali (dove tra l’altro è prassi pagare un contributo per ogni cane adottato, ndr), in Svizzera e in Italia (dove si evidenzia però un sensibile calo), grazie alla collaborazione avviata con alcuni rifugi partner, e con iniziative finanziate dall’organizzazione anglosassone Dogs Trust, che tramite la propria rete di canili (20), all’avanguardia per standard di benessere e qualità delle strutture, preleva e salva i cani dagli animal shelter in Inghilterra e in Irlanda, dove la situazione è la peggiore tra i paesi del Regno Unito.
Le basi della cultura pet friendly e la prevenzione del randagismo
Il grande merito è innanzitutto quello di aver avviato l’idea di una cultura del benessere animale in un Paese dove non esiste il concetto del cane da compagnia, laddove c’è una assoluta mancanza di associazioni strutturate.
Il concetto di prevenzione del randagismo è partito innanzitutto prendendo accordi con i sindaci delle località di Cernavoda e Medgidia, tra le più povere del Paese, per evitare l’uccisione indiscriminata dei randagi, tramite utilizzo di microchip e sterilizzazione gratuita dei cani di proprietà delle famiglie.
Save the Dogs ha quindi realizzato una clinica veterinaria con annesso rifugio a basso impatto ambientale, Footprints of Joy *, un vero fiore all’occhiello, unico in Romania e non solo, che ospita 350 cani, 40 gatti, 20 cavalli e 54 asinelli, con una media di 60 i cani al mese in entrata; un altro rifugio, che raccoglie oltre 100 cani, è situato a Medgidia, e una clinica mobile viaggia in tutta la provincia, raggiungendo aree rurali poverissime, prive di qualsiasi tipo di servizi sanitari. Sono oltre 18.000 gli animali sterilizzati dall’inizio dell’attività. Sempre a FOJ, grazie ad alcuni finanziamenti esteri e al contributo di una fondazione aziendale italiana, è stato inaugurato nel mese di giugno il nuovo gattile, a impatto zero, che permette di accogliere anche i gatti in degenza presso la clinica.
Fondamentali quindi sono le adozioni internazionali — è stata stipulata una convenzione con Alitalia per voli aerei — per dare una famiglia a quegli animali che, per motivi diversi, non possono essere reimmessi sul territorio e lasciare spazio ai cani recuperati in strada.
*La struttura di FOJ sarà completata con una moderna clinica veterinaria e un’area sgambamento e agility per gli ospiti. Il cantiere è stato aperto ad agosto 2016 e l’inaugurazione è prevista per la seconda metà del 2017.
Un modello replicabile in Italia?
Con modalità adattate al nostro Paese non è impossibile pensare che il modello possa essere importato in Italia. Qua la situazione è diversa, la cultura del rispetto per l’animale è decisamente più sviluppata, e i cani randagi, concentrati soprattutto al sud e nelle isole, non vengono soppressi una volta entrati in canile.
In Italia però molti problemi burocratici rallentano lo sviluppo di idee avanzate da decenni, come la piena efficienza dell’Anagrafe Canina in ogni comune, o il piano di sterilizzazione e microchippatura per i cani vaganti o degli animali senza proprietario.
Il ritardato recepimento della legge quadro n. 281/91 in materia di animali d’affezione e prevenzione del randagismo, e la disomogenea applicazione delle norme vigenti, complicano il tutto.
Come intervenire?
C’è chi potrebbe obiettare: mancano i fondi e l’appoggio di partner pubblici e soprattutto privati. Non è questo il problema principale, se si pensa che il costo a livello nazionale, per mantenerli nei canili municipalizzati supera i 100 milioni di euro (fonte LAV – anno 2015). Sulle partnership con i privati va invece fatto un lavoro paziente e duraturo, sviluppando seri accordi con i partner perché fondamentali, sia per il collocamento dei cani sia per finanziare progetti specifici. Infatti le entrate di StD arrivano per il 54% proprio dal nostro Paese, e il restante 46% dall’estero (privati e fondazioni), con i fondi che vengono convogliati dalle associazioni estere che lavorano con Save the Dogs.
Inoltre, lo sviluppo di un network di partner dà continuità ai progetti dell’associazione e allo stesso tempo garantisce una diversificazione nella provenienza dei fondi.
Questo può essere quindi un ottimo esempio imprenditoriale di gestione del randagismo, replicabile anche in Italia, ad esempio sviluppando parallelamente anche un canale crowdfunding.
Una Onlus genera lavoro
In Romania inoltre è stato assunto, negli anni, personale locale (oltre 50 dipendenti tra operai, inservienti e veterinari), dando così la possibilità di contrastare una situazione di estrema povertà ed emarginazione sociale nella zona operativa di riferimento: un altro motivo di efficienza da cui prendere spunto.
Un progetto analogo, anche se più contenuto nei numeri, qui in Italia, è quello portato avanti, nella zona di Castel Volturno da Dorotea Friz, veterinaria tedesca e Presidente della Fondazione Mondo Animale e della Lega Pro Animale, impegnata da circa 30 anni nella lotta al randagismo tramite la sterilizzazione di cani e gatti, attraverso una unità mobile e grazie all’apporto di due sponsor italiani, mentre i fondi restanti sono donazioni provenienti da Inghilterra, Germania, Stati Uniti e Svizzera.
In tema di progetti virtuosi per combattere il randagismo, il modello con un network internazionale ben avviato come quello di Save The Dogs può quindi essere riproposto, non senza difficoltà, ma con una buona probabilità di successo. Ciò che serve è una grande dose di impegno, capacità gestionale, conoscenza delle realtà locali per stilare un buon progetto e ottenere i necessari finanziamenti, senza azioni individualistiche dettate dall’emozione come spesso se ne vedono nel mondo animalista.
Le istituzioni e i finanziamenti
In Italia, ogni anno, le Regioni e le Province Autonome, e a loro volta i Comuni, ricevono dal Ministero della Salute, fondi per la tutela del benessere e per la lotta all’abbandono degli animali da compagnia, secondo la legge 14 agosto 1991, n. 281.
In realtà le cifre sono drasticamente diminuite, passando da 4.271.578 € dell’anno 2005 a 309.000 € del 2015.
Un dato che sicuramente non agevola l’operatività, già di per sé complicata soprattutto al Sud, delle numerose associazioni che si prodigano per gli amici a quattro zampe, considerando che, nell’ambito della programmazione regionale, la priorità di intervento è un piano operativo di prevenzione del randagismo. I beneficiari infatti, devono dare, come previsto dalla legge finanziaria 2007, priorità ai piani di controllo delle nascite destinando una quota non inferiore al 60% delle risorse alle sterilizzazioni, dove necessario, ovvero ad altre iniziative intese a prevenire il fenomeno del randagismo (fonte http://www.salute.gov.it/).
Cambiare prospettiva: più adozioni, meno randagismo
Serve quindi un intervento strutturato da parte dei Comuni, abbandonando la logica dell’emergenza per una visione più programmatica e corretta. Predisponendo magari incentivi (non in denaro ma in forma di detrazioni) per chi adotta, o promuovendo l’educazione alla corretta relazione uomo-animali, a iniziare dalle scuole, perché di positivo c’è che il numero dei cani nelle famiglie è in costante aumento. E sanzionando in maniera concreta chi non rispetta le regole (vedi traffico di cuccioli) e lucra sul mondo animale, appoggiando invece le realtà che operano sul territorio.
Se non cambiano quindi la mentalità e la trasparenza nella gestione delle risorse, le realtà virtuose come Save the Dogs saranno sempre più una goccia nell’oceano del mondo dell’associazionismo per la difesa degli animali.
Si ringrazia l’associazione Save The Dogs and Other Animals onlus per aver fornito il materiale informativo.