Fur Free Europe: la Commissione europea rimanda la decisione per il possibile divieto di produzione e vendita di pellicce

La Commissione attende il parere scientifico dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare mentre milioni di animali continueranno a soffrire almeno fino al 2026.

Pubblicato il 07/12/2023
Fred Dott/FOUR PAWS

È giunta oggi la risposta della Commissione Europea all’Iniziativa dei cittadini europei (ICE) Fur Free Europe, grazie alla quale più di 1,5 milioni di cittadine e cittadini hanno chiesto all’Unione europea di vietare una volta per tutte l’allevamento di animali da pelliccia e l’immissione di prodotti in pelliccia sul mercato europeo.
La replica parla di un possibile divieto o, in alternativa, dell’applicazione di altre misure elaborate dopo la valutazione del parere dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), che sarà presentato entro marzo 2025.

La richiesta del parere dell’EFSA

La richiesta del parere dell’EFSA è stata presentata nonostante esista già un gran numero di evidenze scientifiche che concludono che il sistema di stabulazione negli allevamenti di animali da pelliccia non può in nessun caso soddisfare le esigenze delle specie interessate a questa pratica: nessun livello di arricchimento delle gabbie può mantenere il benessere degli animali. Inoltre, il citato mandato dell’EFSA appare focalizzato solo sulle quattro principali specie allevate in Europa: visoni, volpi, cani procione e cincillà.
Insieme al parere dell’EFSA, la Commissione europea valuterà diversi altri settori che sono influenzati dall’allevamento di animali sfruttati per la loro pelliccia, ossia la salute pubblica, l’ambiente e le aree sociale, legale ed economica. Questo esame approfondito sarà condotto entro marzo 2026, quando si prevede che sarà comunicata una decisione finale.

Novità sull’etichettatura che non migliorano il benessere animale

La Commissione europea prevede, inoltre, una valutazione sulla revisione del regolamento sull’etichettatura dei prodotti tessili, comprendendo una consultazione pubblica. L’adozione di regole di etichettatura per i prodotti in pelliccia non modifica in alcun modo le modalità in cui gli animali vengono allevati e non dovrebbe essere considerata una soluzione ai problemi di benessere negli allevamenti, in cui animali selvatici, come visoni, volpi e cani procione, vengono tenuti in gabbie piccole, senza alcuna possibilità di esprimere i comportamenti tipici della specie di appartenenza e vengono uccisi per loro pelliccia, un bene di lusso senza alcuna utilità effettiva. Inoltre gli allevamenti di questo tipo rappresentano anche un rischio di epidemie e sono fonti di inquinamento.

L’attuale situazione degli allevamenti di animali per la produzione di pellicce

Dal suo picco, nel 2014, l’industria della pelliccia in Europa è stata in costante declino. Nel 2022, nell’Unione Europea, circa 8,5 milioni di animali sono stati allevati e uccisi per la produzione di pellicce.
Come riporta la pagina ufficiale “Domande & risposte” sull’ICE Fur Free Europe, si stima che nell’UE siano attivi circa 1.000 allevamenti di visoni, volpi e procioni, con circa 7,7 milioni di animali. Attualmente nell’Unione nessun’altra specie animale viene allevata esclusivamente o principalmente per la produzione di pellicce e non esiste una legislazione specifica sul benessere degli animali allevati per la produzione di pellicce. Questi sono soggetti alla disciplina sulla protezione degli animali allevati che risulta però del tutto inefficace nel garantire tutele a questi animali, trattandosi di norme di principio di fatto disapplicate in questo tipo di produzione. La maggior parte degli Stati membri — tra cui l’Italia — prevede già divieti totali o parziali in quest’ambito, ma alcuni hanno sostenuto che tale divieto sarebbe sproporzionato ed eserciterebbe un impatto economico negativo, soprattutto sulle comunità rurali più vulnerabili.

L’appello a vietare gli allevamenti da pelliccia nell’UE è stato sostenuto dagli eurodeputati di tutti i gruppi politici e dagli Stati membri hanno aderito all’appello al Consiglio Agricoltura e Pesca (AGRIFISH) nel 2021 e 2023.

«È deludente che la Commissione europea non sia riuscita a prendere una decisione decisiva oggi, quando milioni di animali continuano a soffrire mentre questa pratica orrenda continua a essere legittima in un’Europa ‘progressista’. Il benessere degli animali negli allevamenti per la produzione di pellicce non può essere migliorato, l’unica opzione è un divieto totale, come chiesto da oltre 1,5 milioni di cittadini e riflesso nella decisione di molti Stati membri. Confidiamo che il parere dell’EFSA e l’intera valutazione rifletteranno questo, e che vedremo un divieto totale, prima piuttosto che dopo», commenta Reineke Hameleers, CEO di Eurogroup for Animals, di cui ALI è parte.

«Abbiamo fiducia nei processi democratici e sappiamo che richiedono tempo, soprattutto quando si muovono su una dimensione sovranazionale come è quella europea. Tuttavia, non possiamo nascondere la nostra delusione per questa risposta così burocratica e poco coraggiosa, che prolungherà per anni la sofferenza di milioni di animali allevati in Europa per la loro pelliccia, laddove le evidenze scientifiche che spingono all’eliminazione di questa pratica così retrograda e futile sono già presenti da molto tempo», commenta Alessandro Ricciuti, presidente di ALI.

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