Allevamenti di animali da pelliccia: un rischio per la salute pubblica

Un report commissionato da Eurogroup for animals mostra che non solo i visoni ma anche volpi e cani procioni sono altamente suscettibili all'infezione da SARS-CoV-2 e ai virus dell'influenza A.

Pubblicato il 27/12/2022
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La pandemia di SARS-CoV-2 ha mostrato a tutto il mondo quali possano essere i pericoli connessi allo sfruttamento degli animali e a una gestione che nulla ha a che fare con il concetto di One Health, un modello sanitario basato sul riconoscimento del legame indissolubile tra la salute umana, la salute animale e la salute dell’ecosistema. Wuhan, con il suo wet market, i suoi animali vivi e macellati sui banconi e nei retrobottega, a stretto contatto, è stato sospettato di essere l’origine di un virus che ci ha insegnato quanto siamo interconnessi con gli altri animali.

Il rapporto di Eurogroup for animals

Sull’origine di Covid-19 si è a lungo speculato ma secondo la tesi condivisa da alcune delle più importanti agenzie, tra cui l’americana CDC-Centers for Disease Control and Prevention, questo virus è infatti una zoonosi, ossia una malattia causata da agenti trasmessi per via diretta o indiretta, dagli animali all’uomo. Le vicende sanitarie degli ultimi anni hanno dimostrato che anche gli allevamenti di animali da pelliccia possono essere serbatoi di agenti patogeni e zoonosi. Il report Fur Farming and Public Health — commissionato da Eurogroup for animals — alla luce delle più recenti prove scientifiche, ha evidenziato il potenziale ruolo degli animali da pelliccia rinchiusi negli allevamenti nell’insorgenza di future epidemie di malattie respiratorie umane.

Cosa è accaduto nei Paesi Bassi e Danimarca

Il primo caso in Europa di infezione da SARS-CoV-2 nei visoni è stato segnalato nei Paesi Bassi nell’aprile 2020. Successivamente, il virus è stato rilevato negli allevamenti di animali da pelliccia in Danimarca, Spagna, Italia, Svezia, Grecia, Francia, Lituania, Polonia e Lettonia. Nonostante l’adozione di misure di biosicurezza, non è stato possibile evitare nuovi focolai.
Come ha raccontato il The Guardian in un recente articolo, la Danimarca era il più grande produttore mondiale di pellicce di visone: ogni anno venivano allevati più di 15 milioni di visoni. Nel novembre 2020 gli allevamenti vennero chiusi e la prima ministra, Mette Frederiksen, annunciò l’abbattimento di tutti i visoni allevati poiché dodici persone erano state infettate da una variante del virus che si sospettava avesse avuto origine proprio da questi animali. Frederiksen temeva che la variante rilevata, se non controllata, potesse mettere a rischio l’efficacia dei futuri vaccini.

Allevamenti di visoni: la situazione in Italia

Nella prima metà di novembre 2022, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha annunciato un terzo focolaio di SARS-CoV-2 in un allevamento di visoni italiano, quello di Galeata, nella provincia di Forlì-Cesena. Una situazione critica, poiché il divieto di allevamento di animali da pelliccia in Italia è entrato in vigore il 1 gennaio 2022 ma il Ministero delle Politiche Agricole, insieme ai Ministeri della Salute e della Transizione Ecologica, non ha ancora emanato il decreto che stabilisca i criteri e le modalità con cui erogare gli indennizzi agli allevamenti di animali da pelliccia e che ne disciplini le cessioni e la detenzione.
Allo stato attuale ci sono migliaia di animali rinchiusi in gabbia ad aspettare un passo da parte del Governo. Animali in condizioni precarie che sono potenzialmente un rischio per la loro salute e la nostra.

I pericoli per la salute pubblica

Come riportato in un articolo pubblicato dalla Fondazione Umberto Veronesi, gli allevamenti di mustelidi (la famiglia a cui appartengono i visoni) sono un pericoloso serbatoio. Lo stretto contatto tra uomini e animali favorisce la diffusione del virus a cui proprio i mustelidi sono particolarmente sensibili, come dimostrato anche dall’epidemia di SARS del 2003. Un ulteriore rischio sarebbe quello dello spill-over inverso, ossia il passaggio da uomo ad animale del virus. Durante questi passaggi, potrebbero presentarsi continue mutazioni genetiche e, come spiegato nel documento di valutazione del rischio stilato dal Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie, a causa delle differenze biologiche tra i visoni e l’uomo, nel passaggio da una specie all’altra, il virus potrebbe accumulare delle mutazioni che a loro volta influenzerebbero l’efficacia dei vaccini.

Perché rischiare per una pelliccia?

Il report commissionato da Eurogroup for animals suggerisce che, sebbene la diffusione del Covid-19 avvenga principalmente per trasmissione da uomo a uomo, la presenza di serbatoi negli allevamenti di animali da pelliccia e/o nella fauna selvatica potrebbe minare gli sforzi per combattere il virus. Inoltre, viene indicato che le specie allevate per la loro pelliccia potrebbero fungere da “crogiuolo” per i virus dell’influenza umana, aviaria e suina, favorendo l’emergere di future pandemie.

Come riportato nel documento:

«Questo rischio per la salute pubblica è in gran parte inerente alla specie e al sistema di allevamento utilizzato dall’industria delle pellicce e non può quindi essere adeguatamente mitigato. La gravità della minaccia, unita alla natura non essenziale del prodotto, porta una nuova urgenza alla necessità di un completo divieto di allevamento di animali da pelliccia e vendita di prodotti in pelliccia nell’Unione europea e nel mondo».

Aiutaci a vietare l’allevamento di animali da pelliccia e la vendita di prodotti in pelliccia in Europa.

Redazione

Articolo inserito dalla nostra redazione.

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