Riso di manzo: di cosa si tratta?

Vi spieghiamo qual è la differenza tra riso di manzo, carne coltivata e altre innovazioni che si stanno affacciando sul mercato.
Yonsei University
Paola Sobbrio

La settimana scorsa è rimbalzata su molti giornali la notizia di un nuovo prodotto, il riso di manzo. Questo dimostra che l’innovazione nel settore food è inarrestabile, nonostante si stia facendo di tutto per fermarla.

Per fare chiarezza e mettere un po’ di ordine, a vantaggio di chi ci legge, abbiamo intervistato Rosamaria Provenzale, segretaria di Agricoltura Cellulare Italia, un’associazione no-profit impegnata a promuovere l’avanzamento nel settore dell’agricoltura cellulare, alla quale abbiamo chiesto di chiarire meglio la differenza tra riso di manzo, carne coltivata e altre innovazioni che si stanno affacciando sul mercato.

Rosamaria è laureanda in Biotechnology for the Bioeconomy presso l’Università di Milano, ha svolto un tirocinio di otto mesi presso la Wageningen University & Research, dove ha studiato il micelio fungino come fonte proteica alternativa. Rosamaria ha oltre 3 anni di esperienza nel settore delle proteine alternative, che ha approfondito sia attraverso corsi e esperienze extracurricolari sia partecipando attivamente ad associazioni come il Wageningen Alternative Protein Project, un’iniziativa del Good Food Institute, nel quale ha ricoperto il ruolo di Director Industry and Innovation.

Qualche giorno fa è rimbalzata su tutti i giornali la notizia del riso di manzo, ci spieghi di cosa si tratta e a quale studio si riferisce questa notizia?

Un gruppo di ricerca in Corea del Sud ha pensato di utilizzare il riso come impalcatura sulla quale far crescere carne coltivata, creando un riso arricchito con carne di manzo.
Il nome corretto di questo prodotto è “hybrid rice” tradotto “riso ibrido” ma a differenza di quello che può far pensare, non è stata utilizzata ingegneria genetica per produrlo.

“Ibrido” perché questo prodotto combina una parte vegetale, il riso, con una parte di cellule animali coltivate, le cellule di petto di manzo.

I ricercatori hanno prima rivestito i chicchi con gelatina di pesce e transglutaminasi, un enzima molto usato nell’industria alimentare per fare ad esempio salsicce o wurstel. Questo gel ha la funzione di migliorare l’adesione delle cellule e la stabilità strutturale dei chicchi di riso. Hanno poi seminato le cellule dei tessuti muscolari e adiposo del manzo, che sono cresciute utilizzando il supporto di riso e gelatina non solo come struttura di sostegno ma anche come fonte di nutrimento. Dopo il periodo di coltura di circa 1 settimana, i ricercatori hanno lavato e cotto a vapore il riso, come si farebbe con quello convenzionale, e lo hanno assaggiato, scoprendo che aveva un gusto di nocciola.

La ricerca di materiali utilizzabili come strutture di supporto, chiamate tecnicamente “scaffold”, è molto importante nel settore della carne coltivata perché fornire una struttura tridimensionale alle cellule permette loro di crescere in modo organizzato, riproducendo l’architettura del tessuto muscolare tipica della carne. Uno scaffold adeguatamente progettato può influenzare le proprietà sensoriali della carne coltivata, come la consistenza e il sapore, contribuendo così a rendere il prodotto finale più simile alla carne tradizionale. Lo scaffold di questi ricercatori ha due aspetti interessanti:

  1. Non funge solo da struttura di sostegno ma è in grado anche di fornire nutrimento alle cellule
  2. Gli ingredienti di cui è fatto soddisfano i requisiti di sicurezza per la commercializzazione in quanto sono conosciuti e già utilizzati nell’industria alimentare

Inoltre questo prodotto ibrido, che combina carne coltivata con ingredienti vegetali, è una soluzione promettente per accelerare l’ingresso della carne coltivata sul mercato. Gli ingredienti a base vegetale infatti, per la loro natura economica, consentono di ridurre i costi complessivi di produzione. Ciò renderebbe il prodotto più accessibile ai consumatori, potenzialmente stimolando la domanda di mercato e agevolando l’allocazione di risorse per la ricerca e lo sviluppo nel settore.

L’articolo è stato pubblicato a febbraio 2024 sulla rivista Matter, che fa parte della famosa rivista scientifica Cell, ed è possibile leggerlo qui.

Il riso di manzo potrà sostituire la carne coltivata o si tratta di un’alternativa complementare ed in questo caso perché, quali sono le differenze?

Carboidrati48,35 g
Proteine3890 mg
Grassi150 mg
Profilo nutrizionale del riso ibrido

L’hybrid rice nutrizionalmente è molto diverso dalla carne e quindi dalla carne coltivata, che aspira ad essere identica alla carne. La carne di petto di manzo contiene principalmente proteine e grassi, e pochi carboidrati, mentre 100 g di hybrid rice contengono 48 g di carboidrati, 3,8 g di proteine e 0,15 g di grassi: è nutrizionalmente quasi identico ad un riso normale.

La differenza rispetto a quest’ultimo sta nella qualità delle proteine che contiene: nell’hybrid rice sono per il 18,54% geneticamente identiche alle proteine della carne di manzo! I ricercatori spiegano «potremmo dire che mangiare 100 g di hybrid rice è simile a consumare 100 g di riso semplice insieme a 1 g di petto di manzo». La parte proteica può sembrare poca ma questa è solo una prima ricerca, chicchi di riso più nutrienti potrebbero essere sviluppati in futuro.

L’hybrid rice aspira a diventare un prodotto che unisce proprietà nutrizionali e organolettiche di carne di manzo e riso insieme, creando un pasto completo tutto in uno. Questo tipo di pasto, spiegano gli autori, potrebbe essere impiegato nei Paesi del mondo dove si soffre di più la fame o durante le missioni spaziali come cibo per astronauti. Inizio modulo

Quali sono le criticità di questo studio da un punto di vista della valutazione ambientale ed etica?

Dal punto di vista dell’impatto ambientale, i ricercatori hanno stimato che 100 grammi di proteine dall’hybrid rice emetterebbero circa 7 volte meno CO2 rispetto a 100 g di proteine da petto di manzo.
Per produrre hybrid rice su scala industriale, è necessario che vengano superate le ambiziose sfide scientifiche che il settore della carne coltivata sta affrontando oggi, come l’avanzamento nello sviluppo di terreni di coltura plant-based e miglioramento tecnologico dei bioreattori.

Per questo è molto difficile valutare adesso in modo preciso l’impatto ambientale di questo alimento.
Nel paper inoltre non sono stati esplicitati quali dati hanno utilizzato per effettuare i calcoli dell’impatto della produzione dell’hybrid rice e quali passaggi del processo produttivo sono stati inclusi ed esclusi. L’inclusione o l’esclusione di passaggi del processo produttivo, come per esempio la produzione della gelatina per ricoprire i chicchi, può avere un impatto significativo sull’impatto ambientale complessivo del prodotto.

Dal punto di vista etico, l’idea di coltivare cellule di carne anziché allevare animali e macellarli ha il potenziale di ridurre notevolmente il dolore e la sofferenza degli animali, in quanto eliminerebbe la necessità di allevamenti intensivi. Nel caso di questa ricerca l’uso della gelatina di pesce per rivestire i chicchi di riso comporterebbe comunque l’allevamento di un notevole numero di pesci. Gli autori però scrivono che potrebbe essere sostituita con alternative più eco-friendly. Oltre a questo, ci sono ancora alcuni passi avanti da fare per rendere minimo lo sfruttamento animale, come ad esempio riuscire ad abbandonare totalmente l’uso del siero fetale bovino, sostituendolo con alternative plant-based.

A margine di queste criticità, dobbiamo tenere a mente che lo sviluppo di questa tecnologia è appena decollato, le attuali ricerche e scoperte sono solo un trampolino di lancio verso qualcosa che sarà molto più efficiente delle proteine animali.

Il fatto che si stiano ampliando le frontiere dei cibi che possano sostituire in tutto o in parte la carne secondo te è un trend che può portare velocemente ad abbandonare gli allevamenti intensivi?

I trend delle vendite di alimenti a base vegetale in Europa sono la dimostrazione che i consumatori stanno abbracciando diete più vegetali1In Europa le vendite di alimenti a base vegetale sono cresciute del 6% nel 2022, e del 21% dal 2020, raggiungendo un record di €5,8 miliardi. Lo riporta un’indagine di GFI Europe basata su dati NielsenIQ relativi a 13 Paesi europei. L’Italia si posiziona come il 3° mercato più grande in Europa ed è al 4° posto per vendite di carne a base vegetale in Europa.. Quindi l’innovazione sta già portando ad una riduzione del consumo di prodotti da allevamento intensivo.
L’innovazione alimentare che, secondo me, velocizzerà questa transizione nel più breve termine è la fermentazione di precisione, ovvero la produzione mirata di proteine specifiche o altre molecole organiche utilizzando i microrganismi. Con questa tecnologia si possono produrre ad esempio le caseine (proteine del latte) e, integrandole nei prodotti vegetali, si può migliorarne la consistenza, la texture e il sapore, rendendoli più gustosi e simili a latte e formaggi di origine animale.

Sul mercato sono già disponibili prodotti innovativi come le ProFerm™, proteine del latte ricombinanti sviluppate dall’azienda statunitense Perfect Day. È interessante notare che Perfect Day ha accordi commerciali anche con giganti del settore come Nestlé e Mars, ai quali vende le sue proteine in modalità business-to-business.

GFI Europe

Sapere che colossi come Nestlé sono interessati e impegnati nello sviluppo di alternative ai prodotti di origine animale presagisce un futuro in cui l’industria alimentare potrebbe orientarsi sempre più verso soluzioni animal-free e sostenibili, abbandonando la necessità di allevamenti intensivi.

Puoi fare il punto per i nostri lettori su tutte le alternative alla carne e ai derivati su cui si sta studiando in ambito biotecnologico, quindi dell’innovazione nel settore food?

Il settore delle alternative alla carne e ai derivati animali è estremamente dinamico e fiorente di ricerca e startup emergenti, ciascuna con la propria idea innovativa. Il medesimo prodotto può essere realizzato da aziende diverse, ciascuna con i propri principi, approcci e metodi. Cercando di riassumere, possiamo identificare tre principali filoni di innovazione:

Carne coltivata:
La carne coltivata è un tipo di carne alternativa a quella tradizionale, ed è prodotta attraverso la coltura di cellule animali in un ambiente controllato. Questo processo non richiede l’allevamento o l’abbattimento degli animali, poiché le cellule vengono prelevate da un animale vivo attraverso un prelievo di tessuto, e poi coltivate all’interno di bioreattori per farle crescere e moltiplicarsi. Lo scopo di questo alimento è replicare i profili sensoriali e nutrizionali dei tradizionali prodotti di macelleria o pescheria. Nonostante ci siano diverse aziende di carne coltivata in tutto il mondo, nessuna ha ancora raggiunto gli scaffali del supermercato, riuscendo a realizzare una produzione su larga scala. Ci sono diverse sfide da affrontare prima che la carne coltivata sia competitiva dal punto di vista dei costi e accessibile a diverse fasce di consumatori. Ad esempio si sta studiando la progettazione di bioreattori ad hoc per questa tecnologia o la formulazione di terreni di coltura plant-based.

Fermentazione:
Alcune aziende hanno deciso di puntare sui microorganismi. Possiamo distinguere due diversi tipi di fermentazione sui quali si sta concentrando la ricerca. La prima è la fermentazione della biomassa, che sfrutta la rapida crescita e l’alto contenuto proteico di numerosi microorganismi per ottenere grandi quantità di proteine. La biomassa microbica può costituire l’ingrediente principale di un prodotto alimentare, è il caso ad esempio del Quorn. L’altra è la fermentazione di precisione, che sfrutta i microrganismi come “fabbriche” per produrre ingredienti specifici, come le proteine del latte di Perfect Day citate sopra. Un altro esempio famoso è la leghemoglobina di Impossible Foods.
Anche in questo caso, tante sono le opportunità di sviluppo di queste tecnologie che la ricerca sta esplorando: la scoperta di nuovi microorganismi più efficienti o l’utilizzo di scarti di produzione come la lignocellulosa come materie prime.

Prodotti vegetali o “plant-based”:
Il concetto di alternativa vegetale non è in realtà di sviluppo moderno. Ad esempio la Valsoia in Italia crea questo tipo di prodotti dal 1990! L’innovazione in questo settore è però esplosa nell’ultimo decennio a causa della crescita di interesse per questi prodotti da parte dei consumatori flexitariani, che vogliono diminuire il consumo di carne ma ricercano nelle alternative vegetali i sapori tradizionali.
I prodotti vegetali, o “plant-based” sono quindi prodotti progettati per imitare le caratteristiche sensoriali e nutrizionali degli alimenti di origine animale, come carne, latticini e uova, ma sono realizzati senza l’utilizzo di ingredienti di derivazione animale. Gli ingredienti più comuni utilizzati nei prodotti vegetali includono verdura, cereali, legumi, noci, semi e alghe. Ad esempio il “Vuna” della Garden Gourmet, alternativa vegetale al tonno, è a base di proteine di pisello, un legume.
Per questo tipo di prodotti la ricerca è impegnata ad esempio nello sviluppo di nuovi modi di processare i vegetali per ottenere texture più accattivati o nella ricerca o sperimentazione di nuove varietà di vegetali più adatti per la formulazione di prodotti plant-based.

Ibridi:
Infine ci sono gli ibridi, prodotti che combinano innovazione e ricerca sviluppate nelle altre tecnologie, in un unico prodotto, come per il caso dell’hybrid rice, che unisce carne coltivata e riso.

Note

  • 1
    In Europa le vendite di alimenti a base vegetale sono cresciute del 6% nel 2022, e del 21% dal 2020, raggiungendo un record di €5,8 miliardi. Lo riporta un’indagine di GFI Europe basata su dati NielsenIQ relativi a 13 Paesi europei. L’Italia si posiziona come il 3° mercato più grande in Europa ed è al 4° posto per vendite di carne a base vegetale in Europa.

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