Lo scorso mercoledì 20 novembre, è stata approvata in prima lettura alla Camera dei deputati la proposta di legge n. 30 a prima firma dell’On. Michela Vittoria Brambilla, concernente la modifica del codice penale, del codice di procedura penale e altre disposizioni per l’integrazione e l’armonizzazione della disciplina in materia di reati contro gli animali.
Si tratta di un primo passo verso una riforma della disciplina penale in favore degli animali nel nostro ordinamento, rinnovando una normativa esistente da ormai 20 anni.
La proposta di legge in esame si prefigge lo scopo di dare finalmente attuazione alla riforma costituzionale avvenuta con legge costituzionale n.1 dell’11 febbraio 2022, che ha inserito la tutela degli animali tra i doveri della Repubblica, all’articolo 9, comma 3 della Carta, nella sezione dedicata ai Principi fondamentali.
Gli animali sono finalmente riconosciuti come vittime
Il carattere di ripensamento sistematico della tutela penale degli animali con cui la pdl in questione è nata, si evince già dalla disposizione di apertura del testo, che modifica la rubrica del Titolo IX-bis del libro secondo del codice penale, sostituendo la dicitura “Dei delitti contro il sentimento degli umani verso gli animali”, in “Dei delitti contro gli animali”, focalizzando gli animali finalmente al centro della tutela normativa.
Tuttavia, nonostante il compimento di un primo passo verso la concreta attuazione del riconoscimento costituzionale degli animali, rimasto fino a ora sulla carta, noi di Animal Law Italia ci uniamo agli esponenti dell’opposizione che durante il dibattito in Assemblea non hanno tardato a manifestare la loro perplessità per il testo finale adottato dalla Commissione Giustizia della Camera, sottolineando come questa sia un’occasione mancata per una rivisitazione più audace della disciplina penale in favore degli animali: a seguito del compromesso emerso tra le forze politiche di maggioranza, il testo originario della pdl Brambilla risulta fortemente indebolito in alcuni dei suoi punti principali.
Salta subito all’occhio che questo intervento punta principalmente a un generale inasprimento delle pene previste per i reati già esistenti e contenuti nel Titolo IX-bis del libro secondo del codice penale (articoli 544-bis e seguenti), come l’uccisione (il periodo di reclusione da 4 mesi a 2 anni è aumentato fino a 3 anni ed è prevista la multa da 5.000 a 30.000 euro) e il maltrattamento degli animali (la reclusione da 3 a 18 mesi è innalzata fino a 2 anni), la partecipazione a manifestazioni vietate (la multa da 3.000 a 15.000 euro è aumentata fino a 30.000 euro) e i combattimenti clandestini (aumento del periodo di reclusione da un massimo di 3 anni fino a 4 anni); nonché negli articoli 727 (abbandono: aumento del minimo dell’ammenda da 1.000 a 5.000 euro, fino al massimo invariato di 10.000 euro), 727-bis (uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di animali protetti: aumento del massimo della reclusione da 6 mesi a 1 anno e dell’ammenda da 4.000 a 8.000 euro) e 733-bis (distruzione o deterioramento di habitat all’interno di un sito protetto: aumento del massimo della reclusione da 18 mesi a 2 anni e dell’ammenda da almeno 3.000 ad almeno 6.000 euro) del codice penale, e in alcune leggi speciali, come la legge 201/2010 in materia di protezione degli animali di affezione e da compagnia.
Sono state inserite anche circostanze aggravanti ai reati di cui agli articoli 544-bis e seguenti che determinano un aumento della pena, se i fatti sono commessi alla presenza di minori; nei confronti di più animali; oppure se l’autore diffonde attraverso strumenti informatici o telematici, immagini, video o altre rappresentazioni del fatto commesso. Sono state tuttavia emendate alcune delle circostanze aggravanti proposte originariamente dai firmatari del disegno di legge, quali la commissione dei fatti nei confronti di animali conviventi; nell’esercizio di un attività commerciale; con l’uso di armi oppure nell’esercizio delle proprie funzioni professionali, pubbliche o private.
Il divieto di detenzione di animali a catena
Una delle novità più significative del testo approvato è l’introduzione del divieto di tenere animali d’affezione «legati con la catena o con altri strumenti di contenzione similari che ne impediscano il movimento, salvo che ciò sia richiesto da documentate ragioni sanitarie o da temporanee esigenze di sicurezza». Chi viola questa norma rischia una sanzione amministrativa che varia da 500 a 5.000 euro.
Fino ad oggi, la questione era regolamentata esclusivamente a livello regionale: alcune Regioni avevano già introdotto un divieto completo, mentre altre si erano limitate a disciplinare il tema con ordinanze temporanee o prevedendo un divieto generale ma lasciando ampio margine interpretativo alle eccezioni.
Con l’approvazione definitiva della legge, questa conquista di civiltà diventerà effettiva su tutto il territorio nazionale. La formulazione della nuova norma nazionale, per quanto non impeccabile, delinea la base minima al di sotto della quale non è possibile andare.
Siamo orgogliosi di aver dato il nostro contributo, attraverso la campagna #LiberiDalleCatene, promossa insieme a Green Impact e Fondazione Cave Canem, per portare all’attenzione della politica l’importanza di questa tematica. In passato, grazie al nostro impegno, questo divieto era già stato introdotto o rafforzato in diverse regioni, tra cui, recentemente, la Toscana.
Il nostro impegno, però, non si ferma qui: continueremo a lavorare per garantire che la norma venga applicata concretamente in tutta Italia, attraverso attività educative, azioni legali e iniziative di sensibilizzazione.
Altri aspetti positivi
È opportuno rimarcare anche una novità in tema di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni, anche prive di personalità giuridica, con la sanzione pecuniaria fino a 500 quote per l’ente in relazione ai delitti di cui agli articoli 544-bis e seguenti e all’articolo 638 del codice penale commessi a suo profitto o vantaggio dai dirigenti o dalle persone sottoposte alla loro vigilanza.
Si prevede inoltre a carico dell’indagato, imputato o proprietario dell’animale, il divieto di abbattimento e di alienazione a terzi nel corso delle indagini e del dibattimento, qualora si proceda per i reati di cui agli articoli 544-bis e seguenti e 638 del codice penale, nonché all’articolo 4 della legge 201/2010, in materia di animali di affezione (traffico illecito di animali da compagnia).
Il testo approvato alla Camera si chiude con la clausola di invarianza finanziaria, stabilendo che dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Un’occasione mancata
Tuttavia, come precedentemente anticipato, il testo, nella forma in cui è stato approvato, rappresenta un’occasione mancata per una concreta e totale riforma della tutela penale degli animali nel nostro Paese: molte disposizioni originariamente previste nel testo iniziale, che avrebbero assicurato una maggiore protezione degli animali, sono state soppresse.
In materia di spettacoli e manifestazioni vietate, i primi firmatari della proposta di legge avevano inserito il reato di partecipazione a tali spettacoli e manifestazioni, dando attuazione alla logica per cui senza spettatori non vi può essere spettacolo.
Per di più, è stato emendato anche l’articolo che avrebbe introdotto i reati di uccisione e maltrattamento colposo di animali. Questa disposizione avrebbe punito chi avesse cagionato la morte o il maltrattamento dell’animale anche per negligenza, imprudenza o imperizia.
Per quanto concerne la disciplina dell’abbandono degli animali, il testo approvato si limita a innalzare il minimo dell’ammenda prevista dall’articolo 727 del codice penale, da 1.000 a 5.000 euro. il testo originario avrebbe direttamente abrogato la suddetta disposizione, facendo rientrare l’abbandono nell’alveo del maltrattamento di cui all’art 544-ter, prevedendo pene più severe: la reclusione da sei mesi a due anni o la multa da 5.000 a 30.000 euro.
Il testo originario prevedeva anche alcune modifiche in materia di funzioni di polizia giudiziaria per i reati contro gli animali: innanzitutto, riconosceva la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria del personale medico veterinario incaricato dall’autorità sanitaria nazionale, regionale, provinciale o comunale che svolge attività di controllo sul benessere degli animali e sui reati in danno degli animali.
Per di più, è stata soppressa anche la disposizione che sanciva il reato di preparazione, detenzione, utilizzo o abbandono di esche o bocconi avvelenati o contenenti sostanze nocive o tossiche, in grado di causare intossicazioni o lesioni o la morte di un animale o di una persona.
Come è possibile constatare dalla rapida analisi appena effettuata, il testo che passerà al vaglio del Senato presenta gravi lacune per una piena e concreta tutela penale degli animali, alla luce del loro riconoscimento in Costituzione. Noi di Animal Law Italia continueremo a lavorare affinché questo sia solo il primo passo verso una riforma sistematica della disciplina penalistica a favore degli animali, in raccolta delle istanze di una società sempre più convinta — come mostrano i dati dell’Eurobarometro del 2023 — della necessità di una maggiore tutela per gli animali.